lunedì 24 dicembre 2012

Not So Frequently Asked Questions


Tempo di feste, tempo di compiti per le vacanze.
L'homework di una settenne non è poi così difficile, le domande alle quali deve cercare risposta non sono mai complicate, spesso la soluzione è contenuta nelle righe subito sopra, nei pochi dati di un problema, nella figura che illustra la pagina, basta guardarsi un po' intorno e il gioco è fatto. La settenne a questo ci è abituata, conosce le regole della competizione ed è stata addestrata ad utilizzarle, non ci sono scossoni né imprevisti.
Poi stamattina succede l'imponderabile.
-Papo, c'è una domanda che non capisco, mi aiuti?, che vuol dire questa cosa?
Tu stai prendendo il caffè, ti avvicini al tavolo da lavoro già pregustando la figura da grande sapiente che potrai fare aiutato non chissà da quale scienza infusa ma solo grazie ad un briciolo di esperienza nei meccanismi della scuola e alle mille prove d'esame sostenute nella tua carriera ventennale di studente. Ti aspetti la solita questione su quante caramelle rimangono nella scatola, oppure su che vegetazione trovi sopra ai tremila metri, per la quale potrai finalmente riaprire quel cassettino dietro l'ipofisi da cui tirar fuori quel "muschi e i licheni" che pensavi non avresti mai potuto utilizzare e invece alla fine tutto serve, nella sudata costruzione del nozionismo non si butta via nulla.
-Dimmi piccolina, il tuo papone onnisciente è qui per aiutarti.
-Qui sul libro c'è una storia di due pagine che ho letto, poi ci sono alcuni quesiti sulla comprensione del testo ai quali ho risposto, poi mi si chiede un riassunto che ho fatto.
-Allora?
Non dice letteralmente "quesiti sulla comprensione del testo".
-Alla fine c'è una domanda che non capisco, dice "cosa ne pensi?"
-"Cosa ne pensi?"
-Sì, "cosa ne pensi?"
Accidenti, e ora? Come si spiega il significato di questa roba? So illustrare alla perfezione un problema di matematica (almeno quelli di livello elementare) e le operazioni necessarie per risolverlo, so dare indicazioni per fare un buon riassunto, so ripetere una lezione di storia. Ma come si fa a spiegare come avere un'opinione personale su qualcosa?
Ecco Tacchino, quarantuno anni, che cerca di spiegare alla figlia studentessa di terza elementare cose su cui lui stesso ha difficoltà a volte insormontabili: quello che pensi è davvero farina del tuo sacco? Fino a quanto è solo sentito dire, solo meme digerito e rigurgitato, solo idea letta da qualche parte e ora riproposta? In cosa consiste l'autonoma invenzione, la libera opinione? 
Provo ad arrabattare concetti astratti tipo "che sentimenti provi" ma mi accorgo che sono fuori strada, poi provo con "cosa ti ricorda" ma anche questo c'entra poco. È meglio cercare di capire cosa davvero ne pensa del racconto o farle capire che conviene rispondere quello che la maestra vorrebbe sentirsi dire? Sono tentato di arrendermi, ma il papo onnisciente che figura farebbe? Vado in loop, alla fine propendiamo per la solita banalità, rimaniamo nella mediocrità attesa in una terza elementare. 
Opinioni personali. Cosa ne pensi. Roba da matti, ma sono domande da farsi?

domenica 23 dicembre 2012

Solo qualche giorno di ferie forzate


Prototipo del pendolo galileiano,
a Santa Maria degli Angeli
In periodo di crisi le aziende raschiano il barile, e nel bilancio di una elefantiaca come quella che mi dà da mangiare, il cosiddetto accantonamento per ferie maturate e non pagate può raggiungere cifre stratosferiche e costituire il sottile diaframma tra utile o perdita.
Ed ecco che trovarsi sbattuto a forza subito prima di Natalefuori dalle rassicuranti quattro mura che ti circondano migliaia di ore all'anno con l'unico scopo di consumare gli ultimi giorni rimasti tra quelli contrattualmente pattuiti come riposo ma che durante l'anno non sei riuscito a pianificare in maniera più proficua, diventa qualcosa più che una lontana prospettiva, e se a questo aggiungi che le figlie sono a scuola e la moglie al lavoro, lei che le ferie le ha gestite meglio, ne risulta che ti trovi a gironzolare da solo per la città. E Roma, che pareva non aspettare altro, ti si para avanti discinta e disponibile come un'olgettina.
Bastano pochi minuti per riportare alla mente i posti che avevi sempre accennato di voler di nuovo vedere e che ora puoi farlo davvero, e cominci l'attacco ai bastioni di questo turismo in casa propria mirando dritto alle Santa Maria, da queste parti ce ne sono in ogni angolo: puoi cominciare con Santa Maria degli Angeli che ospita la meridiana del Bianchini e il prototipo del pendolo di Galileo; continuare con Santa Maria della Vittoria con la passione eroticamente marmorea di Santa Teresa trafitta ripetutamente dalla freccia di fuoco dell'angelo; soffermarti almeno mezzora a Santa Maria del Popolo con la cappella Cerasi in fondo a sinistra, stesse coordinate geografiche dei servizi igienici nei bar di periferia, ma questa con i due Caravaggio e il Carracci costituisce forse i sei metri quadri più strabilianti della storia dell'arte; puoi concludere con Santa Maria della Pace e la tribuna ottagonale del Sangallo. Poi forse ti riesce di aggiungere una capatina o poco più a San Luigi dei Francesi, che per azzeccare i pochi minuti di apertura devi fargli la punta per mezza giornata, ma vieni premiato nell'attesa dai Caravaggi, che qui ne becchi tre, e per ultimo una visita al Pantheon chi te la nega, potresti rimanere a rimirare la cupola più bella del mondo senza fiato a testa in su per tutto il tempo che ci vuole, o meglio fino a quando ti regge la cervicale.
Alla fine te ne ritorni a casa pensando che questa cosa della crisi e delle ferie forzate meno male che c'è stata e l'anno prossimo quasi quasi le ferie le pianifichiamo in maniera inefficiente come stavolta, in fondo che male c'è.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo,
San Luigi Dei Francesi

venerdì 21 dicembre 2012

21 Dicembre 2012, sera

Pensa che mi sono pure preso un giorno di ferie per godermi lo spettacolo e alla fine sta profezia dei Maya era 'na stronzata.
Aspetto un'altra mezzora e poi vado a dormire.

