Una serie di circostanze lavorative, non scevre da una oggettiva convenienza economica, hanno fatto sì che nelle ultime settimane io mi sia dotato di uno di quei moderni strumenti di comunicazione che qualcuno ha ironicamente battezzato, traducendo in maniera letterale dall'inglese, furbofoni.
Inutile elencare qui i mille vantaggi che un attrezzo del genere dà all'utente, sicuramente non indispensabili alla sopravvivenza ma ai quali è sin troppo facile abituarsi.
Nonostante le mie resistenze iniziali (confermate dal fatto che sono passati più di 6 anni dalla commercializzazione dei primi Iphone) il tempo di assuefazione è stato brevissimo: dopo due giorni già non avrei più potuto fare a meno della versatilità dell'oggetto e soprattutto della sensazione "tutto in uno" che un minimalista inveterato come me apprezza enormemente.
Di seguito una breve lista delle principali applicazioni da cui ormai mi sento dipendente:
- WhatsApp e Email, inutile approfondire,
- RomaBus, ti consente di conoscere il tempo di attesa dei bus, indispensabile per un viaggiatore metropolitano che si rispetti, dà l'innegabile vantaggio di poter pianificare percorsi alternativi,
- IlMeteo, più o meno come sopra, aiuta anche con l'abbigliamento (vedi apposito manuale di sopravvivenza),
- Kindle (App di lettura), consente di riempire gli spazi vuoti della vita (attesa all'ufficio postale o brevi tratti su mezzi pubblici in caso non abbiate il vostro fidato libro con voi) leggendo brani della vostra libreria personale. Ottimo anche per leggere in formato "libro" i testi provenienti da web (pdf o post da blog) inviati alla vostra libreria tramite applicazione Push To Kindle di Google Chrome (raccomandatissima). La funzionalità Ebook di un qualsiasi furbofono manda direttamente in pensione i vecchi lettori Kindle "fisici" (non avrei mai pensato di dover usare due aggettivi del genere -vecchio e fisico- per un aggeggio supertecnologico uscito da appena qualche anno e che per me costituiva fino a l'altro ieri il massimo della virtualità, vedi apposito panegirico). I vantaggi della versatilità e del "sempre con te" propri dello smartphone surclassano quello dello schermo non retroilluminato del Kindle,
- Radio FM, ha completamente sostituito la mia fidata radiolina per l'ascolto del TG mattutino, ha una ricezione dieci volte migliore,
- Twitter, sempre connessi al mondo che ti interessa,
- Ruzzle e QuizCross, anche i tacchini giocano,
- Fotocamera e Video, manco a parlarne.
Ci sentiamo tra qualche mese con un altro aggiornatissimo post sulle novità tecnologiche. (un'anteprima sul frullatore ad immersione potrebbe essere un'idea).
Questo mese il Carnevale è ospitato da Maddmaths!. Si parla di tempo. Al momento non mi vengono in mente argomenti più pressanti e attuali.
L'umile Tacchino partecipa con il post sullo spaziotempo e le sue unità di misura.
Buona lettura.
Considero la platea del Taccuino (il solito paio di lettori al lordo di mia cugina) sufficientemente raffinata per avere quanto meno un'idea grossolana delle implicazioni della teoria einsteiniana della Relatività Ristretta sulla misura del tempo e dei "paradossi temporali" (1) ad essa connessi. Spargerò comunque dei link qua e là per chi volesse approfondire (2).
La teoria della RR ha introdotto, tra l'altro, il concetto di spaziotempo: l'universo avrebbe una struttura quadridimensionale, con tre dimensioni spaziali e una temporale. Si stabilisce un'equivalenza tra spazio e tempo a livello fondamentale (ognuna delle quattro dimensioni è una coordinata spaziotemporale di un evento), con alcune conseguenze dirette che paiono a prima vista quantomeno strambe.
