lunedì 24 dicembre 2012

Not So Frequently Asked Questions


Tempo di feste, tempo di compiti per le vacanze.
L'homework di una settenne non è poi così difficile, le domande alle quali deve cercare risposta non sono mai complicate, spesso la soluzione è contenuta nelle righe subito sopra, nei pochi dati di un problema, nella figura che illustra la pagina, basta guardarsi un po' intorno e il gioco è fatto. La settenne a questo ci è abituata, conosce le regole della competizione ed è stata addestrata ad utilizzarle, non ci sono scossoni né imprevisti.
Poi stamattina succede l'imponderabile.
-Papo, c'è una domanda che non capisco, mi aiuti?, che vuol dire questa cosa?
Tu stai prendendo il caffè, ti avvicini al tavolo da lavoro già pregustando la figura da grande sapiente che potrai fare aiutato non chissà da quale scienza infusa ma solo grazie ad un briciolo di esperienza nei meccanismi della scuola e alle mille prove d'esame sostenute nella tua carriera ventennale di studente. Ti aspetti la solita questione su quante caramelle rimangono nella scatola, oppure su che vegetazione trovi sopra ai tremila metri, per la quale potrai finalmente riaprire quel cassettino dietro l'ipofisi da cui tirar fuori quel "muschi e i licheni" che pensavi non avresti mai potuto utilizzare e invece alla fine tutto serve, nella sudata costruzione del nozionismo non si butta via nulla.
-Dimmi piccolina, il tuo papone onnisciente è qui per aiutarti.
-Qui sul libro c'è una storia di due pagine che ho letto, poi ci sono alcuni quesiti sulla comprensione del testo ai quali ho risposto, poi mi si chiede un riassunto che ho fatto.
-Allora?
Non dice letteralmente "quesiti sulla comprensione del testo".
-Alla fine c'è una domanda che non capisco, dice "cosa ne pensi?"
-"Cosa ne pensi?"
-Sì, "cosa ne pensi?"
Accidenti, e ora? Come si spiega il significato di questa roba? So illustrare alla perfezione un problema di matematica (almeno quelli di livello elementare) e le operazioni necessarie per risolverlo, so dare indicazioni per fare un buon riassunto, so ripetere una lezione di storia. Ma come si fa a spiegare come avere un'opinione personale su qualcosa?
Ecco Tacchino, quarantuno anni, che cerca di spiegare alla figlia studentessa di terza elementare cose su cui lui stesso ha difficoltà a volte insormontabili: quello che pensi è davvero farina del tuo sacco? Fino a quanto è solo sentito dire, solo meme digerito e rigurgitato, solo idea letta da qualche parte e ora riproposta? In cosa consiste l'autonoma invenzione, la libera opinione? 
Provo ad arrabattare concetti astratti tipo "che sentimenti provi" ma mi accorgo che sono fuori strada, poi provo con "cosa ti ricorda" ma anche questo c'entra poco. È meglio cercare di capire cosa davvero ne pensa del racconto o farle capire che conviene rispondere quello che la maestra vorrebbe sentirsi dire? Sono tentato di arrendermi, ma il papo onnisciente che figura farebbe? Vado in loop, alla fine propendiamo per la solita banalità, rimaniamo nella mediocrità attesa in una terza elementare. 
Opinioni personali. Cosa ne pensi. Roba da matti, ma sono domande da farsi?

