venerdì 29 marzo 2013

Comunicazione di servizio per il papà di Armandino



Eccoti qui, sabato mattina, seduto in una panchina sugli spalti di questa umida piscina di periferia, con la camicia impregnata di sudore misto a vapori di cloro, che fremi d'emozione per un progresso del piccolo Armandino nella bracciata a dorso che risulterebbe impercettibile ad occhi non paterni. Come hai fatto a ridurti così? Tu che non eri certo il re della discoteca ma avevi comunque il tuo giro, il tuo discreto successo, la tua platea femminile, le tue piccole vittorie. Tu che gestivi le tue giornate tra qualche soddisfazione sul lavoro, molte serate col branco a fare il pieno di pistacchi e Havana Club e di tanto in tanto una notte con chi ti portava la provvidenza. Adesso sei una larva bagnaticcia senza un minimo d'amor proprio e senza una maniera migliore per trascorrere il fine settimana; e sai che c’è? a guardarti da qui il tuo lato peggiore è proprio quel sorriso ebete stampato sul viso e dedicato ad un marmocchio capriccioso.
Quando è cominciato tutto questo? Come? Dove? Sei lì che provi a fare qualche riflessione, ripercorri all'indietro la tua triste vita per capire qual è stato il bivio, quale la scelta, quale circostanza che ti ha condotto fino a quella panchina umidiccia quel sabato mattina.
Ci pensi.
E la prima cosa che ricordi è l’odore di disinfettante misto ad anestetico.
La seconda è il colore sbiadito delle luci al neon riflesse su quelle pareti verdine che portano dentro di sé l’essenza stessa dell’ospedale.
La terza sono le grida di persone adulte e nel pieno delle forze e della salute, ma che comunque gridano, miste ai vagiti di qualche nuovo nato.
La quarta sei tu che all’improvviso realizzi che qualcosa è cambiato.
È stato lì che lo hai conosciuto, prima di allora era solo una rotondità anomala sul ventre della tua donna, anche con un non so che di sexy. (Poi sparito subito, il non so che, non la rotondità).
Voglio dire, per lei è stato facile, Armandino ha vissuto nove mesi all’interno del suo corpo e lei ne ha approfittato per abituarsi all'idea della sua esistenza, per creare quella che ingenuamente crede essere una complicità, una simbiosi, una dipendenza reciproca, ma che a guardarla con oggettività è un lurido rapporto tra parassita e organismo ospitante, che non termina mica dopo la nascita, ma continua con l’allattamento e con qualche altra decade di convivenza e mantenimento forzato.
Ma per te, il papà.
Per il papà non è stato semplice.
Il papà ci cade dentro all’improvviso, come in una fottuta trappola.
Qualcuno di voi pensa sia semplicemente arrivato il momento di trovarsi un nuovo ruolo, a volte arriva a ritagliarselo su misura, e prova a risolvere l’impasse rifugiandosi nei tecnicismi tipici di alcuni gruppi con cromosomi Y; allora li vedi cambiare la macchina, comprare la Station Wagon, meglio se usata, così stiamo comodi e risparmiamo, o cercare il passeggino con il miglior rapporto peso/tenuta-di-strada. Altri si lanciano nell’organizzazione, stabiliscono nuovi orari e nuovi riti di spostamento di massa verso nonni o amici con prole, si occupano di tessere una nuova rete di relazioni che un giorno potrebbe rivelarsi preziosa, non si sa mai. I più fortunati di voi alla fine si convincono di averlo davvero, quel ruolo.
Ma tu ti stai rendendo conto che il ruolo del padre è un’illusione, una convenzione creata per non avere l’inconveniente demografico di milioni di maschi che vanno in giro a spargere il seme, e per cercare di tenere attaccata una società sul troppo astratto concetto di famiglia. La verità è che il tuo vero ruolo, quello genetico, quello evolutivo, non esiste. Rimarrai a vita un incidente di percorso nel rapporto madre-figlio, un intruso, un disadattato, un senza terra, un clandestino, un barbone all’interno di quello che credi sia il tuo nucleo sociale di base. L’unica cosa che ti si richiede è portare a casa un flusso finanziario stabile e sicuro, sporcare il meno possibile e cercare di non far rumore, che il bimbo dorme.
Sei sempre lì sulla panchina, la puzza di cloro ti attanaglia l’ipofisi, quando all’improvviso hai un lampo di genio, una di quelle rare illuminazioni sulle quali si sono costruite intere saghe filosofiche orientali, e diventi perfettamente consapevole dell’estrema verità di uno di quei principi evoluzionistici che avevi appreso solo in maniera rudimentale sui banchi di scuola: la nuova vita per svilupparsi deve assorbire qualcosa di energetico, e una vecchia vita è quello che fa al caso suo; l’evoluzione funziona proprio così: il nuovo sostituisce il vecchio, ma non solo da un punto di vista cronologico: lo fagocita, se ne nutre, cresce sulle sue ceneri, ha bisogno della sua morte. E capisci che alla fine il tuo ruolo è quello: morire perché il nuovo viva, in una sorte di rottamazione ciclica e predestinata. Solo così si spiega tutto: questa malinconia da stagione finita, questa tristezza da compleanno degli anta, lo squallore di questa piscina, e fuori sta cominciando anche a piovere.
Stai per andare al bagno a vomitare, poi lo sguardo incrocia per caso la corsia dove tuo figlio sta imparando a nuotare. Gli occhi ti si colmano di orgoglio, vecchio coglione. Tranquillo. E’ solo la trappola che scatta. Ora neanche tu potresti fare a meno.