Tutti prima o poi si imbattono in una qualche versione del paradosso dei gemelli: presi due gemelli, quello che viaggia nello spazio per lungo tempo a velocità sufficientemente elevate, al suo ritorno si ritroverebbe molto più giovane dell'altro, rimasto ad attenderlo sulla Terra; il tempo per il viaggiatore spaziale scorrerebbe quindi in maniera rallentata rispetto agli standard terrestri.
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Piuttosto bizzarro, non trovate? |
Durante una delle mie solite sgambate mattutine che spaccio per allenamenti, ascoltando un podcast (che trovate qui), mi sono imbattuto in quello che mi è parso un succoso esempio per capire le grandezze in gioco: qualche anno fa un giornalista chiese all'astrofisico Richard Gott:
"mi scusi, signore con la giacca turchese, se è vero che il tempo è in qualche modo assimilabile allo spazio, e se è vero che viaggiamo così facilmente attraverso lo spazio, come mai non riusciamo a viaggiare allo stesso modo attraverso il tempo?". La risposta del bizzarro scienziato fu fulminante quanto sibillina: "il problema è che viaggiamo troppo poco anche attraverso lo spazio".
Proviamo a capirci qualcosa, e diamo qualche dato su quelli che riteniamo i nostri mirabolanti viaggi spaziali: ad oggi la più lunga distanza che un uomo abbia mai coperto credo sia il viaggio verso la Luna. Circa 384.400 Km, se ci ostiniamo ad utilizzare questa unità di misura così strettamente legata al nostro limitato punto di vista terrestre. Se preferissimo invece un'unità di misura più "assoluta", indipendente dal sistema di riferimento utilizzato, le cose cambierebbero. In fisica si utilizza in questi casi una costante che fa al caso nostro: la velocità della luce nel vuoto, pari a circa 300.000 Km/sec. La distanza della Luna, misurata in questi termini, diventa di appena 1,3 secondi luce. Capirete, con tutta la nostra tecnologia (la Ferrari, il Concorde, il Freccia Rossa, lo Shuttle) al massimo siamo riusciti a portare in giro esseri umani per distanze nell'ordine del secondo luce.
Passiamo ai nostri viaggi temporali: Sergei Krikalev è l'uomo che attualmente detiene il record di permanenza in orbita, con oltre 800 giorni. E' stato calcolato (anche dal sottoscritto, vedi successiva nota 3) che, cumulando le distanze percorse nelle sue missioni a velocità orbitali (la stazione spaziale sulla quale ha trascorso il suo tempo sfreccia a circa 7,7 Km al secondo, oppure 27.500 Km all'ora se preferite lo standard automobilistico), e considerata la storia dei gemelli e la teoria einsteiniana, abbia viaggiato nel futuro per circa 0,02 secondi totali (3).
Ricapitolando: 1,3 secondi del primo esempio e 0,02 secondi del secondo esempio. Si tratta di numeri del tutto comparabili, non trovate? Nemmeno due ordini di grandezza di differenza. Viaggiamo già attraverso il tempo in maniera più o meno coerente con quanto facciamo attraverso lo spazio. Il problema è che viaggiamo troppo poco attraverso lo spazio. Tutto qua.
La coerenza delle distanze nello spaziotempo diventa, se considerata da questa angolazione, una mera questione di unità di misura: basta adottare quella giusta, una unità assoluta, standardizzabile in maniera indipendente dalla nostra dimensione umana, che tutto diventa più coerente, più misurabile, e anche lo spaziotempo ai miei occhi sembra più comprensibile.
Sicuramente sto semplificando, forse mi sfugge qualcosa, ma questo livello di complessità è il massimo che un pennuto come il sottoscritto possa permettersi.
Note
(1) Le virgolette sono d'obbligo: non si tratta di veri e propri paradossi ma di esempi teorici con conseguenze lontane dal senso comune anche se del tutto coerenti con la teoria.
(2) Non si senta offeso nessun fisico relativistico che per malaugurato caso si imbattesse in queste umili pagine.
