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mercoledì 1 aprile 2020

La mia vita ai tempi del Coronavirus

Roma, 14 marzo. Mercato Trionfale aperto: vende cibo, non si può fermare il costante e alacre lavoro umano contro l'entropia. Gente che mantiene le distanze, una buona maggioranza con qualcosa che copre il volto, spesso mascherine anti-polvere o chirurgiche, a volte sciarpe o vecchie bandane anni 80, qualcuno con fazzoletti umidificati tenuti con gli occhiali. Molti più banchi chiusi rispetto al normale, dopo un po' realizzi che sono quelli che erano gestiti da pakistani, bengalesi e orientali in genere. C'è stata una sorta di selezione implicita quanto difficilmente spiegabile, la stessa che ha portato alla chiusura in pochi giorni dei ristoranti e dei negozi di casalinghi cinesi ben prima del decreto del 9 marzo.
Arrivando qui da solo in macchina, con il lasciapassare firmato in una tasca e la lista della spesa in un'altra, avevo le lacrime che mi rigavano le guance. Saranno state le strade vuote, o forse le nuvole basse, o magari è perché il sabato mattina la spesa la faccio con mia figlia grande, e stavolta c'era un decreto del Presidente del Consiglio ad impedircelo.
Ho provato a dire in casa che la situazione somiglia a quella di una guerra mondiale. L'intento era quello di creare coesione e senso di avventura in famiglia, come dire: siamo eroi, vinceremo. E poi il bello è che stavolta i paesi del mondo sono tutti alleati contro un nemico non umano, in una sorta di federazione intergalattica contro gli alieni. Tutti insieme. E poi un'altra cosa bella è che non ci sono bombardamenti, distruzione e morti ammazzati. 
E in questi eserciti i plotoni sono composti da famiglie. Si vive tutti all'interno di una miriade di piccole comunità coese e promiscue al loro interno ma isolate l'una dall'altra, perché come in tutte le guerre bisogna stare al sicuro, e tutto quello che si fa, lo si fa in una casa trasformata per l'occasione in bar, scuola, ufficio, palestra, parco giochi, mensa, cinema, deposito di viveri, pasticceria. Soprattutto pasticceria.
Vabbè, quindi con la guerra non c'entra niente, ha detto mia figlia piccola. Beh, in effetti no, ho risposto io.

giovedì 12 aprile 2018

Piccole cose da presidente

In quest'epoca di crisi post crisi, di ideologie superate e di valori sfumati, riuscire a trovare soddisfazione nelle piccole cose è il segreto della felicità. E allora c'è chi tifa la Roma, chi fuma il sigaro, chi si diletta con i videogiochi e chi è attento alla forma fisica.
Un Track Stand da Wikipedia
Il vostro presidente ultimamente trova soddisfazione nel fare il percorso lavoro-casa in bici senza mai mettere i piedi per terra. Niente di particolare, si tratta di circa 18 km di percorso urbano a Roma - pezzi isolati di ciclabile, lungoteveri, stradine, alcuni metri di marciapiede, tanti incroci e semafori, qualche piccolo senso vietato - senza staccare i piedi dai pedali. Le regole auto inflitte di questo giochino perverso prevedono inoltre che negli eventuali ma difficilmente evitabili momenti di stop non ci si possa appoggiare a supporti qualsivoglia (auto, pali, muri) ma si debba stare in equilibrio sui pedali, tecnica che gli anglosassoni chiamano track stand.
Il presidente ha ormai una percentuale di percorsi netti sul totale di circa il 70% e mira a raggiungere il 90% in tempi brevi. 
Le qualità richieste per raggiungere questi eccelsi risultati sono abbastanza comuni e facilmente esercitabili.
Una perfetta conoscenza del percorso permette di evitare incroci pericolosi con semafori interminabili e alta densità di traffico.
Una saggia scelta della velocità di marcia in prossimità degli incroci consente di arrivare al semaforo con una buona probabilità di vederlo illuminarsi di verde proprio al nostro arrivo.
Una certa dose di temerarietà aiuta a passare col rosso in caso di piccoli incroci pedonali o di evidente assenza di pericoli e di percorrere qualche via sufficientemente tranquilla in senso vietato.
Infine, un minimo di manico dà la possibilità, nei momenti critici agli incroci, di gestire una manciata di secondi in sufficiente equilibrio o, in caso di imbottigliamento da traffico, di saltare su un marciapiede per rubare metri alle auto e spazio vitale ai pedoni.
Per chi volesse cimentarsi nella sfida con il presidente o attenderlo appostato dietro un albero con la fionda, descrivo qui sotto il percorso in dettaglio:

  • Viale Europa
  • Via Tupini
  • Viale Egeo
  • Vicolo del Cappellaccio
  • Viadotto della Magliana
  • Riva di Pian due Torri
  • Via della Magliana
  • Lungotevere Inventori
  • Viale Marconi
  • Via Rolli
  • Via Portuense
  • Ponte Sublicio
  • Lungotevere Aventino e altri fino a Lungotevere Sangallo
  • Ponte Principe Amedeo
  • Via di Porta Santo Spirito
  • Via Cavalieri Santo Sepolcro
  • Via della Conciliazione
  • Via di Porta Angelica
  • Piazza Risorgimento
  • Via Leone IV
  • Viale Vaticano
  • Via Santamaura
  • Via Andrea Doria
  • Via delle Medaglie d'Oro
  • Piazza della Balduina
  • Piazza Mazzaresi
  • Via Festo Avieno (controsenso)
  • Via Macrobio
  • Via Lucano (controsenso)
e poi fino a casa (non vi do l'indirizzo preciso, dài).
Buone pedalate.

martedì 21 marzo 2017

Adotta un cassonetto

La premessa
Roma sta raggiungendo livelli di degrado mai toccati prima, questo è sotto gli occhi dei suoi cittadini. Il traffico è sempre caotico e arrogante, il trasporto pubblico alterna inefficienze organizzative e logistiche a giornate di sciopero spesso strumentali, le strade vengono riparate solo in casi estremi, e su tutto regna la mancanza di senso civico del romano medio.