mercoledì 19 dicembre 2012

Infinite Jest - Take 2.0

Inutile cominciare altre avventure quando non hai ancora terminato quella che stai vivendo.
Inutile cercare la Qualità altrove se sai già benissimo dove trovarla.
Inutile provare a distogliere l'attenzione da qualcosa che ormai fa parte di te.
Puoi solo cercare di capire meglio, e vi assicuro che di spazio per capire meglio ce n'è in abbondanza: in ogni pagina la complessità ci riserva prospettive diverse, lati inesplorati, dettagli importanti che come diavolo hanno fatto a sfuggirti non lo capisci proprio.
Riprendere per la seconda volta in mano IJ è un atto dovuto, dopo che hai esplorato gli altri scritti di Wallace e sì, ti sono piaciuti, ma il Mondo Capolavoro è sempre lì, metri sopra il resto, occhio del ciclone, punto d'arrivo e di partenza di tutto.
Solo che il processo da seguire gioco forza deve cambiare.
Se alla prima lettura ti eri portato appresso il Kilo Viola dovunque, e l'avventura era stata rappresentata dal contenitore quanto dal contenuto, ora ti metti più comodo, e sfrutti la leggerezza del kindle che ti può accompagnare dovunque in maniera discreta, che non hai mica più bisogno di sbandierare hal mondo che stai leggendo L'Opera, l'hai già fatto, quello dell'esibizionismo è un gioco che ti ha divertito a suo tempo, adesso sei diverso, sei cresciuto. Ci sei passato attraverso.
Se la prima volta ti eri adagiato sul sentiero tracciato dal traduttore italiano (Edoardo Nesi ha fatto un ottimo lavoro, ma infinite cose sono davvero intraducibili), alla seconda il passo è obbligato, e il kindle ti permette un'impresa impossibile su carta: portarsi dietro la versione originale e quella tradotta simultaneamente (sarebbero stati due Kili sulle spalle, compito improbo anche per un ragazzotto in forma come il Tacchino).
Eccoti con il mitico ebook reader di quella libreria on line che ora non mi viene il nome ma che ogni anno deve buona quota del suo fatturato agli eterogenei acquisti della famiglia pennuta al completo che, spinta dall'ottimo servizio clienti, non bada né a spese né a potenziali errori, tanto si può restituire tutto, e questo è il paradiso dello shopping compulsivo, l'evoluzione post-moderna del consumismo, insomma eccoti lì che salti da un paragrafo di Nesi ad uno di Wallace cercando sfumature, acronimi trasformati, aderenza delle note. E ti diverti come un bambino, perchè aggiungi alla scoperta dei mille dettagli sfuggiti alla prima lettura anche il piglio del detective alla ricerca del bandolo della matassa.

La seconda (lettura) è meglio della prima (parafrasando il Verdone di "Acqua e Sapone", e 'a mejo, dimmelo qual'è 'a mejo? -A mejo, 'a seconda. -'A seconda? -Tremenda proprio), il romanzo svela un sistema chiuso e coerente con se stesso, un universo completo e complesso, simmetrico, autoreferenziale, geometrico, perfetto.

E allora, prima di cominciare una nuova saga di impressioni a caldo ad uso e consumo esclusivo dei fanatici, un consiglio agli amici: riprendete i vostri mattoni nascosti negli angoli più inaccessibili della libreria, rispolverate le vostre copie Einaudi con serenità, non c'è alcun pericolo: abbandonatevi anche voi all'Intrattenimento.

Nei paragrafi che seguiranno avevo la necessità di indicare i capitoli in qualche modo chiaro e univoco per tutti. I famosi pallini della versione cartacea non mi paiono sufficienti: perchè considerare solo quelli come suddivisione e non le sezioni che iniziano con l'intestazione in caratteri maiuscoli dell'anno sponsorizzato?
Ho dovuto fare una scelta: considero capitoli, e li chiamerò con l'ordinale scritto a lettere, quelli della versione originale in .mobi, ossia quelli che scorrono schiacciando il lato destro del cursore centrale del mio Kindle 4. Vi potrà sembrare una scelta particolaristicamente dettata dalla mia disponibilità di supporti tecnologici, ma la considero riproducibile da chiunque voglia davvero farlo, lo definirei un algoritmo computabile, quindi oggettivo.
Non potendo vomitare senza cernita tutto quello che mi è venuto in mente in questa seconda lettura, lo farò a rate.
In questi giorni ho superato il 10% (siete rimasti ancorati al numero di pagina? obsoleti!), ma non credo di riuscire a parlare di tutto in un solo post. Quindi, di seguito alcune delle cose che ho notato alla seconda lettura di Infinite Jest, di David Foster Wallace, che non avevo per nulla notato o sufficientemente approfondito alla prima lettura e che mi pare valga la pena scrivere su un blog. Mi fermerò quando mi stanco.


Questo è quanto di più erotico
sono riuscito a scovare

Primo (capitolo della versione originale in .mobi). Hal dice un paio di volte che lui c’è lì dentro, che non è solo un automa come forse si sospettava qualche tempo prima: non sono una macchina. Sento e credo. Ho opinioni. Questa storia di Hal incapace di provare emozioni, privo quasi di autocoscienza, una sorta di automa super-intelligente capace di citare a memoria le varie edizioni dell'Oxford English Dictionary, diventato così forse a causa del fungo mangiato da piccolo, ma anche aiutato nel processo dall'intera didattica dell'ETA, basata sulla hardwareizzazione del tennis, sull'interiorizzazione delle azioni  ripetute ogni giorno per anni, accompagnerà un po' tutto il romanzo. Alla prima lettura lo avevo certamente sottovalutato. In queste pagine vengono enumerate le tesine elaborate da Hal per l'ammissione al college, e vengono fuori parecchie delle tematiche che ricorreranno nelle pagine successive (la filmografia paterna, l'intrattenimento, la grammatica prescrittiva, l'erotica bizantina).