domenica 23 dicembre 2012

Solo qualche giorno di ferie forzate


Prototipo del pendolo galileiano,
a Santa Maria degli Angeli
In periodo di crisi le aziende raschiano il barile, e nel bilancio di una elefantiaca come quella che mi dà da mangiare, il cosiddetto accantonamento per ferie maturate e non pagate può raggiungere cifre stratosferiche e costituire il sottile diaframma tra utile o perdita.
Ed ecco che trovarsi sbattuto a forza subito prima di Natalefuori dalle rassicuranti quattro mura che ti circondano migliaia di ore all'anno con l'unico scopo di consumare gli ultimi giorni rimasti tra quelli contrattualmente pattuiti come riposo ma che durante l'anno non sei riuscito a pianificare in maniera più proficua, diventa qualcosa più che una lontana prospettiva, e se a questo aggiungi che le figlie sono a scuola e la moglie al lavoro, lei che le ferie le ha gestite meglio, ne risulta che ti trovi a gironzolare da solo per la città. E Roma, che pareva non aspettare altro, ti si para avanti discinta e disponibile come un'olgettina.
Bastano pochi minuti per riportare alla mente i posti che avevi sempre accennato di voler di nuovo vedere e che ora puoi farlo davvero, e cominci l'attacco ai bastioni di questo turismo in casa propria mirando dritto alle Santa Maria, da queste parti ce ne sono in ogni angolo: puoi cominciare con Santa Maria degli Angeli che ospita la meridiana del Bianchini e il prototipo del pendolo di Galileo; continuare con Santa Maria della Vittoria con la passione eroticamente marmorea di Santa Teresa trafitta ripetutamente dalla freccia di fuoco dell'angelo; soffermarti almeno mezzora a Santa Maria del Popolo con la cappella Cerasi in fondo a sinistra, stesse coordinate geografiche dei servizi igienici nei bar di periferia, ma questa con i due Caravaggio e il Carracci costituisce forse i sei metri quadri più strabilianti della storia dell'arte; puoi concludere con Santa Maria della Pace e la tribuna ottagonale del Sangallo. Poi forse ti riesce di aggiungere una capatina o poco più a San Luigi dei Francesi, che per azzeccare i pochi minuti di apertura devi fargli la punta per mezza giornata, ma vieni premiato nell'attesa dai Caravaggi, che qui ne becchi tre, e per ultimo una visita al Pantheon chi te la nega, potresti rimanere a rimirare la cupola più bella del mondo senza fiato a testa in su per tutto il tempo che ci vuole, o meglio fino a quando ti regge la cervicale.
Alla fine te ne ritorni a casa pensando che questa cosa della crisi e delle ferie forzate meno male che c'è stata e l'anno prossimo quasi quasi le ferie le pianifichiamo in maniera inefficiente come stavolta, in fondo che male c'è.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo,
San Luigi Dei Francesi

venerdì 21 dicembre 2012

21 Dicembre 2012, sera

Pensa che mi sono pure preso un giorno di ferie per godermi lo spettacolo e alla fine sta profezia dei Maya era 'na stronzata.
Aspetto un'altra mezzora e poi vado a dormire.

mercoledì 19 dicembre 2012

Infinite Jest - Take 2.0

Inutile cominciare altre avventure quando non hai ancora terminato quella che stai vivendo.
Inutile cercare la Qualità altrove se sai già benissimo dove trovarla.
Inutile provare a distogliere l'attenzione da qualcosa che ormai fa parte di te.
Puoi solo cercare di capire meglio, e vi assicuro che di spazio per capire meglio ce n'è in abbondanza: in ogni pagina la complessità ci riserva prospettive diverse, lati inesplorati, dettagli importanti che come diavolo hanno fatto a sfuggirti non lo capisci proprio.
Riprendere per la seconda volta in mano IJ è un atto dovuto, dopo che hai esplorato gli altri scritti di Wallace e sì, ti sono piaciuti, ma il Mondo Capolavoro è sempre lì, metri sopra il resto, occhio del ciclone, punto d'arrivo e di partenza di tutto.
Solo che il processo da seguire gioco forza deve cambiare.
Se alla prima lettura ti eri portato appresso il Kilo Viola dovunque, e l'avventura era stata rappresentata dal contenitore quanto dal contenuto, ora ti metti più comodo, e sfrutti la leggerezza del kindle che ti può accompagnare dovunque in maniera discreta, che non hai mica più bisogno di sbandierare hal mondo che stai leggendo L'Opera, l'hai già fatto, quello dell'esibizionismo è un gioco che ti ha divertito a suo tempo, adesso sei diverso, sei cresciuto. Ci sei passato attraverso.
Se la prima volta ti eri adagiato sul sentiero tracciato dal traduttore italiano (Edoardo Nesi ha fatto un ottimo lavoro, ma infinite cose sono davvero intraducibili), alla seconda il passo è obbligato, e il kindle ti permette un'impresa impossibile su carta: portarsi dietro la versione originale e quella tradotta simultaneamente (sarebbero stati due Kili sulle spalle, compito improbo anche per un ragazzotto in forma come il Tacchino).
Eccoti con il mitico ebook reader di quella libreria on line che ora non mi viene il nome ma che ogni anno deve buona quota del suo fatturato agli eterogenei acquisti della famiglia pennuta al completo che, spinta dall'ottimo servizio clienti, non bada né a spese né a potenziali errori, tanto si può restituire tutto, e questo è il paradiso dello shopping compulsivo, l'evoluzione post-moderna del consumismo, insomma eccoti lì che salti da un paragrafo di Nesi ad uno di Wallace cercando sfumature, acronimi trasformati, aderenza delle note. E ti diverti come un bambino, perchè aggiungi alla scoperta dei mille dettagli sfuggiti alla prima lettura anche il piglio del detective alla ricerca del bandolo della matassa.