Il problema
Monnezza vicino a cassonetti vuoti
Ma uno degli esempi più visibili (e annusabili) del degrado cittadino è la situazione della raccolta dei rifiuti. Impossibile non notare l'enorme quantità di monnezza abbandonata nelle strade: buste di plastica tra deiezioni canine e bottiglie vuote, cartoni della pizza su panchine pubbliche, bucce di frutta che strabordano dai pochi cestini. Pare impossibile fare trenta metri a piedi senza imbattersi in cassonetti circondati da informi sacchi di immondizia, imballaggi, mobili, materassi, vecchi elettrodomestici.
Un’aggravante, dovuta allo scarso senso civico di cui sopra, è che spesso l’utente non prova nemmeno ad aprire il coperchio del cassonetto per depositare dentro la spazzatura, ma la lascia lì accanto: sai com'è, il coperchio è pesante e c’è il rischio di sporcarsi, e poi non dimentichiamo che quei pantaloni che butto potrebbero servire a qualcuno...
Spesso ci si trova nell’assurdo stato di fatto di cassonetti semivuoti e immondizia tutt'attorno.
Le cose sono peggiorate da quando la raccolta è passata da motorizzata a automatica. Mi spiego: prima, nell'era dei cassonetti di plastica neri, l’AMA passava con un camion che aveva a bordo il conducente e due netturbini sul retro. I due operai accostavano a mano il cassonetto al camion che lo sollevava e svuotava al suo interno, poi raccoglievano i sacchi e l'immondizia varia che rimaneva a terra buttandola sul mezzo. Il risultato era che, al suo passaggio, il camion della nettezza urbana si lasciava dietro un'accettabile situazione di relativo ordine e pulizia.
Da quando ci sono quei grandi cassonetti metallici con i colori della raccolta differenziata, le cose funzionano diversamente. Ora passa questo enorme camion con il solo conducente a bordo, si affianca all'altrettanto enorme cassonetto, lo solleva con bracci meccanici e lo ingoia, noncurante di cosa rimane a terra. Nessuno raccoglie più il sacco che non entrava, la busta caduta per sbadataggine, la bottiglia rotolata fuori.
Il risultato è che il camion al suo passaggio si lascia dietro una scia di cassonetti vuoti e spazzatura sparsa per strada e sui marciapiedi, che rimarrà li finché, una volta al mese, se ti va di lusso, passeranno i netturbini con mezzi più piccoli a fare un po' di pulizia.

La soluzione
Chiarisco il mio pensiero: la soluzione istituzionale sarebbe passare alla raccolta porta a porta, unica scelta degna di una città europea. Ma io non faccio parte di chi decide, al massimo posso col mio voto indirizzare alcune politiche, ma spesso non funziona nemmeno quello.

Però posso adottare un cassonetto.

Certo, capisco benissimo che non spetta al cittadino pulire le strade, e che paghiamo un servizio apposta, e che vogliamo che funzioni. Ma non riesco a star lì con le mani in mano a guardare il mio quartiere ridotto come la casa dei sette nani prima che arrivasse Biancaneve.
Cassonetto pieno accanto a uno vuoto
Allora scelgo un cassonetto comodo, uno che mi farebbe piacere vedere pulito tutti i giorni, possibilmente sotto casa. Se poi sono due o tre, meglio ancora.
La mattina quando esco di casa gli do un'occhiata, se ci sono buste appoggiate fuori semplicemente le metto dentro, se un sacchetto è appoggiato sul bordo e rischia di cadere, lo spingo all'interno, spazio se ne trova quasi sempre. A volte si vedono coppie di cassonetti, uno con il coperchio alzato e strapieno, l'altro semivuoto e col coperchio chiuso. Chi passava ha preferito lasciare la busta a terra piuttosto che rischiare di sporcarsi o faticare per alzare il coperchio. Allora il papà adottivo non fa altro che prendere la busta, alzare il coperchio e buttarla dentro.

In base ai dati in mio possesso stimo che ci siano circa 100.000 cassonetti di varia natura a Roma. Se il 5% dei romani ne adottasse uno, ogni cassonetto avrebbe un paio di genitori adottivi che se ne prendono cura.
Certo, il povero genitore nulla potrà fare se la monnezza straborda da cassonetti strapieni, se non sperare nel pronto intervento dell'AMA, ma vi assicuro che in base alla mia esperienza questo accade di rado. Più spesso si tratta di incuria dei cittadini unita a inefficienza del sistema di raccolta. Cose alle quali noi genitori adottivi possiamo porre argine.

