Il Comitato Direttivo della EX.treme Ltd. si riunì il primo lunedì del mese come ormai faceva da trentacinque anni a questa parte e, come in ogni riunione di settembre, l'ordine del giorno prevedeva, tra l'altro, l'approvazione degli obiettivi per l'anno successivo e la discussione sulle strategie di vendita. Il lungo e stretto tavolo rettangolare era circondato da undici poltrone in pelle nera di cui solo una, quella con i braccioli e lo schienale alto, era collocata in corrispondenza di uno dei lati minori, posizione che un qualsiasi avventore esterno avrebbe riconosciuto senza troppe difficoltà come il Posto d'Onore. Come di consueto, i Membri Anziani del Comitato Direttivo al loro arrivo trovarono la poltrona bracciolata già riempita dalla figura sottile e dinoccolata del Presidente Esecutivo del Comitato Direttivo; a dire il vero sembrava sedesse lì da anni, impeccabilmente elegante nel suo consueto gessato blu e con l'abituale atteggiamento del capo leggermente ricurvo sul petto. Nonostante la temperatura esterna fosse ormai gradevolmente settembrina, l'impianto di condizionamento pompava aria a 16° a umidità stabilizzata, l'ideale per permettere a tutti i membri di rimanere all'interno dei completi su misura, come d'obbligo in presenza del PrEsCoDir.
Il Presidente era nato centootto autunni prima. Dai primi anni '90 la sua partecipazione alle riunioni del CoDir era diventata sempre più silenziosa; all'inizio il cambiamento era percepito dai Membri Anziani del CoDir come un gradevole smussamento di quegli spigoli di aggressività che sempre ne avevano contraddistinto gli interventi ed era stato accolto benevolmente; poi anche gli ultimi residui di brio e di grinta tipici dell'uomo di polso cedettero il posto a muti cenni di assenso o di diniego col capo nei momenti decisionali, di solito con il sostegno fattivo del Segretario di Direzione che, rimanendo all'impiedi, con un fazzoletto di organza recante le iniziali JLM, gli asciugava diligentemente il mento dalla bava biancastra che colava dalla bocca semiaperta. In un giorno di primavera, durante l'approvazione del Bilancio 1995, i Membri Anziani del CoDir si accorsero che né i cenni di assenso né lo scorrere di bava mutavano più l'immobilismo del suo volto; il robusto Segretario di Direzione, dopo aver constatato che il respiro non increspava più le labbra presidenziali e che le membra stavano cominciando a irrigidirsi, dopo un breve e sussurrato consulto con i Membri Anziani, pensò bene di continuare a sostenere il PrEs sulla sua poltrona bracciolata: entro la giornata si doveva approvare il Bilancio, la Borsa Valori avrebbe aperto da lì a poche ore e non si poteva rischiare la mancanza della Guida Suprema in un momento così delicato e improcrastinabile. L'alternativa, proceduralmente corretta, rappresentata dalla scelta di una nuova guida, avrebbe avuto conseguenze nefaste, tra le quali non ultima l'apertura di una guerra senza esclusione di colpi all'interno del Comitato, con sicure e irrecuperabili ripercussioni sulla già labile stabilità interna e sull'immagine che ne avrebbe avuto il mercato. La cosa parve funzionare, il PrEsCoDir rimase al suo posto in quella e nelle future decisioni delicate e improcrastinabili (momenti che, come potete immaginare, si susseguono senza soluzione di continuità nella vita aziendale, soprattutto in quella di una realtà dinamica come la EX.treme Ltd) e col suo Ruolo dava ufficialità a tutte le determinazioni. Da allora la sua presenza alle riunioni fu sempre silenziosa, ma sufficiente ad approvare le linee del CoDir, come del resto previsto dal Regolamento Ufficiale delle Riunioni del Comitato che i Membri Anziani del CoDir si erano affrettati a modificare, inserendo opportunamente il principio del silenzio-assenso tra il paragrafo dedicato all'orario estivo e le norme sui rimborsi carburante.
Durante i primi tempi si presentò il problema dell'odore: dapprima si decise, per silenzio-assenso, che all'interno della sala riunioni la temperatura dovesse conservarsi sempre a 10 gradi; dopo qualche giorno neanche questo accorgimento tampone fu sufficiente e il Comitato dovette affidarsi, con le solite procedure decisionali, a una squadra di esperti quanto discreti tassidermisti, i migliori su piazza. I risultati furono oltre le aspettative; in ogni caso gli imbalsamatori raccomandarono che la temperatura, per preservare i delicati colori naturali dell'incarnato del PrEsCoDir, non avrebbe mai dovuto superare i 18 gradi. I tessuti del Presidente risposero bene a queste cautele termiche che, coadiuvate da un'abbondante impiego di creme oleose di importazione, preservarono una parvenza di morbidezza epidermica che poteva essere facilmente scambiata per un piacevole indice di buona salute, considerata l'età anagrafica del PrEsCoDir.