La seconda (lettura) è meglio della prima (parafrasando il Verdone di "Acqua e Sapone", e 'a mejo, dimmelo qual'è 'a mejo? -A mejo, 'a seconda. -'A seconda? -Tremenda proprio), il romanzo svela un sistema chiuso e coerente con se stesso, un universo completo e complesso, simmetrico, autoreferenziale, geometrico, perfetto.

E allora, prima di cominciare una nuova saga di impressioni a caldo ad uso e consumo esclusivo dei fanatici, un consiglio agli amici: riprendete i vostri mattoni nascosti negli angoli più inaccessibili della libreria, rispolverate le vostre copie Einaudi con serenità, non c'è alcun pericolo: abbandonatevi anche voi all'Intrattenimento.

Nei paragrafi che seguiranno avevo la necessità di indicare i capitoli in qualche modo chiaro e univoco per tutti. I famosi pallini della versione cartacea non mi paiono sufficienti: perchè considerare solo quelli come suddivisione e non le sezioni che iniziano con l'intestazione in caratteri maiuscoli dell'anno sponsorizzato?
Ho dovuto fare una scelta: considero capitoli, e li chiamerò con l'ordinale scritto a lettere, quelli della versione originale in .mobi, ossia quelli che scorrono schiacciando il lato destro del cursore centrale del mio Kindle 4. Vi potrà sembrare una scelta particolaristicamente dettata dalla mia disponibilità di supporti tecnologici, ma la considero riproducibile da chiunque voglia davvero farlo, lo definirei un algoritmo computabile, quindi oggettivo.
Non potendo vomitare senza cernita tutto quello che mi è venuto in mente in questa seconda lettura, lo farò a rate.
In questi giorni ho superato il 10% (siete rimasti ancorati al numero di pagina? obsoleti!), ma non credo di riuscire a parlare di tutto in un solo post. Quindi, di seguito alcune delle cose che ho notato alla seconda lettura di Infinite Jest, di David Foster Wallace, che non avevo per nulla notato o sufficientemente approfondito alla prima lettura e che mi pare valga la pena scrivere su un blog. Mi fermerò quando mi stanco.


Questo è quanto di più erotico
sono riuscito a scovare

Primo (capitolo della versione originale in .mobi). Hal dice un paio di volte che lui c’è lì dentro, che non è solo un automa come forse si sospettava qualche tempo prima: non sono una macchina. Sento e credo. Ho opinioni. Questa storia di Hal incapace di provare emozioni, privo quasi di autocoscienza, una sorta di automa super-intelligente capace di citare a memoria le varie edizioni dell'Oxford English Dictionary, diventato così forse a causa del fungo mangiato da piccolo, ma anche aiutato nel processo dall'intera didattica dell'ETA, basata sulla hardwareizzazione del tennis, sull'interiorizzazione delle azioni  ripetute ogni giorno per anni, accompagnerà un po' tutto il romanzo. Alla prima lettura lo avevo certamente sottovalutato. In queste pagine vengono enumerate le tesine elaborate da Hal per l'ammissione al college, e vengono fuori parecchie delle tematiche che ricorreranno nelle pagine successive (la filmografia paterna, l'intrattenimento, la grammatica prescrittiva, l'erotica bizantina).

Secondo. Il capitolo dedicato a Erdedy che aspetta i due etti di marijuana è intenso, le ansie e i flussi di pensiero sono davvero tipici, la voglia di chiudersi in casa e l’eccitazione nell’attesa del nuovo intrattenimento sono coinvolgenti, o perlomeno a me mi pare di averli già provati quando da piccolo attendevo un gioco nuovo o andavo a comprare un disco,