giovedì 14 marzo 2013

Ancora sui vantaggi del furto

Oggi fa una settimana che mi hanno rubato lo scooter; da allora nei movimenti da e verso il lavoro e nei i trasferimenti connessi con la giornata feriale media (scuola bimbe, piccole spese, riunioni di lavoro fuori sede, ecc.) utilizzo esclusivamente i mezzi pubblici e i miei onorati piedi. Ho raccolto sufficienti dati per farvi sapere come sta andando.

Aperta parentesi. Mi hanno fatto notare che il termine "motorino" utilizzato nel precedente post a designare il mezzo che mi è stato fraudolentemente sottratto, un Liberty 150, era alquanto impreciso, e denotava l'appartenenza del sottoscritto ad un generazione cresciuta versando miscela al 2% nei poco capienti serbatoi di Ciao e Sì Piaggio. Me ne scuso. Da oggi per indicare un motociclo di piccola cilindrata utilizzerò il più moderno "scooter". Va bene così, pignoletti quarantenni dei miei cabasisi? E chiusa parentesi.

La settimana trascorsa è stata utile per la verifica delle stime dei tempi di trasferimento tramite misure effettive, e mi ha fornito l'occasione di meravigliarmi per l'accuratezza delle prime grazie ad un congruo campione delle seconde. Le stime più accurate erano quelle relative ai tratti a piedi, più che altro per due motivi: primo, un buon runner conosce sempre la propria andatura, secondo, quei tratti non sono inficiati da Tempi di Attesa Mezzi Pubblici su Ruote (in seguito TA), sempre di difficile valutazione.
Di seguito uno schema dei miei percorsi usuali con l'indicazione dei tempi effettivi espressi in minuti. Non viene analizzato il tratto metro-ufficio in quanto rimane immutato rispetto a prima e non era sottoposto a verifica (anche quando avevo lo scooter, il mezzo veniva utilizzato per arrivare fino alla fermata della metro per poi proseguire con quella).


Percorso con bus a piedi con scooter
casa-scuola NA 4 4
scuola-metro 15 19 5
casa-metro 15 21 7





NB: i tempi "con bus" comprendono il tragitto a piedi da e per la fermata del bus (6 minuti), il tratto in bus (6 minuti) e una media di TA (3 minuti). I tempi "con scooter" comprendono le fasi propedeutiche all'utilizzo del motomezzo, quali apri il bauletto, infila i guanti, indossa il casco e fallo indossare ai passeggeri, richiudi il bauletto ecc., operazioni che, soprattutto nei tratti brevi, pesano molto sui tempi totali del viaggio. Questo fattore "preparazione", insieme al fatto che lo scooter, a differenza dei piedi, è tenuto a seguire i percorsi obbligati del traffico (tipo i sensi unici e i semafori), rendono uguali i tempi di percorrenza dello scooter e dei piedi nel tragitto casa-scuola.

Ora, già vedo le boccucce dei pignoletti di cui sopra che si aprono a facili considerazioni: Tacchino, come fai a sapere i tempi dei trasferimenti con scooter se tu uno scooter non ce l'hai più? Non mi dirai che li avevi presi prevedendo il furto e la tua successiva decisione di utilizzarli per un post? O non mi dirai (peggio) che quei tempi li stai stimacciando proprio ora mentre scrivi, con l'evidente incentivo a sovrastimarli per dimostrarci che la tua decisione di rinunciare allo scooter è ben ponderata?
A quei pignoletti io rispondo: fottetevi.