Secondo. Il capitolo dedicato a Erdedy che aspetta i due etti di marijuana è intenso, le ansie e i flussi di pensiero sono davvero tipici, la voglia di chiudersi in casa e l’eccitazione nell’attesa del nuovo intrattenimento sono coinvolgenti, o perlomeno a me mi pare di averli già provati quando da piccolo attendevo un gioco nuovo o andavo a comprare un disco,

Terzo. Prima macroscopica incongruenza tra versione originale e edizione italiana. Primo aprile dell'anno dei cerotti medicati Tucks, in base alla sequenza degli anni sponsorizzati (uno dei primi meccanismi da apprendere nell'affrontare il libro, vedi anche lo schema in fondo a questo post) Hal ha 10 anni.
Versione inglese:
"You're how old, Hal, fourteen?"
"Til be eleven in June, Are you a dentist? Is this like a dental consult?"
"You're here to converse"
e poi poche pagine dopo,
"Listen, are you okay?"
"Do you?"
"I'm ten, for Pete's sake. I think maybe your appointment calendar's squares got juggled. I'm the potentially gifted ten-year-old tennis and lexical prodigy [...]".
Versione italiana
"Hai quanti anni, Hal, quattordici?"
"Ne avrò tredici a giugno. Lei è un dentista? È una specie di consulto destistico?"
"Sei qui per conversare"
 e poi
"Ascolti, si sente bene?"
"E tu?"
"Ho dodici anni, per la miseria. Mi sa che forse c'è un po' di casino nella sua agenda di appuntamenti. Io sono il dodicenne prodigio tennistico e lessicale [...]"
Non so, gli errori tipografici nell'edizione Einaudi sono vari, ma questo qui sopra, oltretutto reiterato, proprio non mi va giù. Che senso ha?
Comunque. Questo è il capitolo del conversazionalista, in cui James Incandenza, spacciandosi per conversatore professionista per riallacciare il rapporto con Hal, che lui, Jim, vede come inesistente, tra una cosa e l'altra ci fornisce parecchi spunti per la storia a venire. Accenna ad alcune interconnessioni tra la famiglia Incandenza e Du Plessis, quello che poi viene ucciso soffocato dal proprio raffreddore durante una rapina di Gately; si fa cenno a Luria P., la modella di manicure svizzera appassionata di Toblerone, quale assistente e forse amante di Du Plessis.
Verso la fine del capitolo si accenna, non so se in maniera ironica, ad una serie di interventi su James Incandenza che ne spiegherebbero, se confermati, senza più alcun dubbio il suicidio. Cito: "crudele serie di disintossicazioni e trattamenti anticonvulsivi e gastrectomia e prostatectomia e pancreatectomia e fallotomia"

Quarto. Prima conversazione telefonica di Hal con Orin. Trovo le loro conversazioni a dir poco sublimi. Mentre Hal si prepara ad uscire dalla stanza si sentono fuori i rumori prodotti da Brandt e Kenkle, addetti alle pulizie dell'ETA, nella loro prima apparizione. Li rivedremo in fondo al romanzo, un ulteriore elemento a conferma della simmetricità della struttura del romanzo e dell'utilizzo dei personaggi.

Quinto. Descrizione del lavoro e della casa dell'attaché medico mediorientale, prima vittima dell'Intrattenimento. È negli Stati Uniti come consulente otorinolaringoiatra del medico personale del principe Q., ministro saudita dell'Home Entertainment, in affari con la Interlace (vi dice qualcosa?). Il principe ha parecchi problemi alle mucose dovuti al fatto che si nutre esclusivamente di Toblerone, il cioccolato svizzero, lo stesso adorato da Luria P. A casa sua "la credenza si trova sulla parete opposta alla poltrona reclinabile elettronica, sotto un trittico di erotica bizantina d'alta qualità". Comincia a visionare Infinite Jest il primo aprile APAD, esattamente sei anni dopo l'episodio del conversazionalista narrato poche pagine prima.

Sesto. Il capitolo di Wardine e delle violenze che subisce da Roy Tony, spacciatore che compare spesso nelle pagine del libro. Poi `e la volta di Bruce Green e della bellissima Mildred Bonk, che andranno a dividere la roulotte con Tommy Doocey, lo spacciatore dal labbro leporino, altra comparsa ricorrente in altre pagine del libro.

Settimo. Primo dialogo tra Hal e Mario. Hal racconta una barzelletta a Mario, che nella traduzione italiana rende pochissimo.
Ve la propongo in originale, la trovo fantastica:
“Mario, what do you get when you cross an insomniac, an unwilling agnostic and a dyslexic?"
"I give."
"You get someone who stays up all night torturing himself mentally over the question of whether or not there's a dog.”
Subito prima Mario da prova del fatto che lui Hal lo capisce davvero, e forse è l'unico: "Ma cosa ti senti dentro, niente?" "Mario, tu ed io siamo un mistero l'uno per l'altro. Su questo fatto siamo schierati da due parti opposte, tra noi c'è una differenza invalicabile. Ora restiamo distesi in perfetto silenzio e pensiamo a questa cosa."

Il post comincia a diventare troppo lungo, lo taglio qui.
Ne riparleremo. Ma forse no.


sabato 15 dicembre 2012

Di nuovo sulla congettura di Babbo Natale

Siamo quasi a natale, vi ripropongo quanto scrissi un anno fa. Alcune condizioni al contorno sono variate, ma il contesto di base è immutato. La congettura di Babbo Natale, come quella di Goldbach o quella dell'Anima, pur non dimostrata, è ritenuta vera dai più.
++++++++++++++++++++++++++++

Mia figlia V. ha sei anni e crede a Babbo Natale.
Fin qui nulla di strano, i bimbi credono a quello che i grandi raccontano loro, la capacità critica di analizzare i fatti senza lasciarsi influenzare dalla tradizione e dalle voci del popolo arriva solo dopo, se arriva. E poi credere a Babbo Natale è anche una buona spiegazione per alcuni fatti che non si riescono a spiegare altrimenti: chi porta tutti quei regali? Chi è quel signore grasso vestito di rosso che campeggia sui cartelloni pubblicitari? E, soprattutto, se ci credono tutti ci sarà un motivo, no? E quindi quella di Babbo Natale è una congettura accettata all’unanimità (perlomeno nel mondo dei bimbi).
La compagna di banco di mia figlia, E., qualche settimana fa ha cominciato a sollevare dei dubbi, ha individuato alcuni elementi che si scontrano con la congettura di Babbo Natale. Secondo lei è difficile portare in una sola notte regali a tutti i bimbi del mondo, i bimbi sono davvero tanti. E poi E. non si spiega come facciano le renne a volare, le ha viste allo zoo e le sono sembrate tutt’altro che leggére e sicuramente prive di ali. E. ha raccolto degli elementi che ritiene oggettivi e ha avanzato un’ipotesi alternativa a quella classica: lei crede che i regali vengano portati da zii, nonni e genitori, e che Babbo Natale (è dura da scrivere, ma riporto solo l’ipotesi di E.) non esista. E. ritiene che quest’ipotesi si adatti meglio ai fenomeni osservati, e renda superfluo ricorrere a sovvertimenti temporanei delle leggi di natura (estensione del tempo della notte di Natale e renne che volano). Se si postula la non esistenza di Babbo Natale, o perlomeno la sua estraneità alla consegna dei regali, tutto è più semplice. Non c’è nemmeno bisogno dell’efficiente quanto anacronistico servizio postale che permette la comunicazione dei desideri dei bimbi. Tutto fila liscio senza troppe complicazioni. Ad E. tutto questo sembrava lampante, almeno fino a ieri.
Ma purtroppo E. è rimasta sola. La congettura di Babbo Natale, sostenuta all’unanimità dal resto dei bimbi nonostante le ragionevoli obiezioni sollevate da E., è ancora il sistema di spiegazione della realtà universalmente accettato in classe. La piccola E. è stata all’inizio trattata con incredulità, poi è stata sbeffeggiata e infine anche isolata in qualche gioco. Ma E. è un animale sociale, e ne soffre.
Stamattina a colazione mia figlia V. mi ha detto che ora anche E. crede a Babbo Natale. Non è riuscita a rimanere sola per molto, vuole far parte del gruppo, vuole che gli altri la considerino una di loro.
A quelle condizioni forse avrei fatto lo stesso.