Tutto filò liscio fino a quando uno dei Membri Anziani del CoDir fu vittima di un incidente automobilistico che lo obbligò a un lungo periodo di ospedalizzazione. Di regola in questi casi il Comitato avrebbe dovuto eleggere un Membro Temporaneo che lo sostituisse nelle sue deleghe, e fu subito chiaro che l'ingresso di un esterno, per di più temporaneo, in questa ormai consolidata procedura di governo aziendale avrebbe costituito un rischio non trascurabile.
Quel lunedì di settembre del 2013, oltre alle strategie di vendita e agli obiettivi 2014, all'ordine del giorno c'era proprio questa delicata questione.
Fu deliberato di procedere con trasparenza. Il Membro Temporaneo fu convocato e fu messo al corrente della situazione; questi, per il bene aziendale, comprese lo stato delle cose e accettò l'incarico senza troppe riserve, se non quella comprensibile di essere promosso a Membro Anziano. D'altronde la vita della EX.treme Ltd doveva andare avanti.
Tracce (ovvero memi captati, replicati, evoluti e poi rigurgitati dall'agglomerato temporaneo di molecole per praticità registrato all'anagrafe come unità con il nome) di Alessandro Aquilano, peraltro presidente del Club.
giovedì 14 novembre 2013
Il Capotavola
Carnevale della matematica #67
Sul Coniglio Mannaro, il blog di Spartaco Mencaroni, è stato appena pubblicato il Carnevale numero 67. Roba buona da gustare con calma. Buona lettura.
venerdì 1 novembre 2013
I say i' sto ccà (1)
Era il tempo degli stivaletti e delle Simca, dei contestatori che contestavano, della Democrazia Cristiana che democratizzava cristianamente il paese, di qualcuno che in periferia moriva di overdose e delle radio libere che mettevano alla prova un nuovo tipo di intrattenimento, fatto di musica e informazione di quartiere e che, tra la notizia di un'occupazione e un approfondimento junghiano, lanciavano nell'etere un miscuglio di songs d'oltremare e di melodie nostrane.
Fu allora che cominciò a circolare una voce tra noi preadolescenti impegnati negli ultimi anni di elementari: ascoltate il nuovo pezzo di quel cantautore napoletano, si diceva, un certo Pino Daniele mi pare, ma sì, quello che non si capisce che dice. Pare sia una vera bomba.
Già le musiche di PD avevano elementi a loro modo rivoluzionari: il funky/blues importato da oltre oceano arricchiva la struttura melodica con armonie sconosciute alla canzone d'autore italiana, che al contrario era tutta basata sui soliti quattro accordi maggiori/minori; i testi in dialetto napoletano ai limiti della comprensibilità anche per gli autoctoni sembravano fare a botte con quella voglia di internazionalizzazione che albergava nei provinciali musicisti di casa nostra, e se non li capivi, beh, fatti tuoi (2); gli arrangiamenti erano da urlo, i musicisti pezzi da novanta (3). Ma quel brano aveva qualcosa di più: se stavi bene attento, alla fine dell'ultima strofa ci trovavi una parolaccia. Una di quelle vere, incisa lì su vinile, pronta all'uso nella sua ufficialità. Mica roba da poco in quanto a rottura: un sonoro e stranamente comprensibilissimo nun ci scassat 'o cazzo.
Il patto che fu stretto tra di noi bimbetti era semplice e chiaro: tornare a casa, girare la manopola della radio fin quando non avessimo incontrato la canzonetta incriminata (non era difficile in quel bailamme in FM), chiamare la mamma (che con il papà poteva essere rischioso), farle ascoltare tutto senza annunciare il finale e vedere l'effetto che avrebbe avuto sulla sua indole reazionaria, il tutto provando, se possibile, a trattenere le risate. Era il massimo che si potesse concedere alla ribellione nella mia casa piccolo borghese di inizio anni ottanta. Uno iato generazionale in fieri.
Poi venne il tempo del liceo, dei paninari e di Drive In, e della prima chitarra che, nel mio immaginario, avrebbe dovuto dischiudermi i segreti della melodia e dell'acchiappo; e PD diventò per me quello dell'assolo flamencheggiante di Appocundria da tirare giù nota per nota ascoltando all'infinito la TDK con su registrato Nero a Metà.
Poi, come spesso accade, gli eventi portano a distrarsi e a rivolgere l'attenzione ad altri lidi, altre musiche, altri assoli. Del resto il grande Pino aveva più o meno dato il meglio in quegli anni e nei pochi successivi (4).
Rimane però uno dei pochi che a riascoltarlo mi fa sentire 'o fridd 'ncuoll.
E niente, questo vuole essere un omaggio.
NOTE
(1) Titolo di un brano di PD che, tradotto nelle lingue a noi più familiari, suona più o meno come "io sono proprio qui", o anche "I am in here". Vi dice qualcosa?