giovedì 10 ottobre 2013

Città o campagna? Un esperimento sociale

Ebbene sì, sono un cittadino. Nel senso letterale di chi ha impostato la propria vita attorno al quel luogo geografico identificato nel sussidiario di mia figlia come metropolitano. Paradossalmente, sempre più spesso quando ci si incontra tra di noi cittadini si parla di come sarebbe bello, liberatorio, rigenerante, ecocompatibile, antropomorfico, giusto, equilibrato vivere in campagna. O perlomeno in un piccolo centro a misura d'uomo donna e bambino come quelle decine di delizioooosi paesini che ancora costellano la penisola e la regione dove risiedo. Chiacchierando amenamente di tali questioni si tirano spesso in ballo, oltre alle misure ed ecologie di cui sopra, anche le propensioni dei singoli, e prima o poi viene sempre fuori quello che dice sì, è più a misura d'uomo, ma oltre a questo c'è di base che a me la campagna il paesino la natura mi piacciono, lì sarei me stesso, io non sono nato per vivere in città. 
E' a quel punto che di solito mi chiedo: ma come fate a sapere per cosa siete nati? Come riuscire a capire se la scelta che fareste dipende da inclinazioni personali separate dai vincoli materiali? Tradotto: non vale dire preferisco la città perché sono vicino al lavoro, o perché la mia famiglia è qui, e le scuole, i cinema, i teatri e tutto il resto, oppure preferisco la campagna perché di mestiere scrivo biografie e non voglio essere distratto dai clacson; io voglio analizzare i vostri desideri reali, le vostre inclinazioni autentiche, il vostro "io" più profondo. Mica sto qui a infilare collanine.
Qualche giorno fa parlavo di queste e altre sciocchezzuole con tre amici e ho tirato fuori quella vecchia questione degli esperimenti che Federico II metteva in pratica con l'intento di individuare quale fosse il linguaggio naturale dell'uomo: il buontempone sceglieva a caso tra i suoi sudditi alcuni neonati e li rinchiudeva in una prigione completamente isolata dal mondo, concedendo loro solo sostentamento materiale (cibo e acqua) e impedendo in maniera categorica a chi si occupava dei piccoli di fornire loro stimoli affettivi, parole, contatti, sguardi, persino semplici gesti. L'intento del bravo sovrano era capire che linguaggio avrebbero sviluppato spontaneamente quei pargoli, una volta eliminati tutti i vincoli culturali e le influenze esterne. Scoprire una volta per tutte qual'è la preferenza linguistica dell'umanità, l'idioma innato. Bell'obiettivo. Peccato che quei bimbi, essendo esseri sociali, non svilupparono alcun linguaggio naturale, e non ebbero nemmeno il tempo di porsi il problema, visto che si lasciarono morire di tristezza entro poche settimane.
Vogliamo sapere quali sono le nostre preferenze reali? Vogliamo scoprire una volta per tutte cosa sceglierebbe ogni elemento di questo consesso di quattro uomini se posto di fronte al dilemma città-o-campagna? Urge un esperimento, ho esclamato. E per fare un esperimento serve una cavia. 
Tipica figlia di vent'anni che, interpellata,
si accinge a un'educata risposta.
I tre esemplari di cittadini che avevo attorno nel momento della mia decisione si sono subito dimostrati recalcitranti: quando ho parlato di esperimenti e cavie Ugo ha fatto finta di ricevere una telefonata e mentre rispondeva col labiale ci diceva tengo-la-suoneria-bassa, Lillo guardava in basso, Michele bofonchiava che lui, in quanto personaggio virtuale, inventato al solo scopo di riempire qualche riga di un post in se stesso abbastanza vuoto, non poteva essere oggetto di un esperimento reale .
Non avendo a portata di mano alcun volontario adulto, e vista l'esperienza fatta otto secoli fa dallo Svevo, mi sono affrettato a escludere dalle ipotesi anche i minori che avevo a disposizione (oltretutto sarebbe quanto meno tardivo isolare le mie figlie per una quindicina d'anni e poi piombare nella loro cameretta, fare slalom tra gli escrementi e chiedere vi-piace-più-la-città-o-la-campagna, come minimo mi beccherei un verdoniano "a stronzo, punto esclamativo"). 
A quel punto non mi rimaneva che utilizzare un soggetto probabilmente meno gradevole esteticamente rispetto a una cavia ma che se non altro ritengo sufficientemente duttile e gestibile: me stesso.
Il quesito da sbrogliare era: qual è il paesaggio con cui vorrei incorniciare le mie giornate, al netto dei vincoli di cui sopra? Strade e palazzi o campi e mulattiere? Dove punta la mia più profonda indole, il mio puro senso estetico, il mio "io" reale?
Cavie. Che carine.
Quella sera, congedati gli ospiti pusillanimi e depennati i loro riferimenti dalla mia rubrica telefonica, ho organizzato l'esperimento in questi termini: ho preso il soggetto (non prima di aver indossato dei robusti guanti in lattice), l'ho ripulito da tutti gli orpelli che potrebbero influenzare le sue scelte: famiglia, lavoro, aspettative sociali, ambizioni, influenze di terzi, amicizie. L'ho spogliato anche dei vestiti. Ho ottenuto un esemplare asettico, esattamente nelle stesse condizioni in cui si presenta la domenica mattina quando esce per correre (tranne per il trascurabile particolare che indossa scarpe e calzoncini): niente orpelli né vincoli che lo influenzano, completamente libero di scegliere i percorsi e il paesaggio di sottofondo per le successive due ore.
(Nota intertestuale: una situazione di totale libertà di scelta il soggetto ce l'avrebbe anche nelle rare serate libere dedicate al cazzeggio, ma in quei casi decide di esprimere la propria libertà costringendola in angusti limiti, come a dire il massimo della libertà di scelta è scegliere di non scegliere: solito locale, solito tavolo, solita consumazione).
Il soggetto di cui sopra, dicevamo, ha un ventaglio ampio di alternative da cui attingere quando esce per correre, e piena libertà di elezione: dalla campagna più impervia, alla prima periferia, al centro urbano più sfacciato; dal paesaggio silvestre di Villa Ada, con sentieri sterrati e celati che farebbero perdere l'orientamento a un boy scout; alla ginnica e modaiola Villa Pamphili, con i suoi percorsi misurati e gli spogliatoi; alla borghese Villa Borghese, ricamata da ampi viali costeggiati da statue marmoree; alla pista ciclabile del lungotevere nord, regolare e veloce; a quella del lungotevere sud, un po' più urbana e con tratti da media periferia; fino al percorso interamente urbano e turistico "der centro de roma". È in questo caso che la libertà di scelta è piena di esprimersi verso le proprie inclinazioni.
E che ti combina il soggetto? Svincolato da lacci e lacciuoli ti snocciola un tragitto che tocca Piazza del Popolo, Via del Corso, Piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, Circo Massimo, Lungotevere dei Tebaldi, San Pietro. Non so se mi spiego: il massimo dell'espressione metropolitana. Il massimo del caos (pur stemperato dal fatto che sono le sette di mattina di domenica). Con buona pace del percorso natura.
Ecco perché sono un cittadino.

martedì 30 luglio 2013

Il concerto rock come paradigma di una serie di riflessioni sull'Intrattenimento, tipo:


Che c’è un Qualcosa che induce ottantamila persone a pagare una cifra considerevole per radunarsi in un luogo delimitato soffocando il naturale istinto alla conservazione di uno spazio vitale attorno al proprio corpo e superando le immaginabili difficoltà di raggiungere il suddetto luogo, quelle del parcheggio e quelle di trovare il tempo da investire nell'attività; che quel Qualcosa non può essere semplicemente il desiderio di vedere il proprio gruppo rock preferito che suona i pezzi che sappiamo a memoria per averli ascoltati migliaia di volte (per questo basterebbe un buon video ad alta definizione); e che quel Qualcosa può assai di più essere spiegato dagli stessi meccanismi che inducono una folla in un rito religioso di massa o dal bisogno di appartenenza ad un gruppo primario di identificazione, e che la sensazione per cui si è disposti a pagare è quella del Sono-Qui-Insieme-A-Migliaia-Di-Altre-Persone-Con-La-Mia-Stessa-Passione.