++++++++++++++

venerdì 14 dicembre 2012

Carnevale della matematica #56

Questo mese il Carnevale della matematica, giunto all'edizione #56, è ospitato da Scienza e MusicaConsigliatissimo un giro sul blog ospitante (ricchissima la trattazione del tema di questa edizione, "Algebra, algebre e storia dell'algebra", nel post di presentazione) e sui singoli contributi, sempre vari ed interessanti. Sappiate che il mio week end sarà dedicato alla lettura del tutto.
A proposito, il vostro Tacchino partecipa con questo post su due diversi approcci logici alla filosofia matematica. Questo è l'unico che non leggerò.

mercoledì 12 dicembre 2012

Sull'onda del rinnovamento

Oggi è il 12.12.12 e, visto che in base al calendario gregoriano attualmente in uso non mi pare che a breve possa presentarsi un'occasione sì propizia, è d'uopo festeggiare: a mensa prenderò le patatine fritte.
Buon giorno triplice a tutti.

martedì 11 dicembre 2012

Interrogazione a sorpresa

Nella zona d'ingresso dell'azienda dove lavoro, proprio dietro alla reception, ci sono due macchinette per rilevare le presenze, di quelle che ci devi passare il badge ed emettono un bip visualizzando il tuo nome, come un saluto per dire che ti hanno riconosciuto. Sono sei anni che badggio sempre in quella di sinistra, anche a costo di attendere se c'è qualcuno davanti a me e quella di destra è libera. Gli impiegati sono gente abitudinaria, sapete.
Oggi ho badggiato in quella di destra.
Volevo vedere se mi riconosceva anche lei.

sabato 8 dicembre 2012

Liberi tutti

Tempo fa lo cercai indefessamente in rete senza successo, per un qualche oscuro motivo era stato tolto dalla circolazione. Oggi l'ho trovato di nuovo.
Oltre ad essere un video di ottima fattura, lo considero un rito liberatorio, soprattutto dal minuto 4.20 in poi. Liberatevi con me.



lunedì 26 novembre 2012

Risultati primarie e previsione ballottaggio

Seconda parte del week end passata a catalogare una volta per tutte la mia obsoleta biblioteca cartacea sul mio nuovo profilo aNobii. (Mi pareva ormai di essere rimasto l'ultimo italiano a non avere tutto archiviato lì.)
Risultati: nel corso della mia ventiduennale vita da adulto (periodo che parte da quando non vivo più con i miei. I libri della vita precedente li hanno in pratica tutti loro e non li considero aNobiizzabili) ho finito 334 libri e ne ho iniziato e poi interrotto per varie cause altri 78 (senza contare gli 80 libri da consultazione). Una media di 1,3 libri finiti al mese, più altri 0,3 iniziati e non finiti, indipendentemente dalla lunghezza del testo o dalle altre attività più o meno interessanti avrei potuto fare in quel periodo della mia vita. Pensavo peggio.
Inoltre a chi dice che non leggo narrativa sbatto in faccia che quanto sopra è costituito per oltre l'80% di romanzi, racconti et similia.
Questo è quanto. Il titolo serve solo ad attirare visite su un post inutile in questa giornata per altri versi campale.

giovedì 22 novembre 2012

Il cecchino

Un lavoretto pulito
Sembrava essere sparito dalla circolazione da quando aveva accoppato quel tuo collega arrogante, poi stamattina lo hai visto di nuovo in azione.
Eri nella sala d'attesa del dentista, anzi direi dell'azienda dentistica, visto che anche questa struttura come molte altre per sopravvivere alla crisi sta provando la carta delle economie di scala, dell'abbattimento dei costi fissi e dell'aumento dell'efficienza, e occupa quattro o cinque specialisti e un agguerrito manipolo di ragazzotte tra infermiere e segretarie.
Eccoti lì seduto che già aspettavi da qualche manciata di minuti dopo l'ora fissata per l'appuntamento (questo è un meccanismo che continuo a non spiegarmi e probabilmente getta le sue basi in un circolo vizioso di "so che vieni in ritardo, ti dico mezz'ora prima" rinforzato da "so che mi dici mezz'ora prima e allora vengo in ritardo" che però trova un inceppo quando si imbatte in un tipo puntuale come te, che infatti ora ti trovi ad aspettare).
Insomma eri lì tranquillo ad attendere il tuo turno quando entra quel roscio (1) spavaldo ed aggressivo nei modi e nell'abbigliamento pseudo militare, bomber, pantaloni verdi con tasconi e scarpe ginniche ipertecnologiche, con il suo sguaiato accento romano, e appena si affaccia sulla scena già lo vedi intento ad affermare con tutto se stesso il suo ruolo di maschio dominante. Si rende conto da subito che non può pisciare sull'attaccapanni e non gli rimane che apostrofare in modo pesante le infermiere e le segretarie e appoggiarsi con tutta la sua palestrata massa muscolare sul banco dell'accettazione per sbraitare a voce molto più alta del necessario: "ahò, so' Mazzetta, ciò n'appuntamento alle nove". Dopo la timida replica di attendere seduto il proprio turno, si mette ad andirivenire sbuffando rumorosamente e fissando gli astanti con occhiate aggressive come fossero prede da sbranare. 
Ed è successo. Hai di nuovo visto con la coda dell'occhio lo sportellino sul soffitto che si apriva con un leggero ronzio, mosso da pistoncini idraulici. Da lì è fuoriuscito un tubo metallico brunito lungo una trentina di centimetri, se lo avesse visto un esperto di balistica ci avrebbe riconosciuto la canna di una carabina calibro .22, munita di un discreto ma efficiente sistema di puntamento laser. Dopo una frazione di secondo che hai misurato essere lunga come mezzo sbuffo dello scimmione, un cerchietto rosso poco più grande di una lenticchia si è materializzato sulla sua fronte (dell'energumeno, non dell'esperto di balistica), giusto tra le folte sopracciglia. Poi un rumore sordo, STUMPF, e il tizio giaceva riverso sulla poltrona che aveva a fatica conquistato rubandola ad un ragazzino che si era alzato per prendere una rivista: un lavoretto pulito, senza sbavature, senza schizzi di sangue sulla tappezzeria o lordure sulla moquette. Lo sportelletto sul soffitto si era già richiuso col FFFS del meccanismo ben oliato. A qualcuno è passato in mente di avvertire la famiglia, ma senza troppe ansie, probabilmente con un tipo così madre, padre, moglie e figli avrebbero ringraziato il cecchino meccanico.
Poi però ti hanno chiamato, era arrivato il tuo turno, avevi la capsula da sistemare, hai aperto gli occhi e ti sei preparato, mentre il palestrato ti guardava con spocchia, eri passato prima di lui ed era un concetto difficile da accettare.