Terzo. Prima macroscopica incongruenza tra versione originale e edizione italiana. Primo aprile dell'anno dei cerotti medicati Tucks, in base alla sequenza degli anni sponsorizzati (uno dei primi meccanismi da apprendere nell'affrontare il libro, vedi anche lo schema in fondo a questo post) Hal ha 10 anni.
Versione inglese:
"You're how old, Hal, fourteen?"
"Til be eleven in June, Are you a dentist? Is this like a dental consult?"
"You're here to converse"
e poi poche pagine dopo,
"Listen, are you okay?"
"Do you?"
"I'm ten, for Pete's sake. I think maybe your appointment calendar's squares got juggled. I'm the potentially gifted ten-year-old tennis and lexical prodigy [...]".
Versione italiana
"Hai quanti anni, Hal, quattordici?"
"Ne avrò tredici a giugno. Lei è un dentista? È una specie di consulto destistico?"
"Sei qui per conversare"
 e poi
"Ascolti, si sente bene?"
"E tu?"
"Ho dodici anni, per la miseria. Mi sa che forse c'è un po' di casino nella sua agenda di appuntamenti. Io sono il dodicenne prodigio tennistico e lessicale [...]"
Non so, gli errori tipografici nell'edizione Einaudi sono vari, ma questo qui sopra, oltretutto reiterato, proprio non mi va giù. Che senso ha?
Comunque. Questo è il capitolo del conversazionalista, in cui James Incandenza, spacciandosi per conversatore professionista per riallacciare il rapporto con Hal, che lui, Jim, vede come inesistente, tra una cosa e l'altra ci fornisce parecchi spunti per la storia a venire. Accenna ad alcune interconnessioni tra la famiglia Incandenza e Du Plessis, quello che poi viene ucciso soffocato dal proprio raffreddore durante una rapina di Gately; si fa cenno a Luria P., la modella di manicure svizzera appassionata di Toblerone, quale assistente e forse amante di Du Plessis.
Verso la fine del capitolo si accenna, non so se in maniera ironica, ad una serie di interventi su James Incandenza che ne spiegherebbero, se confermati, senza più alcun dubbio il suicidio. Cito: "crudele serie di disintossicazioni e trattamenti anticonvulsivi e gastrectomia e prostatectomia e pancreatectomia e fallotomia"

Quarto. Prima conversazione telefonica di Hal con Orin. Trovo le loro conversazioni a dir poco sublimi. Mentre Hal si prepara ad uscire dalla stanza si sentono fuori i rumori prodotti da Brandt e Kenkle, addetti alle pulizie dell'ETA, nella loro prima apparizione. Li rivedremo in fondo al romanzo, un ulteriore elemento a conferma della simmetricità della struttura del romanzo e dell'utilizzo dei personaggi.

Quinto. Descrizione del lavoro e della casa dell'attaché medico mediorientale, prima vittima dell'Intrattenimento. È negli Stati Uniti come consulente otorinolaringoiatra del medico personale del principe Q., ministro saudita dell'Home Entertainment, in affari con la Interlace (vi dice qualcosa?). Il principe ha parecchi problemi alle mucose dovuti al fatto che si nutre esclusivamente di Toblerone, il cioccolato svizzero, lo stesso adorato da Luria P. A casa sua "la credenza si trova sulla parete opposta alla poltrona reclinabile elettronica, sotto un trittico di erotica bizantina d'alta qualità". Comincia a visionare Infinite Jest il primo aprile APAD, esattamente sei anni dopo l'episodio del conversazionalista narrato poche pagine prima.

Sesto. Il capitolo di Wardine e delle violenze che subisce da Roy Tony, spacciatore che compare spesso nelle pagine del libro. Poi `e la volta di Bruce Green e della bellissima Mildred Bonk, che andranno a dividere la roulotte con Tommy Doocey, lo spacciatore dal labbro leporino, altra comparsa ricorrente in altre pagine del libro.

Settimo. Primo dialogo tra Hal e Mario. Hal racconta una barzelletta a Mario, che nella traduzione italiana rende pochissimo.
Ve la propongo in originale, la trovo fantastica:
“Mario, what do you get when you cross an insomniac, an unwilling agnostic and a dyslexic?"
"I give."
"You get someone who stays up all night torturing himself mentally over the question of whether or not there's a dog.”
Subito prima Mario da prova del fatto che lui Hal lo capisce davvero, e forse è l'unico: "Ma cosa ti senti dentro, niente?" "Mario, tu ed io siamo un mistero l'uno per l'altro. Su questo fatto siamo schierati da due parti opposte, tra noi c'è una differenza invalicabile. Ora restiamo distesi in perfetto silenzio e pensiamo a questa cosa."

Il post comincia a diventare troppo lungo, lo taglio qui.
Ne riparleremo. Ma forse no.