Un ipotetico concerto allo Stadio Olimpico
Che si può ipotizzare l'esistenza e tentare la misurazione di un parametro G, "valore di attrazione Gravitazionale del palco", definito come capacità dell'artista e/o dello spettacolo in corso di attirare verso di sé gli astanti (intesi come spettatori liberi di muoversi su un piano bidimensionale orizzontale A senza vincoli di posti numerati, barriere, security men: il prato di uno stadio durante un concerto rappresenta bene il modello). G sarà variabile tra 0 e 1, intendendo zero come attrazione nulla, ossia spettatori che vagano liberi nel piano A senza particolari focus di addensamento, se non minimi e temporanei assembramenti attorno a chioschetti di birra e altri beni di prima necessità (un kebabbaro ha per esempio un buon valore addensante anche se presenta un limite dovuto al trade-off tra fame e fila da fare per ottenere il panino); se siete ad un concerto con G=0 chiedetevi pure perché ci siete andati. G sarà invece uguale al valore massimo (uno) se ognuno dei presenti è indotto a spostare il proprio corpo quanto più possibile in direzione del palco, avendo come unico limite il corpo degli altri spettatori e il principio di impenetrabilità (non si accettano battutine a doppio senso sulla paventata promiscuità sessuale dei concerti rock).
Normalmente i valori di G durante un concerto di primaria importanza si attestano intorno ad un discreto 0.8, che indica un affastellarsi di corpi in prossimità del palco (calca pressante dovuta alla maggiore vicinanza con l’origine della forza misurata con G), e a una progressiva diminuzione della densità man mano che si procede verso metà campo, fino ad assistere ad uno sfilacciamento delle masse in prossimità dei limiti del prato opposti al palco, fenomeno che potrebbe dare vita a spazi relativamente ampi dove si può addirittura trovare il modo di stare sdraiati su una coperta da picnic.

Che, sempre durante un ipotetico concerto in uno stadio, è possibile percepire ciò che accade sul palco senza guardarlo direttamente, ma limitandosi ad osservare gli schermi degli smartphone che riprendono la scena come se fossero ognuno un pixel di uno schermo più grande, avendo come unica accortezza quella di collocarsi in posizione sufficientemente elevata da permettere di abbracciare un buon numero di devices. L’effetto di fedele riproduzione dello spettacolo è tanto migliore quanto più è forte il contrasto cromatico della scena riprodotta: se sul palco vengono proiettate immagini a forte contrasto -immaginiamo uno sfondo azzurro con un muro di mattoni rossi che va formandosi pian piano- lo spettatore sopraelevato che guarda gli schermi degli iphones e similia ne osserverà alcuni con lo schermo principalmente azzurro (quelli che riprendono soprattutto porzioni azzurre del palco), altri con lo schermo predominantemente rosso (quelli che stanno inquadrando zone del palco ad elevata densità di mattoni). L’effetto sarà una composizione di schermi azzurri e rossi che rifletterà statisticamente la densità degli stessi colori sul palco. Qualcuno, in preda a sostanze psicotrope, potrebbe azzardare l’ipotesi che, avendo a disposizione un numero infinito di smartphone di cui sbirciare gli schermi, l’immagine osservata da lontano potrebbe riprodurre in dettaglio qualsiasi scena mostrata sul palco, persino il chitarrista che fa un assolo. Quest’ipotesi però, a mio parere, per funzionare avrebbe bisogno non solo di infiniti telefonini, ma anche di un tempo infinito di osservazione, per far sì che la scena riprodotta dall’insieme dei pixel (gli infiniti telefoni) abbia modo di riprodurre casualmente l’esatta realtà del palco.

mercoledì 3 luglio 2013

Ansiosi e dormiglioni


Ero lì che leggevo di uno scrittore americano che, terrorizzato da tagli, correzioni e dalle altre operazioni di editing che avrebbe potuto subire il suo enorme manoscritto, e con la subconscia ansia causatagli dalle regole ferree impostegli durante l'infanzia dalla madre insegnante di grammatica prescrittiva, scrisse una nota precauzionale alla propria casa editrice:

Al correttore di bozze:
Ciao. P. C.: le seguenti caratteristiche non-standard presenti nel ms. sono scelte volute, e qualunque Vostra correzione verrà annullata dall'autore:
- virgolette semplici per indicare dialoghi & titoli, e virgolette in coppia all'interno - inversione dell'ordine consueto. (1)
- nomi comuni e verbi fraseologici in maiuscola come Sostanza, Malattia, Entra Dentro ecc.
- neologismi, catacresi, solecismi e infrazioni sintattiche nelle sezioni che riguardano Minty, Marathe, Antitoi, Krause, Pemulis, Steeply, Lenz, Orin Incandenza, Mario Incandenza, Fortier, Foltz, J. O. Incandenza sr, Schtitt, Gompert.
- congiunzioni multiple all'inizio di proposizioni principali.
- virgole prima di preposizioni posizionate alla fine di una frase.
- trattini per formare termini composti.
- lacerti di frasi a seguire frasi eccezionalmente lunghe.
- suddivisione in paragrafi incoerente, e paragrafi estremamente lunghi.

E mi chiedevo quanto potrebbe aver sofferto lo stesso scrittore se fosse in qualche modo venuto a conoscenza dei refusi disseminati nella traduzione italiana (la maggior parte probabilmente attribuibili non all'autore ma all'editing, e comunque che pretendete dalla prima traduzione mondiale in ordine di tempo di un tomo di tal fatta?).
E poi passavo senza alcuna apparente soluzione di continuità a considerare che, se ti trovi fuori casa, una chiesa può rappresentare il luogo ideale per correggere bozze (ma anche per scrivere, leggere, pensare e riposare al fresco d'estate e al caldo d'inverno), e il bello è che nessuno ti chiede conto della tua presenza e del tuo silenzio (2), e che anche il Mc Donald riesce ad offrire questi vantaggi, se sei disposto a cedere una buona dose di silenzio e tranquillità che solo il tempio ti può garantire per ottenere un bagno accessibile e pulito.
Ero lì che valutavo i pro e i contro dello scambio quando la mia attenzione venne attirata da un verso gutturale a bassissima frequenza, come un russare, anzi era proprio uno che russava, e mi accorsi che il cinese che avevo di fronte nel vagone della linea per Rebibbia si era addormentato in piedi, appena appoggiato con la schiena alla porta scorrevole; e niente, mi chiedevo come fanno 'sti cinesi a dormire in qualsiasi posto e in qualsiasi posizione, sarà che hanno un gene-del-sonno-qui-dove-mi-trovo, boh.

