mercoledì 24 agosto 2011

Baia placida

Se Dio vivesse da queste parti passerebbe i suoi momenti liberi su un materassino alla deriva in una baia placida, a remare mollemente con le braccia per esporsi meglio alle lievi increspature.
Ma io non l'ho visto.

PS: continuate a rispondere al sondaggio, non vorrete mancare nel computo degli eletti, vero?

lunedì 22 agosto 2011

Sondaggio: Tacchini in vacanza

Cari tacchini, ormai siete millanta, quindi rappresentativi come campione per un sondaggio. Sarà anche un modo per contarci, ma mi raccomando, non vi accalcate che il server di splinder non è solido come quello del popolo delle libertà.
Come molti, anch'io in vacanza leggo. A dire il vero lo faccio un po' tutto l'anno, il mio luogo preferito è la metropolitana, e confesso che stare con gli occhi chini sul libro è anche un ottima tecnica per evitare inutili convenevoli con il collega  incontrato casualmente. La vacanza è comunque un ottimo momento per attaccare il mattone che non abbiamo osato affrontare d'inverno. Io come al solito lavoro per voi e, cercando di approfondire, anche se con scarsi risultati, quei problemini riguardanti il caos che prima o poi cercherò di propinarvi, sto leggendo "Dio gioca a dadi?" di Ian Stewart. Al momento sono finito in un vicolo cieco, perso tra una selva di attrattori strani e una palude di equazioni differenziali, ma conto di venirne fuori in maniera viscida, saltando a piè pari tutto ciò che non capisco. Oltre a questa solenne rottura di palle sto leggendo insieme a mia figlia il primo tomo della saga di Harry Potter, che al contrario è piacevole e appassionante. Infine sto provando a far sopravvivere una tradizione nata nel corso delle passate villeggiature con il mio amico tesoriere: mi sono posto l'obiettivo di portare a termine tutte le settimane enigmistiche che vengono pubblicate durante le ferie.
Ma ora tocca a voi: che cosa state leggendo? Vi siete appassionati al classico noir o risolvete cruciverba? Vi stuzzica più il gossip o l'informazione politica? La letteratura russa o il teatro inglese? Avete tirato fuori un vecchio Lando Treppalle o vi accontentate di questo blog? Chiedo a tutti di rispondere, anche a te che leggi le mie corbellerie con silenziosa disapprovazione o con superiore distacco. Se siete gelosi delle vostre scelte letterarie rispondete perlomeno "presente" seguito da una firma o un acronimo. Avete tempo fino a tutto settembre. La partita serale a machiavelli mi aspetta, statemibbene.

sabato 20 agosto 2011

Toccata e fuga in sol leone

Breve rientro tattico in città. Sarà perchè da non romano di nascita questa città l'ho scelta intenzionalmente, ma tornare a Roma mi piace sempre. Svoltare per il raccordo mi da un brivido di piacere. Imbattermi nell'ultimo cantiere sull'olimpica mi esalta. Sentire per strada di nuovo l'idioma di albertone mi rende felice.
Se vedémio, pupi.