sabato 15 dicembre 2012

Di nuovo sulla congettura di Babbo Natale

Siamo quasi a natale, vi ripropongo quanto scrissi un anno fa. Alcune condizioni al contorno sono variate, ma il contesto di base è immutato. La congettura di Babbo Natale, come quella di Goldbach o quella dell'Anima, pur non dimostrata, è ritenuta vera dai più.
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Mia figlia V. ha sei anni e crede a Babbo Natale.
Fin qui nulla di strano, i bimbi credono a quello che i grandi raccontano loro, la capacità critica di analizzare i fatti senza lasciarsi influenzare dalla tradizione e dalle voci del popolo arriva solo dopo, se arriva. E poi credere a Babbo Natale è anche una buona spiegazione per alcuni fatti che non si riescono a spiegare altrimenti: chi porta tutti quei regali? Chi è quel signore grasso vestito di rosso che campeggia sui cartelloni pubblicitari? E, soprattutto, se ci credono tutti ci sarà un motivo, no? E quindi quella di Babbo Natale è una congettura accettata all’unanimità (perlomeno nel mondo dei bimbi).
La compagna di banco di mia figlia, E., qualche settimana fa ha cominciato a sollevare dei dubbi, ha individuato alcuni elementi che si scontrano con la congettura di Babbo Natale. Secondo lei è difficile portare in una sola notte regali a tutti i bimbi del mondo, i bimbi sono davvero tanti. E poi E. non si spiega come facciano le renne a volare, le ha viste allo zoo e le sono sembrate tutt’altro che leggére e sicuramente prive di ali. E. ha raccolto degli elementi che ritiene oggettivi e ha avanzato un’ipotesi alternativa a quella classica: lei crede che i regali vengano portati da zii, nonni e genitori, e che Babbo Natale (è dura da scrivere, ma riporto solo l’ipotesi di E.) non esista. E. ritiene che quest’ipotesi si adatti meglio ai fenomeni osservati, e renda superfluo ricorrere a sovvertimenti temporanei delle leggi di natura (estensione del tempo della notte di Natale e renne che volano). Se si postula la non esistenza di Babbo Natale, o perlomeno la sua estraneità alla consegna dei regali, tutto è più semplice. Non c’è nemmeno bisogno dell’efficiente quanto anacronistico servizio postale che permette la comunicazione dei desideri dei bimbi. Tutto fila liscio senza troppe complicazioni. Ad E. tutto questo sembrava lampante, almeno fino a ieri.
Ma purtroppo E. è rimasta sola. La congettura di Babbo Natale, sostenuta all’unanimità dal resto dei bimbi nonostante le ragionevoli obiezioni sollevate da E., è ancora il sistema di spiegazione della realtà universalmente accettato in classe. La piccola E. è stata all’inizio trattata con incredulità, poi è stata sbeffeggiata e infine anche isolata in qualche gioco. Ma E. è un animale sociale, e ne soffre.
Stamattina a colazione mia figlia V. mi ha detto che ora anche E. crede a Babbo Natale. Non è riuscita a rimanere sola per molto, vuole far parte del gruppo, vuole che gli altri la considerino una di loro.
A quelle condizioni forse avrei fatto lo stesso.

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venerdì 14 dicembre 2012

Carnevale della matematica #56

Questo mese il Carnevale della matematica, giunto all'edizione #56, è ospitato da Scienza e MusicaConsigliatissimo un giro sul blog ospitante (ricchissima la trattazione del tema di questa edizione, "Algebra, algebre e storia dell'algebra", nel post di presentazione) e sui singoli contributi, sempre vari ed interessanti. Sappiate che il mio week end sarà dedicato alla lettura del tutto.
A proposito, il vostro Tacchino partecipa con questo post su due diversi approcci logici alla filosofia matematica. Questo è l'unico che non leggerò.

mercoledì 12 dicembre 2012

Sull'onda del rinnovamento

Oggi è il 12.12.12 e, visto che in base al calendario gregoriano attualmente in uso non mi pare che a breve possa presentarsi un'occasione sì propizia, è d'uopo festeggiare: a mensa prenderò le patatine fritte.
Buon giorno triplice a tutti.

martedì 11 dicembre 2012

Interrogazione a sorpresa

Nella zona d'ingresso dell'azienda dove lavoro, proprio dietro alla reception, ci sono due macchinette per rilevare le presenze, di quelle che ci devi passare il badge ed emettono un bip visualizzando il tuo nome, come un saluto per dire che ti hanno riconosciuto. Sono sei anni che badggio sempre in quella di sinistra, anche a costo di attendere se c'è qualcuno davanti a me e quella di destra è libera. Gli impiegati sono gente abitudinaria, sapete.
Oggi ho badggiato in quella di destra.
Volevo vedere se mi riconosceva anche lei.

sabato 8 dicembre 2012

Liberi tutti

Tempo fa lo cercai indefessamente in rete senza successo, per un qualche oscuro motivo era stato tolto dalla circolazione. Oggi l'ho trovato di nuovo.
Oltre ad essere un video di ottima fattura, lo considero un rito liberatorio, soprattutto dal minuto 4.20 in poi. Liberatevi con me.