Note:
  1. dicesi di chi è rosso di capelli (NdA per non romani)

lunedì 19 novembre 2012

Test: sei realista o costruttivista?

Una delle classiche e mai risolte dispute della filosofia matematica è quella tra approccio realista e approccio costruttivista.
Ora, capisco benissimo che un post che inizia così può sembrare perlomeno poco interessante, ma vi chiedo di resistere ancora per qualche riga e di trattenere per quanto vi riesce i conati, potrete insultarmi con comodo tra qualche istante nell'apposito spazio riservato ai commenti. Cercherò di essere breve ed indolore.
Se volessimo ridurre la tenzone ad un concetto base (e lo vogliamo sicuramente fare) potremmo dire che per i realisti gli oggetti matematici hanno una propria verità indipendente dalla loro dimostrazione, mentre i costruttivisti accettano come veri solo gli oggetti che sono stati dimostrati. Ad esempio, prendiamo l'Ultimo Teorema di Fermat, che fino a qualche anno fa era considerato una semplice congettura, visto che non era ancora stato dimostrato. Ebbene, il costruttivista dice che è diventato vero solo dal momento in cui é stato dimostrato, mentre il realista dice che era vero anche prima, è sempre stato vero, solo che non disponevamo ancora della prova.
Quella cosa della caverna,
che torna sempre utile

E' per questo che i realisti sono definiti anche platonisti, perchè teorizzano la realta degli enti matematici indipendentemente dalla nostra conoscenza di essi, come se fossero comunque veri (o non veri) in un mondo ideale, il mondo matematico: a noi tocca solo scoprirli. Secondo la logica costruttivista invece, la matematica è un prodotto umano, e fino a quando non si è deciso che un costrutto è vero tramite dimostrazione, ebbene questo costrutto non è né vero né non vero, è semplicemente indecidibile, è in attesa.
Pare una cosetta da poco, un pippone teorico, ma nasconde alcuni risvolti pratici non indifferenti. Il principale è che i realisti accettano il "principio del terzo escluso" (tertium non datur). Per loro un oggetto può essere o vero o falso: se è vero, allora non è falso; se è falso, allora non è vero. Non ci sono altre possibilità, nessuna scappatoia, nessuna via di fuga. I costruttivisti rifiutano il "principio del terzo escluso" (quindi non escludono il terzo e lo accettano) e affermano che fino a quando non è deciso tramite dimostrazione che un oggetto è vero o falso, beh, allora non è nè vero nè falso.
Vi riporto un esempio molto elegante (1) che fa comprendere come questa disputa che potrebbe sembrare solo teorica ha invece effetti nell'intero modo di sviluppare un sistema completo di dimostrazioni e teoremi, e quindi di verità matematiche (2).

  















Per il realista questa roba qui sopra è valida: la premessa è accettabile,〖(√2)^√2 può essere razionale o irrazionale, i casi sono due, non ci sono altre possibilità. La dimostrazione li analizza entrambi e per entrambi trova un esempio di numero razionale costruito come x^y.

Per il costruttivista la dimostrazione non funziona affatto, ed è proprio la premessa a non essere corretta, non è vero che〖(√2)^√2  "può essere solo o razionale o irrazionale". Non è nessuno dei due se non l'hai prima dimostrato. E' indecidibile. Il costruttivista dice: caro realista, non fare chiacchiere sulle ipotesi, dimostrami che 〖(√2)^√2 è razionale o irrazionale, allora ti crederò. Se la mettiamo su questo piano, l'intera dimostrazione crolla, e per un costruttivista rimane il dubbio se esistono numeri irrazionali x e y tali che x^y è razionale.

L'approccio realista è sicuramente più potente, ha nel principio del terzo escluso un'arma in più. Ma siamo sicuri che sia corretto?
(E io che vado raccontando alle mie figlie che la matematica è bella perché è uguale per tutti...)

Ah, dimenticavo: possono partire gli insulti.

Note: 

  1. Che poi questa dimostrazione che esistono numeri irrazionali x e y tali che x^y è razionale, mi apre uno spiraglio per la comprensione dell'identità di Eulero di cui ho parlato qualche settimana fa, mi fa intuire che e^(Pi) può diventare razionale, e che tutti quei decimali possono davvero sparire come d'incanto.
  2. Per questioni tecniche, al fine di rendere visibili i simboli, ho dovuto riportare la dimostrazione incollando un'immagine. Se avete problemi di visualizzazione riporto qui la stessa dimostrazione con i simboli che il layout di blogger accetta:
Tesi: esistono numeri irrazionali x e y tali che x^y è razionale.
Dimostrazione: Premessa: (√2)^√2 può essere razionale o irrazionale.
Se (√2)^√2 è razionale allora, ponendo x=y=√2 abbiamo trovato un esempio che dimostra la tesi.
Se (√2)^√2 è irrazionale, ponendo x=(√2)^√2 e y=√2 si ottiene che x^y è (√2)^((√(2))^√2 )=(√2)^((√2×√2)) = (√2)^2=2; essendo 2 razionale abbiamo trovato un esempio che dimostra la tesi.


Riferimento bibliografico: Richard Bornat, Proof and Disproof in Formal Logic (Oxford Texts in Logic)

venerdì 16 novembre 2012

Dov'è l'uscita d'emergenza?