Basilica dei SS Ambrogio e Carlo
(foto da Wikipedia)
Note:
(1) mi rendo conto di quanto sia superficiale l'attenzione che la scuola italiana riserva all'insegnamento della punteggiatura. Per quanto posso testimoniare dal corso dei miei studi, non ricordo nemmeno un accenno all'uso -ormai diffusissimo, e non solo nella letteratura anglosassone- dei trattini e ne ricordo uno sfuggevole a quello delle virgolette; e dalla quotidiana lettura di scritti di ogni tipo (mail, post, articoli, sintesi, analisi, presentazioni) mi appare palese come l'importanza di un corretto uso della punteggiatura sia quantomeno sottovalutata.
E ora mi aspetto una serie di commenti a correzione degli errori di punteggiatura che troverete nel presente post.
(2) la Basilica dei SS Ambrogio e Carlo, su via del Corso, costituisce un eclatante esempio di quanto affermo: attraversare i tre metri dell'ingresso e passare dai rombi, le sirene, il vociare e la calca umana del centro di Roma nel periodo dei saldi estivi al frescolino e alla quasi assoluta quiete della navata centrale è una sensazione impagabile. E lo spazio per sedersi in tutta tranquillità abbonda. La Basilica dei SS di cui sopra si presta ottimamente alla bisogna anche perché, non custodendo opere d'arte di richiamo internazionale, non è frequentata da sciami di turisti algidi e sudaticci (a meno che non conoscano a menadito i lavori di  Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone). Provateci: effetto fuga garantito.

martedì 18 giugno 2013

I cento passi



Il mio quotidiano tragitto casa-ufficio prevede nell'ordine: bus, metro A e metro B (viceversa quello ufficio-casa). Tra un mezzo di trasporto e il successivo, percorro dei tratti a piedi, in tutto circa duemilacento passi, durante i quali sono costretto giocoforza a interrompere la lettura e a stare un minimo attento a dove metto i piedi. Di solito ne approfitto per sollevare lo sguardo e spaziare su paesaggi urbani e scene di varia umanità.
I cento passi del titolo sono quelli che vanno dalla fermata del bus nei pressi di piazzale degli eroi fino all'incrocio con via giulio venticinque, molto interessanti da un punto di vista antropologico/faunistico.
A mo' di esempio descrivo quelli di ieri.
Prime trenta falcate con passaggio davanti al grosso edificio che ospita una scuola media pubblica, l'anno scolastico è finito ma davanti all'ingresso sostano cinque o sei gruppetti di adolescenti in attesa di entrare per qualche attività estiva, raccolti rigorosamente per etnia, senza alcuna commistione: i neri stanno coi neri, gli asiatici con gli asiatici, i romani tra di loro; dieci passi dopo, da una smart con gli interni in pelle rossa esce una quarantenne anch'essa rossa, pluriaccessoriata, fisico prorompente, abitino svolazzante, iphonecinque all'orecchio e borsa fendi, attrae gli sguardi degli astanti nell'officina per scooter proprio di fronte; ancora diciotto passi e una donna della stessa età ma dalla pelle decisamente più scura fruga in un cassonetto aiutandosi con un uncino ricavato da una vecchia gruccia per abiti; ventidue passi più in là sosta il camioncino per la raccolta sperimentale dell'umido, una coppia matura apparentemente dello stesso ceto sociale della rossa lascia diligentemente il proprio sacchetto con i resti di una cena basata (ci scommetterei dieci a uno) sulla dieta dukan; i successivi venti passi sfilano lungo due bancarelle tenute da pakistani, la prima vende cenci "tutto a 5 euro", la seconda jeans femminili attillatissimi esposti su manichini ipersexy.
Sta a voi unire i puntini e capire cosa ne esce fuori. E ricordatevi che il superfluo esiste sempre unicamente per farsi prendere a calci in culo.

giovedì 14 marzo 2013

Ancora sui vantaggi del furto

Oggi fa una settimana che mi hanno rubato lo scooter; da allora nei movimenti da e verso il lavoro e nei i trasferimenti connessi con la giornata feriale media (scuola bimbe, piccole spese, riunioni di lavoro fuori sede, ecc.) utilizzo esclusivamente i mezzi pubblici e i miei onorati piedi. Ho raccolto sufficienti dati per farvi sapere come sta andando.

Aperta parentesi. Mi hanno fatto notare che il termine "motorino" utilizzato nel precedente post a designare il mezzo che mi è stato fraudolentemente sottratto, un Liberty 150, era alquanto impreciso, e denotava l'appartenenza del sottoscritto ad un generazione cresciuta versando miscela al 2% nei poco capienti serbatoi di Ciao e Sì Piaggio. Me ne scuso. Da oggi per indicare un motociclo di piccola cilindrata utilizzerò il più moderno "scooter". Va bene così, pignoletti quarantenni dei miei cabasisi? E chiusa parentesi.

La settimana trascorsa è stata utile per la verifica delle stime dei tempi di trasferimento tramite misure effettive, e mi ha fornito l'occasione di meravigliarmi per l'accuratezza delle prime grazie ad un congruo campione delle seconde. Le stime più accurate erano quelle relative ai tratti a piedi, più che altro per due motivi: primo, un buon runner conosce sempre la propria andatura, secondo, quei tratti non sono inficiati da Tempi di Attesa Mezzi Pubblici su Ruote (in seguito TA), sempre di difficile valutazione.
Di seguito uno schema dei miei percorsi usuali con l'indicazione dei tempi effettivi espressi in minuti. Non viene analizzato il tratto metro-ufficio in quanto rimane immutato rispetto a prima e non era sottoposto a verifica (anche quando avevo lo scooter, il mezzo veniva utilizzato per arrivare fino alla fermata della metro per poi proseguire con quella).


Percorso con bus a piedi con scooter
casa-scuola NA 4 4
scuola-metro 15 19 5
casa-metro 15 21 7





NB: i tempi "con bus" comprendono il tragitto a piedi da e per la fermata del bus (6 minuti), il tratto in bus (6 minuti) e una media di TA (3 minuti). I tempi "con scooter" comprendono le fasi propedeutiche all'utilizzo del motomezzo, quali apri il bauletto, infila i guanti, indossa il casco e fallo indossare ai passeggeri, richiudi il bauletto ecc., operazioni che, soprattutto nei tratti brevi, pesano molto sui tempi totali del viaggio. Questo fattore "preparazione", insieme al fatto che lo scooter, a differenza dei piedi, è tenuto a seguire i percorsi obbligati del traffico (tipo i sensi unici e i semafori), rendono uguali i tempi di percorrenza dello scooter e dei piedi nel tragitto casa-scuola.

Ora, già vedo le boccucce dei pignoletti di cui sopra che si aprono a facili considerazioni: Tacchino, come fai a sapere i tempi dei trasferimenti con scooter se tu uno scooter non ce l'hai più? Non mi dirai che li avevi presi prevedendo il furto e la tua successiva decisione di utilizzarli per un post? O non mi dirai (peggio) che quei tempi li stai stimacciando proprio ora mentre scrivi, con l'evidente incentivo a sovrastimarli per dimostrarci che la tua decisione di rinunciare allo scooter è ben ponderata?
A quei pignoletti io rispondo: fottetevi.

