martedì 30 luglio 2013

Il concerto rock come paradigma di una serie di riflessioni sull'Intrattenimento, tipo:


Che c’è un Qualcosa che induce ottantamila persone a pagare una cifra considerevole per radunarsi in un luogo delimitato soffocando il naturale istinto alla conservazione di uno spazio vitale attorno al proprio corpo e superando le immaginabili difficoltà di raggiungere il suddetto luogo, quelle del parcheggio e quelle di trovare il tempo da investire nell'attività; che quel Qualcosa non può essere semplicemente il desiderio di vedere il proprio gruppo rock preferito che suona i pezzi che sappiamo a memoria per averli ascoltati migliaia di volte (per questo basterebbe un buon video ad alta definizione); e che quel Qualcosa può assai di più essere spiegato dagli stessi meccanismi che inducono una folla in un rito religioso di massa o dal bisogno di appartenenza ad un gruppo primario di identificazione, e che la sensazione per cui si è disposti a pagare è quella del Sono-Qui-Insieme-A-Migliaia-Di-Altre-Persone-Con-La-Mia-Stessa-Passione.

Un ipotetico concerto allo Stadio Olimpico
Che si può ipotizzare l'esistenza e tentare la misurazione di un parametro G, "valore di attrazione Gravitazionale del palco", definito come capacità dell'artista e/o dello spettacolo in corso di attirare verso di sé gli astanti (intesi come spettatori liberi di muoversi su un piano bidimensionale orizzontale A senza vincoli di posti numerati, barriere, security men: il prato di uno stadio durante un concerto rappresenta bene il modello). G sarà variabile tra 0 e 1, intendendo zero come attrazione nulla, ossia spettatori che vagano liberi nel piano A senza particolari focus di addensamento, se non minimi e temporanei assembramenti attorno a chioschetti di birra e altri beni di prima necessità (un kebabbaro ha per esempio un buon valore addensante anche se presenta un limite dovuto al trade-off tra fame e fila da fare per ottenere il panino); se siete ad un concerto con G=0 chiedetevi pure perché ci siete andati. G sarà invece uguale al valore massimo (uno) se ognuno dei presenti è indotto a spostare il proprio corpo quanto più possibile in direzione del palco, avendo come unico limite il corpo degli altri spettatori e il principio di impenetrabilità (non si accettano battutine a doppio senso sulla paventata promiscuità sessuale dei concerti rock).
Normalmente i valori di G durante un concerto di primaria importanza si attestano intorno ad un discreto 0.8, che indica un affastellarsi di corpi in prossimità del palco (calca pressante dovuta alla maggiore vicinanza con l’origine della forza misurata con G), e a una progressiva diminuzione della densità man mano che si procede verso metà campo, fino ad assistere ad uno sfilacciamento delle masse in prossimità dei limiti del prato opposti al palco, fenomeno che potrebbe dare vita a spazi relativamente ampi dove si può addirittura trovare il modo di stare sdraiati su una coperta da picnic.

Che, sempre durante un ipotetico concerto in uno stadio, è possibile percepire ciò che accade sul palco senza guardarlo direttamente, ma limitandosi ad osservare gli schermi degli smartphone che riprendono la scena come se fossero ognuno un pixel di uno schermo più grande, avendo come unica accortezza quella di collocarsi in posizione sufficientemente elevata da permettere di abbracciare un buon numero di devices. L’effetto di fedele riproduzione dello spettacolo è tanto migliore quanto più è forte il contrasto cromatico della scena riprodotta: se sul palco vengono proiettate immagini a forte contrasto -immaginiamo uno sfondo azzurro con un muro di mattoni rossi che va formandosi pian piano- lo spettatore sopraelevato che guarda gli schermi degli iphones e similia ne osserverà alcuni con lo schermo principalmente azzurro (quelli che riprendono soprattutto porzioni azzurre del palco), altri con lo schermo predominantemente rosso (quelli che stanno inquadrando zone del palco ad elevata densità di mattoni). L’effetto sarà una composizione di schermi azzurri e rossi che rifletterà statisticamente la densità degli stessi colori sul palco. Qualcuno, in preda a sostanze psicotrope, potrebbe azzardare l’ipotesi che, avendo a disposizione un numero infinito di smartphone di cui sbirciare gli schermi, l’immagine osservata da lontano potrebbe riprodurre in dettaglio qualsiasi scena mostrata sul palco, persino il chitarrista che fa un assolo. Quest’ipotesi però, a mio parere, per funzionare avrebbe bisogno non solo di infiniti telefonini, ma anche di un tempo infinito di osservazione, per far sì che la scena riprodotta dall’insieme dei pixel (gli infiniti telefoni) abbia modo di riprodurre casualmente l’esatta realtà del palco.