Ho imparato una cosa in tanti anni di vita aziendale: quando durante una riunione qualcuno chiede "si può aprire un po' la porta? non si respira", oppure, "l'aria è un po' viziata", significa che la puzza di aliti e ascelle è arrivata a livelli insopportabili.
È quello il momento giusto per chiedersi se ne vale davvero la pena.
Tanta gente e piccoli spazi:
un connubio micidiale

mercoledì 14 novembre 2012

Carnevale della Matematica #55: Sorprese Matematiche

Cari pennuti, vi segnalo il carnevale della Matematica numero 55, ospitato per questa edizione da Maddmaths.
Il vostro tacchino, fino ad ora famelico lettore di tutte le edizioni passate, stavolta, non si sa come, è riuscito ad infilarsi tra gli invitati. Ghiotto com'è di tartine al salmone pensava di farne una scorpacciata a spese di chi fa gli onori di casa, poi ha capito che si trattava di una festa virtuale, con tartine virtuali, che sanno di polimeri e silicio.
Interessante quanto subdola la tecnica utilizzata per scroccare l'invito: ha recuperato un vecchio post di quasi un anno addietro, lo ha camuffato per nascondere per quanto possibile le banalità, gli ha appioppato un titolo che lo facesse sembrare in tema e lo ha proposto pensando che nessuno lo leggesse (del resto era la stessa tecnica che aveva funzionato così bene per la tesi di laurea, perché non riprovarci). Stavolta invece qualcuno ha letto (a proposito, il post è questo). Il pennuto ha provato a fuggire ma le porte ormai erano chiuse e i giochi fatti.
Gli altri contributi sono meravigliosi, non perdeteveli.


venerdì 9 novembre 2012

Tifone!


Mi sono tolto uno sfizio, ho comprato una di quelle scope elettriche senza sacchetto, ha un look da astronave e funziona con un vortice d'aria che spalma la polvere sulle pareti di un serbatoio cristallino. Me l'hanno consegnata nel pomeriggio e appena tornato a casa l'ho subito provata sul tappeto del soggiorno, sebbene fosse stato pulito da poche ore con l'aspirapolvere vecchio. Non so come ma nel contenitore trasparente dell'astronave si è raccolto un bel mucchietto di sporcizia che ammorbava il tappeto da chissà quanto tempo. Magia della forza centrifuga.
Stanotte ci voglio dormire, sopra quel tappeto immacolato.

mercoledì 7 novembre 2012

What?

Stamattina mi sono attardato a casa per seguire il discorso di Obama subito dopo la vittoria. Parlava con orgoglio della sua nazione, indicando come fondamento della democrazia americana e come principali armi per uscire dalla crisi l'eccellenza del sistema di istruzione, i continui investimenti in ricerca e l'eterogeneo cosmopolitismo della popolazione. La cosa strana è che sono tutti concetti che non ho mai sentito nemmeno sfiorare durante i talk show nostrani. Ma forse ho capito male, colpa dell'inglese.

lunedì 5 novembre 2012

Paleogeografia per minori

La cosa di Pangea e 
Panthalassa (fonte)
Eppure al momento non riesco a pensare a nulla di più emozionante che cogliere un bimbo nell'atto di comprendere un meccanismo e acquisire una nuova conoscenza. Se poi quel bimbo condivide con te gran parte del patrimonio genetico e ti capita altresì di impersonare l'estemporanea scintilla di quell'illuminazione, allora si può arrivare a percepire lo stato effimero che qualcuno si arrischia a definire felicità.

mercoledì 31 ottobre 2012

Carramba, che identità

Premessa: a me la matematica piace, sarà che mi dà un senso di incastro perfetto, di tutto-sotto-controllo, di se-ti-applichi-ce-la-puoi-fare, di assenza di trucchi, di pulizia, un po' come la corsa. E poi sia la matematica che la corsa sono attività minimaliste, bastano un paio di scarpe per l'una e neanche quelle per l'altra. Tuttavia non sono un runner professionista, e ancora meno un matematico; nel corso degli anni passati ne ho studiato qualche aspetto (della matematica, non della corsa) ma sempre da testi alla portata di tutti (a parte un paio di esami piuttosto generici all'università). Per il resto faccio un mestiere che consiste nell'analisi di aspetti quantitativi di fenomeni, quindi ha a che fare con i numeri, ma niente di più complesso delle quattro operazioni combinate in vario modo. Diciamo che sono un Pivello a cui piace leggere di matematica, parlare di matematica ai figli e cercare di incasellare le cose che vede in schemi quanto più possibile logico/matematici. Pertanto vi chiedo venia sin d'ora per quello che segue, che a un Vero Matematico (1) sembrerà probabilmente un discreto mucchio di ingenuità presentate con ottima improprietà di linguaggio. E questo tanto per essere a posto con la coscienza.

Vorrei riprendere un argomento che ho trattato tempo fa ma che non sono ancora riuscito a digerire, e che continuerò a riproporvi di tanto in tanto fino a quando qualcuno non sarà riuscito a spiegarlmelo in maniera a me comprensibile. Si tratta di una formuletta che mi ha sempre lasciato esterrefatto, che mette in relazione tra loro cinque elementi tra i basilari della matematica e che è conosciuta come l'Identità di Eulero. E' questa roba qui: 
e^{i \pi} + 1 = 0
Ha l'aspetto innocuo, riuscirebbe a leggerla persino un bimbo di quinta elementare, ma nasconde un segreto a me inaccessibile.
Provo innanzitutto a presentare i protagonisti della formula, i magnifici cinque:

1 è il primo numero naturale, l'elemento neutro della moltiplicazione, l'Unità carica di significati filosofici, credo esista da quando esiste un linguaggio. E' anche il titolo del primo disco dei Led Zeppelin. Insomma, mi pare importante.

0 è l'elemento neutro dell'addizione, l'unico numero ad essere né positivo né negativo e ad essere citato in ben tre assiomi su cinque nel sistema di Peano (ne ho parlato qui qualche tempo fa). Fu introdotto dai matematici indiani attorno al settimo secolo e neanche lui scherza in quanto a fama.

e è la costante conosciuta come numero di Nepero; si tratta della base della funzione esponenziale (scelta in modo che la derivata dell'esponenziale sia uguale alla esponenziale stessa) e, di conseguenza, base dei logaritmi naturali, funzione inversa dell'esponenziale. E' irrazionale, quindi non è esprimibile né come frazione né come numero decimale se non con infinite cifre dopo la virgola, è approssimabile a 2,71828 ed è una delle costanti più famose, fin da quando nel seicento il matematico scozzese Nepero la utilizzò per la prima volta nella sua opera sui logaritmi.