giovedì 11 agosto 2011

Nè vecchi nè giovani, solo fantasmi

Vacanze, giornate calde e alacre organizzazione per il pranzo. Una volta si chiamava villeggiatura, chissà come mai. La capatina al supermercato è d'obbligo anche qui, il consumo di beni di prima necessità non rallenta nemmeno in vacanza, proprio stamattina alla radio l'economista di turno da Londra dava il consueto e banale consiglio: "se volete investire sul sicuro buttatevi sulla grande distribuzione", ecciaveva ragione, che sto cazzo di supermercato è sempre pieno. Ma alla fine mi piace venirci e frugare nelle corsie multicolori: cercare le cose che mi sfruguliano di più avendo un po' di grano da spendere mi dà ancora parecchia soddisfazione, soprattutto quando ho un certo appetito. E poi il supermercato è un eccezionale campionario di varia umanità: l'obbligo di nutrirsi non ha gerarchie, tutti devono mangiare, bianchi e neri, ricchi e poveri, fabbri e consulenti, superdotati e normo...; si diceva tempo fa con qualcuno che, volenti o nolenti, siamo circondati dalle persone che ci scegliamo e che appartengono alla nostra stessa cerchia sociale: stessa età, stesso reddito medio, stesso livello di studi, stessi interessi o, più semplicemente, figli della stessa età. Ma al supermercato per fortuna ci si mischia, è un buon modo per darci un pizzicotto e dire a noi stessi, svegliati, guarda che non ci sono solo silvana e giorgio in giro.
Comunque.
Solita fila alla cassa, solita signora un po' sovrappeso che intraprende un personale percorso verso il tracollo triglicerico bramando con ingordigia il proprio carrello colmo di merendine tre per due e thé alla pesca, una figlia sui cinque anni alle prese con un kinder e l'altro sugli otto di ritorno da una scorribanda nella corsia dei biscotti. Che con un sorriso che gli lambisce le orecchie dice "ma', ho messo a posto due pacchi di biscotti che erano caduti!". E la madre "ché, li hai fatti cadere tu?" pronta per un ceffone al figlio colpevole di aver attentato con la sua sbadataggine alla rispettabiltà della famiglia. "No, replica candido il figlio, erano a terra e li ho messi a posto". E qui il capolavoro: "hai fatto male, la prossima volta fatti i fatti tuoi". Eccezionale esempio di menefreghismo italico misto ad un atteggiamento tipo "non vorrai che si dica che i D'Addazio sono fessi e fanno le cose aggratis". Un timido tentativo della nuova generazione che, vuoi per un senso civico che si cerca di inculcare dalle scuole, vuoi per i messaggi ecocompatibili dei media, cerca di alzare la testa dal fatti i cazzi tuoi imperante, subito annichilito dal colpo di coda della vecchia generazione ignorante che non si decide a morire. Ma la mia fiducia nei giovani è inossidabile, sono sicuro che l'unica risposta a corruzione o questione morale, monnezza a Napoli o inquinamento, bestialità e povertà culturale sono loro, i ragazzini che crescono con la raccolta differenziata, con le buste di carta riciclabili, che sanno che la cacca del cane si raccoglie e che la gomma non si sputa per terra. E quando la coriacea vecchia generazione morirà si porterà dietro anche il berlusconismo, che Berlusconi spero finisca parecchio prima. Ah, dimenticavo, e la mia, di generazione? Questi mezzeseghe di mezz'etá affossati dal precariato e abbarbicati alla pensione dei genitori, troppo giovani per aspirare alle sedie occupate dalla attuale gerontocrazia e troppo vecchi per la futura e pacifica rivoluzione? Nulla, solo un passaggio, invisibile quanto indispensabile. Buone vacanze, fantasmi.

sabato 6 agosto 2011

Caos #2 - Secondo Prologo: del come spesso in Italia non si fa buona divulgazione scientifica

Prima di addentrarmi nella presentazione della teoria del caos, o di quello che ci ho capito, vorrei allungare ancora un po’ la brodaglia e approfondire alcuni aspetti che ritengo fondamentali e che riguardano due modi opposti di fare divulgazione scientifica.
Dicevo qualche post fa che mi era stata consigliata caldamente la lettura di Formicai, imperi, cervelli, un noto saggio di Alberto Gandolfi che parla di caos e complessità. Ho purtroppo dovuto constatare che i miei pregiudizi sugli studiosi che in Italia si occupano di divulgazione scientifica erano fondati. Di solito non leggo mai la letteratura scientifica (parlo sempre di pubblicazioni divulgative) italiana, preferisco sempre i saggi anglosassoni, sia perché sono di prima mano (di solito la saggistica italiana segue a ruota i best seller anglofoni, vedi la rinascita darwiniana, la moda di Gödel, o quella dei numeri primi), sia perché l'approccio è sicuramente più onesto.
Ma andiamo con ordine.
Farò un elenco delle cose che non mi sono piaciute del libro di Gandolfi, prendendolo ad esempio di buona parte della recente letteratura divulgativa scientifica italiana, ma un qualsiasi testo di Oddifreddi sarebbe andato bene (non ho avuto modo di leggere Amedeo Balbi, ma seguo con molto interesse i suoi blog e ho l'impressione che potrei essere smentito dai suoi scritti). Nel corso della (noiosa) trattazione che segue a volte il libro verrà messo a confronto con "Caos", un best seller americano scritto da James Gleick e più volte citato da Gandolfi come la naturale pietra di paragone del suo saggio per la parte dedicata alla teoria del caos.