mercoledì 3 luglio 2013

Ansiosi e dormiglioni


Ero lì che leggevo di uno scrittore americano che, terrorizzato da tagli, correzioni e dalle altre operazioni di editing che avrebbe potuto subire il suo enorme manoscritto, e con la subconscia ansia causatagli dalle regole ferree impostegli durante l'infanzia dalla madre insegnante di grammatica prescrittiva, scrisse una nota precauzionale alla propria casa editrice:

Al correttore di bozze:
Ciao. P. C.: le seguenti caratteristiche non-standard presenti nel ms. sono scelte volute, e qualunque Vostra correzione verrà annullata dall'autore:
- virgolette semplici per indicare dialoghi & titoli, e virgolette in coppia all'interno - inversione dell'ordine consueto. (1)
- nomi comuni e verbi fraseologici in maiuscola come Sostanza, Malattia, Entra Dentro ecc.
- neologismi, catacresi, solecismi e infrazioni sintattiche nelle sezioni che riguardano Minty, Marathe, Antitoi, Krause, Pemulis, Steeply, Lenz, Orin Incandenza, Mario Incandenza, Fortier, Foltz, J. O. Incandenza sr, Schtitt, Gompert.
- congiunzioni multiple all'inizio di proposizioni principali.
- virgole prima di preposizioni posizionate alla fine di una frase.
- trattini per formare termini composti.
- lacerti di frasi a seguire frasi eccezionalmente lunghe.
- suddivisione in paragrafi incoerente, e paragrafi estremamente lunghi.

E mi chiedevo quanto potrebbe aver sofferto lo stesso scrittore se fosse in qualche modo venuto a conoscenza dei refusi disseminati nella traduzione italiana (la maggior parte probabilmente attribuibili non all'autore ma all'editing, e comunque che pretendete dalla prima traduzione mondiale in ordine di tempo di un tomo di tal fatta?).
E poi passavo senza alcuna apparente soluzione di continuità a considerare che, se ti trovi fuori casa, una chiesa può rappresentare il luogo ideale per correggere bozze (ma anche per scrivere, leggere, pensare e riposare al fresco d'estate e al caldo d'inverno), e il bello è che nessuno ti chiede conto della tua presenza e del tuo silenzio (2), e che anche il Mc Donald riesce ad offrire questi vantaggi, se sei disposto a cedere una buona dose di silenzio e tranquillità che solo il tempio ti può garantire per ottenere un bagno accessibile e pulito.
Ero lì che valutavo i pro e i contro dello scambio quando la mia attenzione venne attirata da un verso gutturale a bassissima frequenza, come un russare, anzi era proprio uno che russava, e mi accorsi che il cinese che avevo di fronte nel vagone della linea per Rebibbia si era addormentato in piedi, appena appoggiato con la schiena alla porta scorrevole; e niente, mi chiedevo come fanno 'sti cinesi a dormire in qualsiasi posto e in qualsiasi posizione, sarà che hanno un gene-del-sonno-qui-dove-mi-trovo, boh.

Basilica dei SS Ambrogio e Carlo
(foto da Wikipedia)
Note:
(1) mi rendo conto di quanto sia superficiale l'attenzione che la scuola italiana riserva all'insegnamento della punteggiatura. Per quanto posso testimoniare dal corso dei miei studi, non ricordo nemmeno un accenno all'uso -ormai diffusissimo, e non solo nella letteratura anglosassone- dei trattini e ne ricordo uno sfuggevole a quello delle virgolette; e dalla quotidiana lettura di scritti di ogni tipo (mail, post, articoli, sintesi, analisi, presentazioni) mi appare palese come l'importanza di un corretto uso della punteggiatura sia quantomeno sottovalutata.
E ora mi aspetto una serie di commenti a correzione degli errori di punteggiatura che troverete nel presente post.
(2) la Basilica dei SS Ambrogio e Carlo, su via del Corso, costituisce un eclatante esempio di quanto affermo: attraversare i tre metri dell'ingresso e passare dai rombi, le sirene, il vociare e la calca umana del centro di Roma nel periodo dei saldi estivi al frescolino e alla quasi assoluta quiete della navata centrale è una sensazione impagabile. E lo spazio per sedersi in tutta tranquillità abbonda. La Basilica dei SS di cui sopra si presta ottimamente alla bisogna anche perché, non custodendo opere d'arte di richiamo internazionale, non è frequentata da sciami di turisti algidi e sudaticci (a meno che non conoscano a menadito i lavori di  Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone). Provateci: effetto fuga garantito.