Analizziamo piuttosto i dati: non sussistono particolari problemi sul tratto casa-scuola, per il quale il nuovo status di pendolare appiedato non mi ruba nemmeno un minuto. Appare invece evidente come, nei tratti da e per la fermata della metro, la scelta tra aspettare il bus e avviarsi a piedi dipende esclusivamente da TA. Se TA è maggiore della differenza tra il tempo dello stesso tratto a piedi e 12 minuti (tempo di percorrenza con bus al netto di TA), allora conviene andare a piedi, altrimenti meglio aspettare il bus. Il problema è che TA è poco prevedibile. Alcune fermate del centro sono munite di palette elettroniche che informano su TA, ma da me non sono ancora arrivate. Esistono poi alcune modalità per furbofoni (Apps tipo Roma Bus o anche una visita al sito dell'Atac) dove vengono forniti con sufficiente accuratezza i minuti da aspettare, ma per ora le mie dotazioni tecnologiche non arrivano a tanto. Di solito mi organizzo in maniera empirica: se vedo che la fermata è vuota, ci sono buone probabilità che il bus sia appena passato, e che quindi ci sarà da aspettare più dei 3 minuti medi. In quei casi vado a piedi. Altrimenti provo ad aspettare 4 minuti (nel caso del tratto scuola-Metro) o 6 (nel caso del tratto casa-metro): se entro quelli non vedo stagliarsi un mastodonte giallo-arancione all'orizzonte, vado a piedi. La misurazioni dei giorni scorsi indicano inolte che TA varia nel corso del giorno, muovendosi da valori prossimi allo zero di mattina (quando le corse sono più frequenti e spesso con un breve scatto felino riesco a salire sui bus che scorgo in arrivo mentre mi avvicino alla fermata) fino ad un massimo di 5 o 6 minuti della sera. Oltre i 6 minuti non saprei dire, visto che come ho già detto superata quella soglia mi avvio a piedi.
E' sicuramente vero che i tempi con scooter in questi tratti medio-lunghi sarebbero minori, e che il vantaggio cresce nel tratto più lungo (casa-metro), arrivando ad un risparmio massimo di 14 minuti rispetto ad un percorso totalmente a piedi. Ma 14 minuti non sono molti se li confrontate con le ere geologiche o con i vantaggi di muoversi senza mezzi meccanici propri, vantaggi che per vostra comodità riepilogo:




La mia solita fermata del bus

  • Risparmio di denaro (tra assicurazione, bollo, carburante, manutenzione, accessori arrivavo a circa 800 euro l'anno. A questi va aggiunto l'eventuale ammortamento dell'acquisto del mezzo, che nel mio caso era prossimo allo zero, ma in caso di scooter nuovo fiammante può arrivare anche a mille euro l'anno)
  • Meno incidenti stradali
  • Meno litigi per questioni di traffico
  • Nessun impatto ecologico aggiuntivo per la comunità
  • Allenamento mattutino e serale con cardio walking (in caso di tratti completamente a piedi)
  • Possibilità di utilizzo migliore del tempo: posso ascoltare la radio nei tratti a piedi recuperando il tempo completamente perso della guida, posso telefonare o inviare sms nei tratti in bus (tratti durante i quali l'ambiente scarsamente confortevole e la brevità del percorso non consente letture più impegnate)
  • E, last but not least, notevole interesse faunistico della mia solita fermata del bus.

Conclusione uno: viva l'emancipazione dai mezzi privati.
Conclusione due: anche se avessi raggiunto la conclusione uno qualche tempo fa, non sarei comunque mai riuscito a sbarazzarmi di un motorino scooter perfettamente funzionante. Ergo, ringrazio pubblicamente lo sconosciuto che mi ha aiutato in questa evoluzione verso la libertà, anche se avrei preferito l'utilizzo di una efficace comunicazione interpersonale rispetto al furto con scasso.
Un'ultimissima considerazione. Come vi sarete probabilmente accorti, questa emancipazione dai mezzi meccanici privati mi elettrizza anzichenò, e fino a ieri non me ne riuscivo a spiegare completamente il motivo.
Poi stamattina l'ho capito: organizzare spostamenti basati solo sui mezzi pubblici e sui piedi mi riporta indietro di vent'anni, quando giravo l'Europa in treno e in autostop armato solo di un biglietto ferroviario Inter Rail, di scarpe comode e di un pollice sfacciato.
Se sostituisco "Roma" a "Europa" e "tessera ATAC" a "Inter Rail" ecco che quel senso di libertà pare riaffacciarsi.
Come dite? Durerà poco? Può darsi. Intanto godo.

giovedì 7 marzo 2013

Logistica nuova, vita nuova



M'hanno rubato il motorino. Un vecchio catorcio di dodici anni tenuto insieme dal nastro telato (vi giuro, davvero poco appetibile, ve ne avevo già parlato qui e quiera nel parcheggio apposito insieme a altre decine di esemplari in miglior forma e hanno scelto lui, inspiegabile) ma tant'è. Un po' mi ha dato fastidio, dentro c'erano tre caschi semi nuovi di cui uno da bimbo e qualche ricordo, e poi mi tocca pure la rottura di passare dai carabinieri per la denuncia.

Strano che l'espressione più triste sia stata quella disegnata sui volti delle mie bimbe al sentire della notizia. Per i marmocchi le situazioni della vita sono per sempre immutabili, si affezionano ai luoghi e agli oggetti, anche i più insignificanti, con un attaccamento morboso. Fatto sta che una mi ha detto che non avrebbe voluto per nessuna ragione un nuovo motorino in sostituzione del vecchio, che nessuno avrebbe retto il confronto, mentre l'altra mi ha proposto di rubarne uno a mia volta.

Per quanto mi riguarda al fastidio e alla meraviglia del primo momento (non rabbia, meraviglia) si è in breve tempo sostituita una sensazione come di catene rotte, di membrana sfondata, di necessario nuovo ordine delle cose. Per un breve secondo mi è passata per la testa l'idea di comprarne un altro ma ho scartato l'ipotesi immediatamente: ogni tanto un evento traumatico può dare lo spunto per valutare le cose a tutto tondo, e capire se il processo che stai seguendo è quello giusto. Forse di questo evento se ne può approfittare, forse è un'opportunità di cambiamento.

