venerdì 1 novembre 2013

I say i' sto ccà (1)

Era il tempo degli stivaletti e delle Simca, dei contestatori che contestavano, della Democrazia Cristiana che democratizzava cristianamente il paese, di qualcuno che in periferia moriva di overdose e delle radio libere che mettevano alla prova un nuovo tipo di intrattenimento, fatto di musica e informazione di quartiere e che, tra la notizia di un'occupazione e un approfondimento junghiano, lanciavano nell'etere un miscuglio di songs d'oltremare e di melodie nostrane.
Fu allora che cominciò a circolare una voce tra noi preadolescenti impegnati negli ultimi anni di elementari: ascoltate il nuovo pezzo di quel cantautore napoletano, si diceva, un certo Pino Daniele mi pare, ma sì, quello che non si capisce che dice. Pare sia una vera bomba.
Già le musiche di PD avevano elementi a loro modo rivoluzionari: il funky/blues importato da oltre oceano arricchiva la struttura melodica con armonie sconosciute alla canzone d'autore italiana, che al contrario era tutta basata sui soliti quattro accordi maggiori/minori; i testi in dialetto napoletano ai limiti della comprensibilità anche per gli autoctoni sembravano fare a botte con quella voglia di internazionalizzazione che albergava nei provinciali musicisti di casa nostra, e se non li capivi, beh, fatti tuoi (2); gli arrangiamenti erano da urlo, i musicisti pezzi da novanta (3). Ma quel brano aveva qualcosa di più: se stavi bene attento, alla fine dell'ultima strofa ci trovavi una parolaccia. Una di quelle vere, incisa lì su vinile, pronta all'uso nella sua ufficialità. Mica roba da poco in quanto a rottura: un sonoro e stranamente comprensibilissimo nun ci scassat 'o cazzo.
Il patto che fu stretto tra di noi bimbetti era semplice e chiaro: tornare a casa, girare la manopola della radio fin quando non avessimo incontrato la canzonetta incriminata (non era difficile in quel bailamme in FM), chiamare la mamma (che con il papà poteva essere rischioso), farle ascoltare tutto senza annunciare il finale e vedere l'effetto che avrebbe avuto sulla sua indole reazionaria, il tutto provando, se possibile, a trattenere le risate. Era il massimo che si potesse concedere alla ribellione nella mia casa piccolo borghese di inizio anni ottanta. Uno iato generazionale in fieri.




Un PD d'epoca dal vivo, je so pazz, su 
alcuni browser non si vede, non so perché.


Poi venne il tempo del liceo, dei paninari e di Drive In, e della prima chitarra che, nel mio immaginario, avrebbe dovuto dischiudermi i segreti della melodia e dell'acchiappo; e PD diventò per me quello dell'assolo flamencheggiante di Appocundria da tirare giù nota per nota ascoltando all'infinito la TDK con su registrato Nero a Metà.
Poi, come spesso accade, gli eventi portano a distrarsi e a rivolgere l'attenzione ad altri lidi, altre musiche, altri assoli. Del resto il grande Pino aveva più o meno dato il meglio in quegli anni e nei pochi successivi (4).
Rimane però uno dei pochi che a riascoltarlo mi fa sentire 'o fridd 'ncuoll.
E niente, questo vuole essere un omaggio.

NOTE
(1) Titolo di un brano di PD che, tradotto nelle lingue a noi più familiari, suona più o meno come "io sono proprio qui", o anche "I am in here". Vi dice qualcosa?
(2) Sono tra quelli (*) che credono che i testi di Pino Daniele stiano lì non perché vogliano esprimere chissà quali immagini o concetti, ma solo perché sono sufficientemente musicali per andare bene con le melodie. Ritornelli facili da canticchiare, memi efficaci, niente di più.
(3) Sono anche tra quelli (**) che pensavano che dietro i dischi di PD ci fossero tutti i vari DePiscopo/Avitabile/Esposito/Senese di quella Swinging Naples di fine settanta/inizio ottanta, e che poi, grazie a wikipedia, si sono accorti che tra i Credits trovi al massimo Rino Zurzolo al basso.
(4) Se non  vi bastasse, sono pure tra quelli che credono che i musicisti esprimono il proprio meglio a livello creativo nei primi sette o otto anni di carriera (***). Alcuni in questi sette anni riescono a comprimere tredici tra i migliori dischi di sempre (Beatles), altri, meno apicali, ce ne infilano tre o quattro, e va bene anche così. Pino Daniele da Terra Mia a Bell'Ambriana ha fatto un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.

Subnote
(*) non credo ci siano gruppi di appartenenza di questo tipo, o comunque io non ne conosco, quindi potete considerare l'espressione un mero artificio retorico.
(**) la teoria dei gruppi di pensiero umani è sufficientemente flessibile da permettere l'appartenenza a più clubs.
(***) per gli scrittori è diverso, ma questa è un'altra storia.

6 commenti:

  1. Mi sa che siamo della stessa generazione.

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  2. Sono affascinato dal suo sistema di note e note delle note. Devo averlo già visto da qualche parte. :)

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  3. Sono di qualche annetto più vecchio, ma Pino Daniele fa parte della mia formazione. Unica critica al tuo articolo: sintetizzare le sue generalità con le iniziali PD non gli fa onore.

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    1. L'acronimo in effetti mi causò all'epoca non poche critiche...

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