E' a quel punto che di solito mi chiedo: ma come fate a sapere per cosa siete nati? Come riuscire a capire se la scelta che fareste dipende da inclinazioni personali separate dai vincoli materiali? Tradotto: non vale dire preferisco la città perché sono vicino al lavoro, o perché la mia famiglia è qui, e le scuole, i cinema, i teatri e tutto il resto, oppure preferisco la campagna perché di mestiere scrivo biografie e non voglio essere distratto dai clacson; io voglio analizzare i vostri desideri reali, le vostre inclinazioni autentiche, il vostro "io" più profondo. Mica sto qui a infilare collanine.
Qualche giorno fa parlavo di queste e altre sciocchezzuole con tre amici e ho tirato fuori quella vecchia questione degli esperimenti che Federico II metteva in pratica con l'intento di individuare quale fosse il linguaggio naturale dell'uomo: il buontempone sceglieva a caso tra i suoi sudditi alcuni neonati e li rinchiudeva in una prigione completamente isolata dal mondo, concedendo loro solo sostentamento materiale (cibo e acqua) e impedendo in maniera categorica a chi si occupava dei piccoli di fornire loro stimoli affettivi, parole, contatti, sguardi, persino semplici gesti. L'intento del bravo sovrano era capire che linguaggio avrebbero sviluppato spontaneamente quei pargoli, una volta eliminati tutti i vincoli culturali e le influenze esterne. Scoprire una volta per tutte qual'è la preferenza linguistica dell'umanità, l'idioma innato. Bell'obiettivo. Peccato che quei bimbi, essendo esseri sociali, non svilupparono alcun linguaggio naturale, e non ebbero nemmeno il tempo di porsi il problema, visto che si lasciarono morire di tristezza entro poche settimane.
Vogliamo sapere quali sono le nostre preferenze reali? Vogliamo scoprire una volta per tutte cosa sceglierebbe ogni elemento di questo consesso di quattro uomini se posto di fronte al dilemma città-o-campagna? Urge un esperimento, ho esclamato. E per fare un esperimento serve una cavia.
Tipica figlia di vent'anni che, interpellata, si accinge a un'educata risposta. |
Non avendo a portata di mano alcun volontario adulto, e vista l'esperienza fatta otto secoli fa dallo Svevo, mi sono affrettato a escludere dalle ipotesi anche i minori che avevo a disposizione (oltretutto sarebbe quanto meno tardivo isolare le mie figlie per una quindicina d'anni e poi piombare nella loro cameretta, fare slalom tra gli escrementi e chiedere vi-piace-più-la-città-o-la-campagna, come minimo mi beccherei un verdoniano "a stronzo, punto esclamativo").
A quel punto non mi rimaneva che utilizzare un soggetto probabilmente meno gradevole esteticamente rispetto a una cavia ma che se non altro ritengo sufficientemente duttile e gestibile: me stesso.
Il quesito da sbrogliare era: qual è il paesaggio con cui vorrei incorniciare le mie giornate, al netto dei vincoli di cui sopra? Strade e palazzi o campi e mulattiere? Dove punta la mia più profonda indole, il mio puro senso estetico, il mio "io" reale?
Cavie. Che carine. |
(Nota intertestuale: una situazione di totale libertà di scelta il soggetto ce l'avrebbe anche nelle rare serate libere dedicate al cazzeggio, ma in quei casi decide di esprimere la propria libertà costringendola in angusti limiti, come a dire il massimo della
libertà di scelta è scegliere di non scegliere: solito locale, solito tavolo, solita consumazione).
Il soggetto di cui sopra, dicevamo, ha un ventaglio ampio di alternative da cui attingere quando esce per correre, e piena libertà di elezione: dalla campagna più impervia, alla prima periferia, al centro urbano più sfacciato; dal paesaggio silvestre di Villa Ada, con sentieri sterrati e celati che farebbero perdere l'orientamento a un boy scout; alla ginnica e modaiola Villa Pamphili, con i suoi percorsi misurati e gli spogliatoi; alla borghese Villa Borghese, ricamata da ampi viali costeggiati da statue marmoree; alla pista ciclabile del lungotevere nord, regolare e veloce; a quella del lungotevere sud, un po' più urbana e con tratti da media periferia; fino al percorso interamente urbano e turistico "der centro de roma". È in questo caso che la libertà
di scelta è piena di esprimersi verso le proprie inclinazioni.
E che ti combina il soggetto? Svincolato da lacci e lacciuoli ti snocciola un tragitto che tocca Piazza del Popolo, Via del Corso, Piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, Circo Massimo, Lungotevere dei Tebaldi, San Pietro. Non so se mi spiego: il massimo dell'espressione metropolitana. Il massimo del caos (pur stemperato dal fatto che sono le sette di mattina di domenica). Con buona pace del percorso natura.
Ecco perché sono un cittadino.
E che ti combina il soggetto? Svincolato da lacci e lacciuoli ti snocciola un tragitto che tocca Piazza del Popolo, Via del Corso, Piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, Circo Massimo, Lungotevere dei Tebaldi, San Pietro. Non so se mi spiego: il massimo dell'espressione metropolitana. Il massimo del caos (pur stemperato dal fatto che sono le sette di mattina di domenica). Con buona pace del percorso natura.
Ecco perché sono un cittadino.
Mi sembra un esperimento abbastanza coerente. Io andavo sempre a villa Ada. A te la diagnosi.
RispondiEliminaAzzardo un'ipotesi: il soggetto ha assoluto bisogno di creare delle condizioni che gli consentano di assumere l'atteggiamento meditabondo che tanto glisi confà, ed è per questo che corre la mattina (immagino che il presente post sia stato interamente concepito, e quasi scritto, durante la corsa) se corresse nel Suo Vero Mondo forse sarebbe più incline ad aprirsi a quello, a guardare all'esterno. L'esperimento quindi, ancorché riuscito, lo si potrebbe definire del tutto fallito, in quanto è ipotizzabile che più che dalla sua vera natura il soggetto fosse spinto dal bisogno di cogitabondo isolamento a scegliere il percorso meno interessante.
RispondiEliminaVabbè, mentre voi giudicate l'esperimento e le supposte propensioni di primo e secondo grado del sottoscritto, io ne ho approfittato per sostituire la sciatica di Michele con una scusa più originale.
RispondiEliminaMmmm.. autoreferenzialità!
EliminaE comunque gliel'ho già detto, questa roba che lei può scrivere A, lasciare che i numerosi lettori commentino A e poi sostituire A con B, e con questo porre il commentatore nella condizione di colui che ha commentato qualcosa di potenzialmente inesistente, mi sembra quantomeno immorale.
EliminaBah, non mi pareva che i vostri commenti vertessero sulla sciatica di Michele, altrimenti mi sarei ben guardato dal togliervi il terreno da sotto i piedi. Ho dei principi io, pur nella mia onnipotenza di blogger.
RispondiEliminaUno fa un discorso in generale e lei mi entra nel particolare. Certi poteri non si dovrebbero avere, e basta.
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