Mi sono fatto qualche calcolo (io sono fatto così, un po' è deformazione professionale, un po' educazione contadina, non me ne vogliate): assicurazione 300, benzina 250, con il bollo, la manutenzione e qualche accessorio da sostituire si arriva facile a 800 euro l'anno. Non è una fortuna ma a me non fanno schifo. E poi tra un paio d'anni avrei comunque dovuto sostituirlo. Questi costi erano compensati ovviamente da alcuni vantaggi, che alla fine si possono riassumere in due punti:

  1. Lo utilizzavo per gli spostamenti da casa alla fermata della metro più vicina e viceversa (2,4 km a tratta, ca 5 minuti) per poi andare in metro fino in ufficio.
  2. Nella tratta di ritorno a volte mi fermavo in un Todi's vicino o in frutteria per fare un po' di spesa infrasettimanale
Ora dovrò pianificare alcuni cambiamenti per limitare al massimo i fastidi derivanti dal nuovo paradigma e ho pensato ai seguenti:


  1. Per fare i 2,4 km potrei prendere l'autobus (4 minuti medi di attesa + 6 minuti di percorso  + 6 minuti di tratti a piedi da e per la fermata dell'autobus, in tutto 16 minuti) o farli a piedi (diciamo 20 minuti a passo veloce, ancora da cronometrare) in caso di voglia e forma. Al fine di rendere più agevoli gli spostamenti by foot, la mattina infilerei le mie comode e performanti scarpe da running, per poi cambiarle una volta arrivato in ufficio con un paio di urbanissime Clarks lasciate lì apposta, che vanno bene in qualsiasi occasione.
  2. Potrei organizzarmi diversamente con la spesa, tipo concentrarla di più sul fine settimana ed diminuire la necessità di aggiunte, e portare sempre con me una di quelle borse di nylon pieghevoli e accartocciabili, in modo da potermi fermare a comperare latte e frutta nel percorso di ritorno.
D'altro canto possiedo già un abbonamento annuale ai mezzi pubblici che utilizzo quanto più possibile, e che potrei utilizzare ancor più intensivamente senza nessun costo aggiuntivo da sostenere per la mobilità.
Facciamo così: provo un paio di settimane e vi faccio sapere come va. Secondo me sopravvivo. E forse, se un giorno un carabiniere mi dovesse telefonare per dirmi: buona notizia, abbiamo ritrovato il suo motorino, chissà che io non risponda: ah sì? tenetevelo.

sabato 12 gennaio 2013

Roba inconcludente con un sacchetto di carciofi tra le mani


Di ritorno dalla consueta spesa del sabato mattina al mercato Trionfale, mi stavo giusto dicendo che in un campo di gioco come quello occidentale, dove le situazioni estreme non sono (per ora) la norma, e ancor di più in un sottoinsieme di nicchia come l'ambiente che frequento, saldamente caratterizzato da un elevato tasso di posti sufficientemente sicuri e famiglie abbastanza tradizionali, la mancanza di alternative di vita concrete e praticabili nel breve periodo può, in alcuni casi e momenti, dare la rassicurante illusione di stazionare nel migliore dei mondi possibili e, come conseguenza non sempre immediata, di posare le chiappe in una bolla di felicità. Sottolineo illusione.
D'altronde nemmeno sotto tortura sarei capace di distinguere tra la felicità e l'illusione di essa, se non altro perché credo siano composte della stessa materia.
Quindi può sembrare che ci si possa stare. Stavolta sottolineo sembrare.

domenica 23 dicembre 2012

Solo qualche giorno di ferie forzate


Prototipo del pendolo galileiano,
a Santa Maria degli Angeli
In periodo di crisi le aziende raschiano il barile, e nel bilancio di una elefantiaca come quella che mi dà da mangiare, il cosiddetto accantonamento per ferie maturate e non pagate può raggiungere cifre stratosferiche e costituire il sottile diaframma tra utile o perdita.
Ed ecco che trovarsi sbattuto a forza subito prima di Natalefuori dalle rassicuranti quattro mura che ti circondano migliaia di ore all'anno con l'unico scopo di consumare gli ultimi giorni rimasti tra quelli contrattualmente pattuiti come riposo ma che durante l'anno non sei riuscito a pianificare in maniera più proficua, diventa qualcosa più che una lontana prospettiva, e se a questo aggiungi che le figlie sono a scuola e la moglie al lavoro, lei che le ferie le ha gestite meglio, ne risulta che ti trovi a gironzolare da solo per la città. E Roma, che pareva non aspettare altro, ti si para avanti discinta e disponibile come un'olgettina.
Bastano pochi minuti per riportare alla mente i posti che avevi sempre accennato di voler di nuovo vedere e che ora puoi farlo davvero, e cominci l'attacco ai bastioni di questo turismo in casa propria mirando dritto alle Santa Maria, da queste parti ce ne sono in ogni angolo: puoi cominciare con Santa Maria degli Angeli che ospita la meridiana del Bianchini e il prototipo del pendolo di Galileo; continuare con Santa Maria della Vittoria con la passione eroticamente marmorea di Santa Teresa trafitta ripetutamente dalla freccia di fuoco dell'angelo; soffermarti almeno mezzora a Santa Maria del Popolo con la cappella Cerasi in fondo a sinistra, stesse coordinate geografiche dei servizi igienici nei bar di periferia, ma questa con i due Caravaggio e il Carracci costituisce forse i sei metri quadri più strabilianti della storia dell'arte; puoi concludere con Santa Maria della Pace e la tribuna ottagonale del Sangallo. Poi forse ti riesce di aggiungere una capatina o poco più a San Luigi dei Francesi, che per azzeccare i pochi minuti di apertura devi fargli la punta per mezza giornata, ma vieni premiato nell'attesa dai Caravaggi, che qui ne becchi tre, e per ultimo una visita al Pantheon chi te la nega, potresti rimanere a rimirare la cupola più bella del mondo senza fiato a testa in su per tutto il tempo che ci vuole, o meglio fino a quando ti regge la cervicale.
Alla fine te ne ritorni a casa pensando che questa cosa della crisi e delle ferie forzate meno male che c'è stata e l'anno prossimo quasi quasi le ferie le pianifichiamo in maniera inefficiente come stavolta, in fondo che male c'è.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo,
San Luigi Dei Francesi

martedì 23 ottobre 2012

Arma non convenzionale


Quando hai deciso di parcheggiare il motorino lì, proprio sul lato destro dello stretto passo carrabile con cui si accede al cortile interno dell'edificio di fronte alla scuola, pensando di sbrigartela in due minuti, giusto il tempo di accompagnare la quattrenne, eri consapevole che sarebbe bastato che un'altra auto avesse occupato il lato sinistro per rendere impossibile il transito. Ma hai subito soffocato le ansie pensando ok, se dovesse succedere non sarà stata colpa mia, ma della seconda auto, sarebbe lei a bloccare l'uscita, non io, anche se nel retrobottega del tuo cervello già si affacciava la certezza che lo sventurato che fosse rimasto bloccato da una morsa moto/auto, non conoscendo lo svolgersi cronologico degli eventi, avrebbe avuto diritto di prendersela con te come con il proprietario dell'auto, e già inconsapevolmente una manciata di enzimi nel tuo sistema linfatico si preparava a liberare al momento opportuno l'adrenalina necessaria alla singolar tenzone.