(3) (aggiunta in un momento successivo alla prima pubblicazione
del post.) Su richiesta di un solerte lettore ho approfondito la questione del
calcolo dello spostamento nel tempo di un sistema “viaggiante” (nel nostro
esempio, l’astronauta) rispetto a un altro “fermo “ di riferimento (un uomo sulla Terra). Con mia meraviglia ho scoperto che il calcolo è piuttosto
semplice, a conferma dell’estrema eleganza della teoria. Quindi è con grande piacere che vi propongo la RICETTA PER CALCOLARE QUANTO SI VIAGGIA NEL TEMPO: si prende
il tempo trascorso sul sistema viaggiante e lo si divide per la radice quadrata
di uno meno il rapporto tra la velocità del sistema viaggiante al quadrato
diviso la velocità della luce al quadrato. Quello che ottenete è il tempo
trascorso per il sistema “fermo”. A questo punto sottraete il tempo del sistema
viaggiante e il gioco è fatto. Ho fatto la prova con l’esempio dell’astronauta
e dei 0,02 secondi, mi torna alla perfezione. Ho pure urlato Eureka, spero mia
moglie non abbia sentito.
Il vero Viaggiatore Metropolitano si riconosce da come si muove, da quello che dice o meglio non dice, dai tragitti che predilige. Ma anche da come si veste.
L'abbigliamento è la caratteristica più evidente tra quelle che denotano un pendolare metropolitano scafato e tosto distinguendolo dai semplici U.O.M.P. (Utilizzatori Occasionali di Mezzi Pubblici). In un torrido pomeriggio di luglio o in una gelida sera di gennaio, indossare il capo giusto fa la differenza tra una serena passeggiata nell'intestino tenue della città e una vera e propria discesa agli inferi.
E' per questo che voglio mettere la mia ultradecennale esperienza al vostro servizio e offrirvi alcuni riferimenti (più precisamente: tre regole, quattro premesse, cinque casi pratici e due postille) per diventare anche voi Viaggiatori Originali Metropolitani Indubbiamente Tosti e Inossidabili (V.O.M.I.T.I.).
Regola Uno: controllate sempre di persona la temperatura esterna. Io ho montato un termometro fuori alla finestra della cucina, lo consulto ogni mattina, subito dopo aver acceso sotto al caffè. Non fidatevi MAI di quello che leggete sui siti del meteo, che ascoltate al TG o che vi annuncia al telefono vostra suocera: esagerano sempre: aggiungere tre gradi d'estate e toglierne tre d'inverno fa notizia e desta interesse. Ma è da U.O.M.P.
Regola Due: in caso di pioggia evitate in ogni modo gli ombrelli pieghevoli. Se piove poco sono inutili e tranquillamente rimpiazzabili da un cappuccio o un cappello, se piove parecchio riparano a malapena il cranio e al minimo refolo di vento si accartocciano. Se si prevede pioggia (in questo caso, ma solo in questo, un'occhiata ai siti del meteo non fa male) meglio un ombrello classico: ci sarà un motivo se ha lo stesso design da svariati secoli senza soffrire di obsolescenza.
Regola Tre: vestitevi sempre come se ci fossero almeno 7° o 8° più di quanto indica il termometro della Regola Uno. Il perché è spiegato in dettaglio nei seguenti Casi Pratici.
Premesse alla trattazione dei casi pratici:
- Per la trattazione dei casi che seguono si considererà la temperatura t rilevata alle 7.30 di mattina, ora standard di preparazione caffè di un pendolare metropolitano medio.
- Nei casi si tratterà solo degli indumenti di copertura della parte alta del corpo (dalla cintola in su). Per la parte bassa fate come vi pare: a meno che non siate tipi da pantalone di velluto a coste e stivali Timberland da boscaiolo in pieno Agosto, non è facile commettere errori grossolani.
- Mi rendo conto che i casi sono un po' troppo incentrati su capi maschili. Perdonate l'apparente androcentrismo dovuto con tutta probabilità al fatto che sono uomo, e provate ad adattare le regole ai capi femminili. Non dovrebbe essere così difficile trovare le equivalenze adatte.