π è l'arcinoto rapporto tra una circonferenza e il suo diametro, probabilmente la costante più utilizzata in assoluto in matematica, è anch'essa irrazionale ed è pari a circa 3,14159. Era conosciuta sin dall'antichità, credo che i primi a utilizzarla, anche se non con la precisione odierna, siano stati i babilonesi 4 mila anni fa.

i è l'unità immaginaria, il numero complesso che elevato al quadrato dà come risultato -1. I numeri complessi furono introdotti a fatica tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo per trovare soluzioni ad equazioni tipo x2 + 1 = 0. Non è nemmeno esprimibile come numero decimale.

Cinque elementi che attraversano temporalmente secoli di storia, introdotti per rispondere alle esigenze più varie, che appartengono a branche completamente diverse del grande caleidoscopio di cultura che mettiamo sotto il nome di matematica, di primo acchitto si direbbe che non c'entrino nulla l'uno con l'altro.

E invece c'è questa identità semplice semplice, facile facile, talmente corta che potrebbe essere tatuata su un lobo, che le mette tutte insieme e che dice: prendi un numero reale che serve come base dei logaritmi, elevalo al rapporto tra la circonferenza e il suo diametro moltiplicato per l'unità immaginaria, poi aggiungici l'elemento neutro della moltiplicazione, vedrai che il tutto farà... ZERO!
E' un po' come se provassi a preparare il tiramisù seguendo la ricetta della zia, e quando metti insieme con fiducia il mascarpone e i Pavesini alla fine quello che ottieni è il vuoto assoluto. Come per magia tutto quello che metteva paura al Pivello (l'unità immaginaria che non si riesce ad immaginare, le infinite cifre dopo la virgola, l'elevamento a potenza di roba che non si capisce) svanisce nel nulla, annichilisce come in un rendez-vous di materia e antimateria, delle infinite cifre non rimane che il ricordo (2), l'unità immaginaria va a fare loro compagnia, e rimane lo zero. Questo per me è un mistero.
Sì, capisco che è dimostrabile, che l'identità è solo un caso particolare della più generale formula di Eulero

e^{ix} = \cos x + i\,\mathrm{sen}\,x

tutto giusto, ci mancherebbe, Eulero avrà fatto le cose per bene, ma questo non toglie nulla alla mia sorpresa. Non toglie nulla alla sensazione di Magia.

E' questo che mi affascina: nonostante io non lo comprenda, posso ragionevolmente credere che funzioni.

Vado a farmi un tatuaggio sul lobo.

  1. cfr Roberto Zanasi
  2. Se provate a elevare e alla π si ottiene 23,14058. C'è qualche Vero Matematico disposto a spiegare a un Pivello dova va a finire questa roba? 

martedì 23 ottobre 2012

Arma non convenzionale


Quando hai deciso di parcheggiare il motorino lì, proprio sul lato destro dello stretto passo carrabile con cui si accede al cortile interno dell'edificio di fronte alla scuola, pensando di sbrigartela in due minuti, giusto il tempo di accompagnare la quattrenne, eri consapevole che sarebbe bastato che un'altra auto avesse occupato il lato sinistro per rendere impossibile il transito. Ma hai subito soffocato le ansie pensando ok, se dovesse succedere non sarà stata colpa mia, ma della seconda auto, sarebbe lei a bloccare l'uscita, non io, anche se nel retrobottega del tuo cervello già si affacciava la certezza che lo sventurato che fosse rimasto bloccato da una morsa moto/auto, non conoscendo lo svolgersi cronologico degli eventi, avrebbe avuto diritto di prendersela con te come con il proprietario dell'auto, e già inconsapevolmente una manciata di enzimi nel tuo sistema linfatico si preparava a liberare al momento opportuno l'adrenalina necessaria alla singolar tenzone.

Ecco, sconfitto più
o meno da questo (fonte)
I tempi a scuola si dilungano oltre i due minuti previsti, sai com'è, la chiacchiera con un genitore, un bacio alla piccola, un altro dài ma questo è l'ultimo davvero, poi la fase flemmatica di avvicinamento al motorino, ti infili con calma il casco, controlli un sms, ovviamente non ricordi nulla dei passaggi mentali avvenuti durante la fase di parcheggio, fino a quando con la coda dell'occhio intercetti una grossa Toyota proprio sul lato sinistro del passo carrabile, il famigerato sito X che avrebbe chiuso il transito, e ritrovi un senso alle tue paure. Istintivamente giri lo sguardo verso l'ingresso del cortile interno, e vedi una vecchia Citroen con il muso affacciato come se volesse uscire, il motore spento ma al posto di guida un individuo che aspetta chissà da quanto e ti guarda calmo, un trentenne di colore, distinto e serafico quel tanto che basta a farti capire che non ci sarebbe stato il tipo di battaglia che immaginavi, che l'adrenalina poteva stare al suo posto (e meno male, sarebbe stato difficile trovare armonia tra lei, l'adrenalina, e la consapevolezza di essere in torto, forse torto condiviso e parziale ma sempre torto), un sorriso Giocondesco sulle sue labbra senza alcunché di provocatorio, solo la serenità di chi ha tempo per aspettare e lo fa brandendo la sua arma non convenzionale, quel sorriso inscalfibile di chi sa di aver già vinto.
E mentre ti profondi in scuse non richieste, concludendo la serie con un infantile Giuro che la prossima volta starò più attento, ti rendi conto di aver appena subito la tua più cocente sconfitta da traffico urbano, trafitto da un'arma non convenzionale.
Ma non erano proibite dalla Convenzione di Ginevra?

domenica 21 ottobre 2012

Carnevale dei libri di scienza #13 - La scienza nella letteratura

Vi segnalo il tredicesimo Carnevale dei libri di scienza, dedicato all'affascinate e trasversale tema della scienza nella letteratura. Il Carnevale è ospitato da BiblioBredaBlog, con meravigliosi e originali contributi dalle migliori firme dell'universo bloggers.
Unica caduta di stile degli organizzatori: annoverare tra i partecipanti un improbabile pennuto e il suo recente post su Flatlandia. Perdonateli, pare che lui li abbia supplicati.

