La scorsa settimana i giornali riportavano l'ennesima esecuzione per condanna a morte negli Stati Uniti.
Mi terrorizza il potere che alcuni governi si arrogano, poter decidere di togliere la vita un essere umano per punirlo di un crimine, per quanto efferato possa essere l'atto da punire.
Ora ho anche capito da cosa derivi la mia viscerale avversione. Ma lascio la spiegazione al principe Myškin:
Uccidere per un'uccisione è una punizione incomparabilmente più grande dello stesso delitto. L'omicidio su sentenza è incomparabilmente più orribile dell'omicidio del delinquente. Chi viene ucciso dai briganti fino all'ultimo momento spera di salvarsi. Qui invece quest'ultima speranza, con la quale morire è dieci volte più leggero, la tolgono con certezza. Qui esiste una sentenza, e nel fatto che con certezza non sfuggirai sta tutto l'orribile tormento, e un tormento più forte al mondo non esiste. Chi ha detto che la natura umana è capace di sopportare questo senza impazzire? Perché un simile oltraggio mostruoso, non necessario, inutile?
FD, circa 1867.
La pena di morte è un omicidio al quadrato.
Ecco cosa mi contorce le budella.
Come ho già avuto modo di scrivere, il blog di Popinga mi ha sempre affascinato. A prima vista intimorisce: i titoli dei post hanno l’odore della biblioteca del nonno, scrolli con il mouse verso il basso per saggiare la lunghezza degli scritti e quasi ti si sloga un polso, getti uno sguardo alle illustrazioni e ti imbatti in incisioni settecentesche e seriosi ritratti ad olio. Poi ti dici, ok voglio proprio vedere a che punto può arrivare un blog, qual è il suo limite in pesantezza, e ti trovi inaspettatamente immerso in un vero e proprio vademecum della cultura scientifico-umanistica, una successione di avvincenti digressioni sulla storia della fisica, componimenti in versi frizzanti ed originali, recensioni di volumi tanto vetusti quanto imperdibili, excursus storici su questioni astronomiche ancora irrisolte, tutte questioni con una caratteristica in comune: prima non le conoscevi, ma da oggi non puoi assolutamente farne a meno.
Beh, alla fine è diventato uno dei miei blog di riferimento, quando c’è un nuovo post del Pop puoi star sicuro che l’argomento è di prim’ordine, ci si chiude in stanza e ci si concentra, c’è solo da imparare.
Allora mi sono detto, se quest’uomo ha scritto un libro, avrà concentrato nelle sue pagine la summa della sua tuttologia. E dopo un po’ di peripezie sui bookstore online, alla fine l’ho trovato (tranquillo, Pop, ho controllato, ora è di nuovo disponibile ovunque).
Io sono un tradizionalista, non riesco ancora ad abituarmi all’ebook, e un libricino con una c sola e ben rilegato mi dà ancora un gusto feticistico. Non sono rimasto per nulla deluso da questo "Giovanni Keplero aveva un gatto nero", sottotitolo Matematica e fisica in versi, edito da Scienza Express, che è condensato sia nella veste tipografica, tascabilissima come si addice ad un volumetto da portarsi dietro per un bel po’, sia nel contenuto: è piccolo e denso, come ogni libro che ha dichiaratamente vari livelli di lettura.
Ci si può soffermare all’inizio sulla regolarità e la piacevolezza della metrica, che oltre a dare un ritmo alla lettura (consigliabile declamare ad alta voce), dà anche una piacevolezza estetica alla pagina (se la guardi da una certa distanza c’è armonia nella disposizione delle macchie nere d’inchiostro sul foglio, caratteristica visibilissima nel fib, componimento in versi strutturato in base alla successione di Fibonacci).
Poi cominci a leggere e ci trovi l’Universo e Tutto Quanto: nei versi del Barozzi trovano comodo alloggio idrodinamica, costruzioni geometriche, mondi a due dimensioni, relatività, chimica, logaritmi, biografie, forze fondamentali, fisica quantistica, logica. Ovviamente, vista la limitatezza di noi umani, può capitare che in alcune pagine trovi un riconoscibile riferimento ad un noto teorema, in altre solo un richiamo ad un flebile ricordo scolastico, in altre ancora ti imbatti in concetti astrusi che riesci a malapena ad intuirne l’argomento e rimani con la sensazione di aver perso almeno un paio di livelli di lettura; ma l’accurata scelta della struttura metrica fa sì che la lettura sia sempre un godimento, anche se non si capisce un accidente del contenuto. Non si può mica essere tutti Popingidi...
La maniera migliore per descrivervi il menù è farvi assaggiare qualcosa.
Il limerick Sondaggio è ingegnoso: al suo interno nasconde la spiegazione di tutti i suoi livelli di lettura, in un autoreferenzialismo che trovo geniale.
Secondo i dati di una recente rilevazione,
Esistono al mondo 11 gruppi di persone:
01: Chi usa i numeri binari;
10: Chi non ha interessi ferroviari;
11: Tutti coloro che fan confusione.
Quest’altro limerick con aggiunta finale, Complessità, potrebbe risollevare le sorti del mio per ora patetico tentativo di scrivere alcuni post sull’argomento caos (non leggere per nessun motivo qui e qui), se non fosse che l’ha pensato e composto il Pop, e io già è tanto se riesco ad apprezzarlo:
Se un sistema fisico è molto complesso
è arduo prevedere che accadrà adesso.
Un'oscillazione in un pelo di cotica
può portare a una reazione caotica
e la digestione diventar insuccesso
(La pesantezza può durar delle ore,
fino al formarsi di un nuovo attrattore).
Con Antonio Meucci, spassoso clerihew, ci siamo divertiti parecchio con le bimbe, lo scorso fine settimana. La storia della rocambolesca registrazione del brevetto del telefono è ormai celeberrima e persino io sono riuscito a riassumerla alle piccole, in modo da far loro apprezzare ancora più questi versi che suonano come una gradevole filastrocca:
Antonio Meucci
morì per suoi crucci:
se la spassava in un motel
e ai Brevetti ci andò Bell.
Ok, che dire come finale, se non sottolineare di nuovo che di alcune poesie non ci ho capito assolutamente nulla, ma il bello è anche questo… mi toccherà approfondire e imparare per soddisfare la curiosità stuzzicata. E non è questo che chiediamo ad un buon libro?