- Nell'analisi dei casi, si tenga sempre presente che il corpo umano produce all'incirca 100 Watt di calore in maniera continua, anche a riposo. Si consideri inoltre che il vagone della metro o il bus che vi accingete a prendere questa mattina (se avete controllato t alle 7,30 si presuppone che, come ogni pendolare medio, anche voi viaggerete all'ora di punta) conterrà almeno 100 corpi, che fanno un bel radiatore da 10 KW sempre acceso, d'estate e d'inverno.
Casi pratici
Caso t>20°: la T-shirt (o qualcosa che le si avvicini molto, tipo abitini leggerissimi svolazzanti per le pupe o canotte per i bulli) è l'unico capo di abbigliamento permesso per la zona dalla cintola in su. In caso contrario preparatevi a sopportare le pene dell'inferno. Se ricordate la ancora premessa 4, vi renderete facilmente conto che qualsiasi cosa oltre la maglietta è di troppo. Non contate sul supporto di aria condizionata o finestrini, sarebbe come precipitare da sessanta metri d'altezza facendo affidamento sulla suola ammortizzante delle vostre Nike. Se avete, come me, problemi di etichetta (fate un lavoro in cui è necessario indossare una divisa, sia essa una tuta da operaio o un completo con giacca e cravatta) organizzatevi: lasciate tutto quello che potete in ufficio o in fabbrica, cambiatevi lì appena arrivate e spogliatevi prima di andare via. Ne va della vostra sopravvivenza.
Caso 12°<t<20°: T-shirt + camicia. Tranquilli. Ricordatevi del termosifone da 10 KW sempre acceso e aggiungeteci che appena t va sotto ai 20° ci sarà la gara a chiudere ermeticamente finestrini e oblò per paura degli spifferi e dei colpi di freddo sempre in agguato. Se vi state chiedendo se soffrirete il freddo durante i pochi minuti di attesa alle fermate esterne, sappiate che tre minuti di leggero fastidio valgono bene la salvezza dalla sofferenza una volta a bordo. Per quanto riguarda i tragitti a piedi, tenere un passo veloce vi terrà caldi a sufficienza per resistere anche alle temperature minime del caso in questione.
Caso 7°<t<12°: T-shirt + camicia + giacca light (intendo giacca dell'abito o giubbino sfoderato, dimenticate roba imbottita o pelosa). Per le motivazioni si riporta al caso precedente.
Caso 1°<t<7°: Avete il permesso di aggiungere all'abbigliamento del caso precedente un gilet di lana o sostituire la giacca light con qualcosa di più consistente, tipo giacca a vento leggera. Sono inoltre ammessi guanti, sciarpa e cappello, soprattutto per chi, come il vostro V.O.M.I.T.I. con la tessera numero Uno, soffre di canizie precoce ed espone la glabrità del proprio cranio alle intemperie. In nessun caso voglio vedervi con piumini trapuntati tipo omino michelin o parka con cappucci in pelo di marmotta che farebbero sudare un esquimese. Dovreste vergognarvi solo per averci pensato. Guardate sempre con disprezzo chi indossa capi antartici: sicuramente non vi trovate di fronte a veri V.O.M.I.T.I.
Caso t<1°: difficile che questo caso si presenti nelle zone temperate che fanno da ecosistema alla maggior parte degli attuali lettori di questo blog; sono tuttavia consapevole delle potenzialità di espansione verso ogni latitudine della mia platea; pertanto sappiate, voi aspiranti V.O.M.I.T.I. delle regioni fredde, che sono permessi piumini corti non troppo imbottiti, da indossare rigorosamente sull'accoppiata standard T-shirt e camicia, senza strati intermedi.
E ricordate: la dignità prima di tutto.
Postille
Postilla ai casi pratici: se c'è qualche pignoletto che mi scrive che non ho affrontato il caso t=20° (o t=12°, o t=7°, o t=1°) giuro che mi metto a gridare come una pazza.
Postilla generale: avete appena finito di leggere il Capitolo Uno delle Regole di sopravvivenza per viaggiatori metropolitani. Per quanto riguarda il Capitolo Due, non ci contate troppo: se viene viene, se no, fatevene una ragione.