Difetti di Formicai, imperi, cervelli:
- Innanzitutto già dalle prime pagine si parte con un attacco un po' scontato e molto superficiale al cosiddetto riduzionismo nella scienza, ossia l'approccio in base al quale per conoscere un fenomeno è necessario conoscerne le parti che lo compongono. In questo modo non si rende piena giustizia al riduzionismo, ed un approccio scientifico intero viene ridotto ad una affermazione banale e facile da smontare. In base all'approccio riduzionistico conoscere realmente le parti che compongono un fenomeno include la conoscenza anche delle relazioni tra di loro. Marvin Minsky, il pioniere dell'intelligenza artificiale che viene citato a pag 51, viene presentato come un oppositore al riduzionismo, quando a mio parere è un riduzionista puro, solo che lo è in senso completo, non banale. Con ciò non voglio comunque alimentare una faida tra olismo e riduzionismo che è ormai anacronistica e completamente fuori luogo.
- a pag 70 si presenta il meccanismo fondamentale del caos e il celebre modello di Lorenz in maniera quantomeno fuorviante. In poche parole si mostra come spesso gli algoritmi alla base di molti fenomeni fisici e naturali sono non-lineari, pertanto a piccole variazioni dell’input corrispondono enormi e difficilmente prevedibili variazioni dell’output. Alla prima lettura mi sono detto, beh, mi pare normale che il risultato cambi se la differenza nell'input è dello 0,2%, non mi pare una differenza trascurabile. E mi era sfuggito il fulcro del caos, il fatto che il risultato non cambia solo perche cambia l'input dello 0,2%, ma in una zona di caos cambierebbe anche con 0,00000000000000000000000001% e di un valore difficilmente determinabile con precisione in anticipo. Questo meccanismo mi è risultato chiaro solo dopo aver letto il libro anch'esso divulgativo ma di ben altro spessore di Gleick e dopo aver smanettato con la mappa logistica (vedi il futuro post Caos #3, che se continuo di questo passo maturerà insieme alle castagne).
- si ripete più volte che i modelli del caos sono non deterministici. Ma non è cosi, sono deterministici nel senso che rispondono a regole ben precise, solo che non seguono un andamento lineare nei risultati, e pertanto sono difficilmente prevedibili. Il punto non è l'indeterminismo ma la non linearità, che è ben altro concetto.
- in parecchi punti del libro si parla di caos come sinonimo di caso, ma non ci azzecca proprio niente. Il caos di cui parla chi se ne occupa seriamente è un caos a suo modo ordinato, forse difficile da prevedere, ma per nulla casuale. E’ vero che il libro di Gandolfi è incentrato più che altro sulla complessità, ma scivoloni di questa portata sulla questione del caos, strettamente collegato alla complessità, sono imperdonabili.
- a pag 80  e poi a pag 222 si parla di evoluzione, e si dice che le mutazioni selezionate si accumulano del genotipo senza manifestarsi nel fenotipo. Si dice che nel percorso evolutivo spesso (spesso? E quando?) a livello fenotipico non succede nulla per lunghi periodi, ma sotto la cenere, a livello genotipico la spinta evolutiva si muove, è in fermento. Ma come fanno ad essere selezionate queste mutazioni, queste spinte, se non si manifestano nel fenotipo? La base della teoria dell'evoluzione è proprio questa: la selezione avviene a livello fenotipico, nell'incontro tra organismo e ambiente, altrimenti che ti selezioni? Anche questa mi pare un’affermazione quantomeno superficiale.
- continuo: a pag 90 si dice testualmente: "non bisogna aver studiato fisica quantistica per capire che il cervello è ad un livello più alto di un programma per computer". Se c'è una cosa di cui ho imparato a dubitare sono queste frasi retoriche del cazzo. Che significa non bisogna aver studiato…? Che non sai spiegarmi quello che hai affermato e quindi speri che io lo intuisca o me ne convinca da solo? È una cosa talmente naturale che non ha bisogno di spiegazioni? Se la scienza avesse proceduto con passi come questo non sarebbe andata molto lontano. La scienza è andata avanti a forza di esperimenti che hanno ribaltato ciò che sembrava ovvio, e di paradossi apparenti che poi non si sono rivelati tali. A parte l'inopportunità della frase retorica in un testo che pretende di avere un minimo di credibilità, non trovo così scontato che il cervello sia ad un livello diverso rispetto ad un programma di computer; probabilmente, anzi sicuramente è molto più complicato di un programma di computer ma ad un livello diverso significa che ha all'interno un intero sistema di complessitá in più, come il rapporto tra un organismo completo e una sua singola cellula. E non mi pare per ora dimostrato.
- ma la cosa che mi fa più incazzare è che fin dall'inizio Gandolfi mette le mani avanti riguardo alla notazione numerica: "tranquilli, leggete con fiducia perché non presenterò formule matematiche, solo una ma, giuro, piccolissima". Gli dispiace, la avrebbe eliminata con piacere se avesse potuto, ma purtroppo l'equazione logistica ha proprio dovuto metterla, ma il povero lettore non se ne deve preoccupare, che può tranquillamente saltarla se gli fa paura, tanto non aggiunge nulla al senso del libro. Non aggiunge nulla?!?! Ma se è l'unica cosa che potrebbe chiarire qualcosa in tutto il libro! L'unica che mi ha stimolato a approfondire l'argomento! E che cos'è questo terrore per le formule matematiche? E’ tipicamente italiano, appartiene ad un paese in cui se non hai letto Manzoni non sei nessuno ma puoi benissimo non sapere cose l'entropia. Un paese in cui i professori di latino sono quelli che dettano legge nel consiglio di classe e quelli di scienze e biologia non li caca nessuno. Quando a pag 181 fa capolino la piccola equazione logistica, dopo altre scuse, si sorvola quasi completamente sul suo reale significato, perdendo un'occasione più unica che rara di rendere un servizio alla comprensione del caos.
- e poi lo stile metodologico seguito: in Formiche manca qualsiasi approfondimento sul contesto storico all’interno del quale la nuova teoria si è sviluppata: nulla sulle spinte accademiche, nulla sui profili biografici dei pionieri della materia, quasi nessun aneddoto sui passi fatti, tutti elementi che sono invece ben amalgamati in Caos, e rendono il saggio di Gleick molto più godibile e ben collocato storicamente.