Carnevale dei libri di scienza #13,
ospitato questo autunno da BiblioBredaBlog


martedì 16 ottobre 2012

L'uomo che cominciò a sospettare di avere una dimensione in meno

Una delle prime
edizioni di Flatland,
di Edwin Abbott Abbott
(due volte, controllate pure)
 
C'è in giro già da qualche tempo (più o meno centotrent'anni) un libretto che allarga la mente come un compressore fa con un palloncino, e che dovrebbe essere letto nelle scuole appena si comincia a parlare di geometria. Si tratta di Flatlandia, del reverendo Erwin Abbott, anno 1884, tradotto in italiano da Adelphi, un racconto fantastico che affronta in maniera divertente una delle colonne portanti della nostra percezione della realtà, il concetto di spazio e di dimensioni. Nella mia lunga quanto umile carriera di consumatore di testi scientifici divulgativi (moooolto divulgativi), spesso mi sono imbattuto in tentativi più o meno ortodossi e più o meno efficaci di spiegare il concetto di dimensioni oltre la terza, ma mai il mio cervello si era confrontato con immagini vivide e realistiche (anche se non so quanto rigorose, ma a me importa poco) come quelle con cui è stato ammaliato da questo volumetto di centocinquanta pagine. Mentre ero immerso nella lettura ad un tratto mi è sembrato talmente naturale poter, solo a volerlo, scartare di lato per traslare in una dimensione inconsueta e vedere l'intero universo da qualche nuovo tipo di alto e vedere i corpi all'interno, con le viscere, le ossa e tutto, dico sul serio.
Ma procediamo con ordine.

La prima parte del libro è dedicata alla descrizione di usanze, costumi e morale del popolo di Flatlandia, un mondo a due dimensioni, piatto come un foglio di carta o come la superfice calma di un lago, e alla conoscenza del protagonista, il signor Quadrato. Questa parte, oltre a costituire un divertente espediente per tentar di dare coerenza ad un mondo teorico, rappresenta una feroce critica alla società vittoriana, basata sul culto delle apparenze e sulla rigidità della piramide sociale; ma non è questo l'aspetto che ha consentito al libro di sopravvivere attraverso i secoli.
Nella seconda parte, quella davvero interessante e tuttora attualissima, si affronta di petto la parte geometrica e matematica e si introduce quello che sembra un metodo per districarsi con l'immaginazione attraverso quel percorso ad ostacoli che costituisce il passaggio tra mondi di diverse dimensioni. Il caro reverendo Abbott fa compiere al suo protagonista il Quadrato un viaggio iniziatico, come un Gulliver in paesi esotici, suggerendo quali sono gli elementi che mutano nell'incrementare le dimensioni una ad una.

E' così che ci imbattiamo nel mondo a zero dimensioni, Pointlandia, abitato da un solo essere, il Punto, che non ha neppure la percezione dell'Altro, dell'esterno; un punto solitario e monolitico nel suo spazio inesistente, l'Uno, l'Essere Assoluto, immobile e immutabile, che non conosce null'altro se non se stesso e il suo pensiero:
"Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuor di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un'idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l'essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici." 
Lasciamo il mondo zerodimensionale e le sue implicazioni etiche e filosofiche. Da Pointlandia è sufficiente un movimento in una qualsiasi direzione (se ce ne fossero di direzioni, in un mondo senza dimensioni, direte voi) che già si ottiene un mondo bidimensionale, e visto da qui il Punto che prima sembrava essere l'Unico Essere diventa uno tra i tanti, e abbiamo la possibilità di vederlo nella sua interezza. Se vivi a Linelandia, una specie di lungo segmentone o una retta infinita (a seconda della tua fiducia nella finitezza dell'universo), le cose si fanno più interessanti: esiste una seppur minima possibilità di movimento nel week end, e si ha l'occasione di percepire altri esseri, segmenti o punti. Certo che i limiti sono parecchi, basti pensare che il nostro vicino sarà sempre lo stesso, per impossiblità di sorpassarsi o di scavalcarsi, che non c'è mica lo spazio per farlo, e lo percepiremmo sempre e indistintamente come punto adimensionale. Un po' noioso ma già meglio del Bagaglino.

Una impenetrabile casa di Flatlandia

Ma anche qui basta un "semplice" scarto (non a destra né a sinistra, ma verso l'alto o il basso) per passare da un tunnel senza altezza ad un mondo bidimensionale, e cominciare a percepire quelli che erano segmenti sulla linea, e che da dentro la linea vedevi solo come punti, per quello che sono in realtà, nella loro completezza. A Flatlandia, il mondo a due dimensioni, si acquisce maggiore libertà di movimento, possibilità di scegliere chi frequentare e anche una diversa percezione dell'altro: di quello che prima era un segmento ora riesci a vedere non solo un punto, ma l'intera struttura prima non visibile, estremi e contenuto: le sue viscere, il suo intimo interno. C'è il problema non secondario che percepisci tutte le figure piane come segmenti. La percezione visiva funziona così: ruba sempre una dimensione a quelle disponibili, se hai uno spazio a una dimensione vedi solo punti adimensionali, se sei nello spazio a due, vedi gli oggetti ad una dimensione. A Flatlandia è impossibile vedere all'interno delle figure piane chiuse, cosa che per noi tridimensionali è un gioco da ragazzi (il pentagono che vedete qui a sinistra è una "impenetrabile" casa di Flatlandia).
Tuttavia si può sempre migliorare, anche dal mondo di Flatlandia basta uno scarto in alto, ma non verso il Nord, come ama dire l'amico Quadrato, per conquistare la terza dimensione, e cominciare a vivere in Spacelandia, il mondo a tre dimensioni a noi tanto familiare. Da qui la casa pentagonale di Flatlandia, prima nascosta alla vista, è a tua completa disposizione, e degli abitanti vedi le loro viscere, il loro cuore, in un solo onnisciente abbraccio visivo.
Per estensione anch'io, misero abitante di Spacelandia, abituato a vedere le figure come al cinema o in foto, altezza per larghezza (lasciamo perdere per ora i vantaggi della visione binoculare), ho immaginato di poter muovermi per di là (ma non a destra o sinistra, nè in alto o in basso, nè avanti o indietro...) e di riuscire ad abbracciare con lo sguardo le viscere dei miei compagni a tre dimensioni, l'interno delle case, il cuore della Terra, ed essere finalmente e totalmente conscio del mio mondo.

Provo a schematizzare il percorso:
Dimensioni del mondo
Dimensioni percepite con la vista
Figure di cui vedo contemporaneamente bordi e interno
0
nulla
nulla
1
0
punti
2
1
linee
3
2
figure piane
4
3
solidi
x
x-1
ipersolidi

Alla fine il metodo è garantito, e consiste "semplicemente" nello spostarsi, scartare di lato, saltare verso giù, insomma una sorta di movimento in una direzione inconsueta e sconosciuta. E ad ogni movimento si guadagna una dimensione, ad ogni dimensione guadagnata la vita percepita nei mondi di partenza aumenta in maniera esponenziale la sua varietà, la qualità, il senso di valore che la stessa assume. E quello che ti sembrava prima importante forse non lo è più. Ad esempio non è importante indossare biancheria intima.
Stasera ci provo, speriamo la cervicale.