Ecco, sconfitto più
o meno da questo (fonte)
I tempi a scuola si dilungano oltre i due minuti previsti, sai com'è, la chiacchiera con un genitore, un bacio alla piccola, un altro dài ma questo è l'ultimo davvero, poi la fase flemmatica di avvicinamento al motorino, ti infili con calma il casco, controlli un sms, ovviamente non ricordi nulla dei passaggi mentali avvenuti durante la fase di parcheggio, fino a quando con la coda dell'occhio intercetti una grossa Toyota proprio sul lato sinistro del passo carrabile, il famigerato sito X che avrebbe chiuso il transito, e ritrovi un senso alle tue paure. Istintivamente giri lo sguardo verso l'ingresso del cortile interno, e vedi una vecchia Citroen con il muso affacciato come se volesse uscire, il motore spento ma al posto di guida un individuo che aspetta chissà da quanto e ti guarda calmo, un trentenne di colore, distinto e serafico quel tanto che basta a farti capire che non ci sarebbe stato il tipo di battaglia che immaginavi, che l'adrenalina poteva stare al suo posto (e meno male, sarebbe stato difficile trovare armonia tra lei, l'adrenalina, e la consapevolezza di essere in torto, forse torto condiviso e parziale ma sempre torto), un sorriso Giocondesco sulle sue labbra senza alcunché di provocatorio, solo la serenità di chi ha tempo per aspettare e lo fa brandendo la sua arma non convenzionale, quel sorriso inscalfibile di chi sa di aver già vinto.
E mentre ti profondi in scuse non richieste, concludendo la serie con un infantile Giuro che la prossima volta starò più attento, ti rendi conto di aver appena subito la tua più cocente sconfitta da traffico urbano, trafitto da un'arma non convenzionale.
Ma non erano proibite dalla Convenzione di Ginevra?

mercoledì 18 luglio 2012

Oltre la media



Estate 2012, incredibile caldo a Roma


Sì, va bene, siamo d'accordo, anch'io come voi credo che l'umanità stia pian piano distruggendo l'ambiente in cui vive, e sì, sono con voi quando dite che l'ecosistema sta mostrando i segni evidenti di modifiche strutturali che alla lunga porteranno ad un riassestamento su nuovi livelli di equilibrio attorno a valori ben diversi da quelli che conosciamo, forse addirittura incompatibili con la vita umana. E ok, le vedo anch'io le foto dei ghiacciai che si stanno sciogliendo.
Ma quello che non capisco è perchè deve far notizia se un valore metereologico si attesta su livelli diversi da quelli della media del periodo. Edizione straordinaria, ieri abbiamo avuto temperature di gran lunga superiori alla media del periodo. Incredibile, lo scorso Febbraio ha nevicato più della media.
La media, ecco. Da quello che avevo capito a scuola, è così che funziona, la media: se hai dei valori diversi tra loro e vuoi tirare fuori un solo numero che sia abbastanza rappresentativo, una delle possibilità che ti si offre (non è l'unica, ma è la più utilizzata) è mostrarne la media, ossia la somma dei valori stessi diviso la loro numerosità. Di solito la media è un valore che si pone tra gli estremi della serie, e lascia presupporre che in origine i valori misurati erano alcuni alti, alcuni bassi, alcuni proprio vicini a quello che in futuro sarà la loro media, ma probabilmente non tutti uguali. Se a Roma a luglio in media ci sono 30 gradi (fonte: ilmeteo.it, il sito più visitato dopo Google, a quanto mi risulta), è proprio perchè qualche volta ce ne sono stati 28 e qualche altra 34, e non c'è nulla di eccezionale in quel fottuto 34, è semplicemente uno dei valori che ha contribuito a determinare la media di 30.
Niente, solo questo.

mercoledì 9 maggio 2012

Un luogo comune alla prova dei fatti

Non so lì da voi, ma oggi a Roma è una giornata bellissima. Sole, venticello secco e fresco, temperatura sui venti gradi, bella gente.

domenica 6 maggio 2012

venerdì 27 aprile 2012

Notte brava

Non la mia, tranquilli. Le mie notti hanno smesso di bravare nel 1995. Qualcuno però stanotte si è divertito con il mio scarcagnato scooter, quello che utilizzo nei miei quotidiani impegni di accompagnatore scolastico della prole e nelle fasi di avvicinamento, sempre quotidiane, alla fermata della metro, mezzo che poi mi conduce al lavoro.

lunedì 23 aprile 2012

Er Pomata

Di solito pendolo in metropolitana, ma di tanto in tanto non mi faccio mancare un buon vecchio autobus di linea. Venerdì pomeriggio sono sul 490, tragitto da Castro Pretorio a Piazzale degli Eroi.

lunedì 19 marzo 2012

Del resto quando hai a che fare con un ragazzino

 
Maratona di Roma 1012 - partenza dal Colosseo

Il soggetto della sperimentazione si è dimostrato del tutto imprevedibile e inadatto ad una valutazione oggettiva. In poche parole un imbecille.

sabato 17 marzo 2012

Roma in diretta

Domani domenica 18 marzo vi segnalo caldamente, a partire dalle 8:00 su LA7 e in streaming su la7.it e su youtube.com/la7intrattenimento, la diretta della maratona di Roma. Si tratta di un'occasione unica per vedere la città come non l'avete mai vista, di curiosare nei cortili privati dei palazzi romani e di scoprire angoli sconosciuti approfittando delle telecamere montate sugli elicotteri. Chi ha visto la diretta dell'anno scorso sostiene che si tratta di un'esperienza unica. E chissà che tra un giardino all'italiana e una piazzetta non riusciate a scorgere la figura barcollante e sofferta del tacchino...

Mani avanti



Percorso Maratona di Roma
(leggermente variato rispetto alla
scorsa edizione)

Domenica parteciperò alla Maratona di Roma, la regina di tutte le battaglie, sulla distanza olimpica di 42km e 195m. Detto così sembra fico, ma lo è molto di più.