(4) Se non vi bastasse, sono pure tra quelli che credono che i musicisti esprimono il proprio meglio a livello creativo nei primi sette o otto anni di carriera (***). Alcuni in questi sette anni riescono a comprimere tredici tra i migliori dischi di sempre (Beatles), altri, meno apicali, ce ne infilano tre o quattro, e va bene anche così. Pino Daniele da Terra Mia a Bell'Ambriana ha fatto un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.
Subnote
(*) non credo ci siano gruppi di appartenenza di questo tipo, o comunque io non ne conosco, quindi potete considerare l'espressione un mero artificio retorico.
(**) la teoria dei gruppi di pensiero umani è sufficientemente flessibile da permettere l'appartenenza a più clubs.
(***) per gli scrittori è diverso, ma questa è un'altra storia.
Fu allora che cominciò a circolare una voce tra noi preadolescenti impegnati negli ultimi anni di elementari: ascoltate il nuovo pezzo di quel cantautore napoletano, si diceva, un certo Pino Daniele mi pare, ma sì, quello che non si capisce che dice. Pare sia una vera bomba.
Già le musiche di PD avevano elementi a loro modo rivoluzionari: il funky/blues importato da oltre oceano arricchiva la struttura melodica con armonie sconosciute alla canzone d'autore italiana, che al contrario era tutta basata sui soliti quattro accordi maggiori/minori; i testi in dialetto napoletano ai limiti della comprensibilità anche per gli autoctoni sembravano fare a botte con quella voglia di internazionalizzazione che albergava nei provinciali musicisti di casa nostra, e se non li capivi, beh, fatti tuoi (2); gli arrangiamenti erano da urlo, i musicisti pezzi da novanta (3). Ma quel brano aveva qualcosa di più: se stavi bene attento, alla fine dell'ultima strofa ci trovavi una parolaccia. Una di quelle vere, incisa lì su vinile, pronta all'uso nella sua ufficialità. Mica roba da poco in quanto a rottura: un sonoro e stranamente comprensibilissimo nun ci scassat 'o cazzo.
Il patto che fu stretto tra di noi bimbetti era semplice e chiaro: tornare a casa, girare la manopola della radio fin quando non avessimo incontrato la canzonetta incriminata (non era difficile in quel bailamme in FM), chiamare la mamma (che con il papà poteva essere rischioso), farle ascoltare tutto senza annunciare il finale e vedere l'effetto che avrebbe avuto sulla sua indole reazionaria, il tutto provando, se possibile, a trattenere le risate. Era il massimo che si potesse concedere alla ribellione nella mia casa piccolo borghese di inizio anni ottanta. Uno iato generazionale in fieri.
Un PD d'epoca dal vivo, je so pazz, su
alcuni browser non si vede, non so perché.
Poi venne il tempo del liceo, dei paninari e di Drive In, e della prima chitarra che, nel mio immaginario, avrebbe dovuto dischiudermi i segreti della melodia e dell'acchiappo; e PD diventò per me quello dell'assolo flamencheggiante di Appocundria da tirare giù nota per nota ascoltando all'infinito la TDK con su registrato Nero a Metà.
Poi, come spesso accade, gli eventi portano a distrarsi e a rivolgere l'attenzione ad altri lidi, altre musiche, altri assoli. Del resto il grande Pino aveva più o meno dato il meglio in quegli anni e nei pochi successivi (4).
Rimane però uno dei pochi che a riascoltarlo mi fa sentire 'o fridd 'ncuoll.
E niente, questo vuole essere un omaggio.
NOTE
(1) Titolo di un brano di PD che, tradotto nelle lingue a noi più familiari, suona più o meno come "io sono proprio qui", o anche "I am in here". Vi dice qualcosa?
(2) Sono tra quelli (*) che credono che i testi di Pino Daniele stiano lì non perché vogliano esprimere chissà quali immagini o concetti, ma solo perché sono sufficientemente musicali per andare bene con le melodie. Ritornelli facili da canticchiare, memi efficaci, niente di più.
(3) Sono anche tra quelli (**) che pensavano che dietro i dischi di PD ci fossero tutti i vari DePiscopo/Avitabile/Esposito/Senese di quella Swinging Naples di fine settanta/inizio ottanta, e che poi, grazie a wikipedia, si sono accorti che tra i Credits trovi al massimo Rino Zurzolo al basso.(4) Se non vi bastasse, sono pure tra quelli che credono che i musicisti esprimono il proprio meglio a livello creativo nei primi sette o otto anni di carriera (***). Alcuni in questi sette anni riescono a comprimere tredici tra i migliori dischi di sempre (Beatles), altri, meno apicali, ce ne infilano tre o quattro, e va bene anche così. Pino Daniele da Terra Mia a Bell'Ambriana ha fatto un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.
Subnote
(*) non credo ci siano gruppi di appartenenza di questo tipo, o comunque io non ne conosco, quindi potete considerare l'espressione un mero artificio retorico.
(**) la teoria dei gruppi di pensiero umani è sufficientemente flessibile da permettere l'appartenenza a più clubs.
(***) per gli scrittori è diverso, ma questa è un'altra storia.
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