Beh, direi che qui metto il punto. Questa cosa qui sopra forse è inutile ai fini dell’annunciata saga bloggistica sul caos che prima o poi dovrei decidermi a portare avanti e incomprensibile per quelli che Formiche non lo hanno letto, però c’è l’avevo sulla punta di quell’affare lungo e sensibile che spesso serve nell’atto sessuale (la lingua) e dovevo dirlo, anzi scriverlo da qualche parte. E perché non sul MIO blog?

martedì 2 agosto 2011

Ma che simpatico, sig. Tacchino

E' che a volte non riesco a capire come faccia uno come me ad avere ancora degli amici, una compagna, un minimo di relazioni sociali e a non essere rimasto solo come Babbo Natale a ferragosto. Ho un carattere insopportabile: sono scorbutico, petulante per le quisquilie di cui sono maniaco e superficiale per il resto, soffro di un inguaribile complesso di superiorità basato sul nulla e guarnito da finta modestia, sono innamorato delle mie abitudini, sono quasi sempre musone e taciturno, tranne quando parlo ad alta voce per coprire quello che dicono gli altri ed imporre il mio pensiero, ho un senso dell’umorismo che reputo irresistibile (è che sono anche presuntuoso) ma che a malapena riesce a strappare un sorriso a chi per pietà non mi vuole deludere.
Eppoi sono romantico come una racchetta elettrica per zanzare, elegante come uno schizzo di piscio sulla tavoletta del cesso, generoso come Zio Paperone quando gli gira male, e con la vecchiaia mi  sto scoprendo sempre più intollerante verso il prossimo e geloso dei miei spazi vitali: ieri in fila al supermercato c’era una signora dietro di me che mi si era azzeccata troppo ed ero lì per lì per tirarle una gomitata nelle narici. In metro rimango sempre in piedi perché sedersi significherebbe avere il culo a contatto con quello del merluzzo che mi sta accanto. Sono miope, pelato e dimentico le date importanti. E non ce l'ho nemmeno grosso.
Ma nemmeno un pregio che dia un minimo valore alla mia esistenza? Mi vanto spesso di non essere ipocrita, ma se rileggo qui sopra comincio a dubitare anche di questo. Principi morali credevo di averne, mappoi le mie porcate le ho fatte e senza troppi indugi. Una volta perlomeno frequentavo l'arte, apprezzavo il cinema, ma ultimamente a detta di alcuni non riesco nemmeno ad essere toccato da capolavori indiscussi, alberi della vita e simili.
Davvero non comprendo come faccia tutta questa gente che ho attorno a non fuggire schifata, ma anzi ad avvicinarsi… non è che si sono coalizzati e mi vogliono picchiare?