Analizziamo piuttosto i dati: non sussistono particolari problemi sul tratto casa-scuola, per il quale il nuovo status di pendolare appiedato non mi ruba nemmeno un minuto. Appare invece evidente come, nei tratti da e per la fermata della metro, la scelta tra aspettare il bus e avviarsi a piedi dipende esclusivamente da TA. Se TA è maggiore della differenza tra il tempo dello stesso tratto a piedi e 12 minuti (tempo di percorrenza con bus al netto di TA), allora conviene andare a piedi, altrimenti meglio aspettare il bus. Il problema è che TA è poco prevedibile. Alcune fermate del centro sono munite di palette elettroniche che informano su TA, ma da me non sono ancora arrivate. Esistono poi alcune modalità per furbofoni (Apps tipo Roma Bus o anche una visita al sito dell'Atac) dove vengono forniti con sufficiente accuratezza i minuti da aspettare, ma per ora le mie dotazioni tecnologiche non arrivano a tanto. Di solito mi organizzo in maniera empirica: se vedo che la fermata è vuota, ci sono buone probabilità che il bus sia appena passato, e che quindi ci sarà da aspettare più dei 3 minuti medi. In quei casi vado a piedi. Altrimenti provo ad aspettare 4 minuti (nel caso del tratto scuola-Metro) o 6 (nel caso del tratto casa-metro): se entro quelli non vedo stagliarsi un mastodonte giallo-arancione all'orizzonte, vado a piedi. La misurazioni dei giorni scorsi indicano inolte che TA varia nel corso del giorno, muovendosi da valori prossimi allo zero di mattina (quando le corse sono più frequenti e spesso con un breve scatto felino riesco a salire sui bus che scorgo in arrivo mentre mi avvicino alla fermata) fino ad un massimo di 5 o 6 minuti della sera. Oltre i 6 minuti non saprei dire, visto che come ho già detto superata quella soglia mi avvio a piedi.
E' sicuramente vero che i tempi con scooter in questi tratti medio-lunghi sarebbero minori, e che il vantaggio cresce nel tratto più lungo (casa-metro), arrivando ad un risparmio massimo di 14 minuti rispetto ad un percorso totalmente a piedi. Ma 14 minuti non sono molti se li confrontate con le ere geologiche o con i vantaggi di muoversi senza mezzi meccanici propri, vantaggi che per vostra comodità riepilogo:




La mia solita fermata del bus

  • Risparmio di denaro (tra assicurazione, bollo, carburante, manutenzione, accessori arrivavo a circa 800 euro l'anno. A questi va aggiunto l'eventuale ammortamento dell'acquisto del mezzo, che nel mio caso era prossimo allo zero, ma in caso di scooter nuovo fiammante può arrivare anche a mille euro l'anno)
  • Meno incidenti stradali
  • Meno litigi per questioni di traffico
  • Nessun impatto ecologico aggiuntivo per la comunità
  • Allenamento mattutino e serale con cardio walking (in caso di tratti completamente a piedi)
  • Possibilità di utilizzo migliore del tempo: posso ascoltare la radio nei tratti a piedi recuperando il tempo completamente perso della guida, posso telefonare o inviare sms nei tratti in bus (tratti durante i quali l'ambiente scarsamente confortevole e la brevità del percorso non consente letture più impegnate)
  • E, last but not least, notevole interesse faunistico della mia solita fermata del bus.

Conclusione uno: viva l'emancipazione dai mezzi privati.
Conclusione due: anche se avessi raggiunto la conclusione uno qualche tempo fa, non sarei comunque mai riuscito a sbarazzarmi di un motorino scooter perfettamente funzionante. Ergo, ringrazio pubblicamente lo sconosciuto che mi ha aiutato in questa evoluzione verso la libertà, anche se avrei preferito l'utilizzo di una efficace comunicazione interpersonale rispetto al furto con scasso.
Un'ultimissima considerazione. Come vi sarete probabilmente accorti, questa emancipazione dai mezzi meccanici privati mi elettrizza anzichenò, e fino a ieri non me ne riuscivo a spiegare completamente il motivo.
Poi stamattina l'ho capito: organizzare spostamenti basati solo sui mezzi pubblici e sui piedi mi riporta indietro di vent'anni, quando giravo l'Europa in treno e in autostop armato solo di un biglietto ferroviario Inter Rail, di scarpe comode e di un pollice sfacciato.
Se sostituisco "Roma" a "Europa" e "tessera ATAC" a "Inter Rail" ecco che quel senso di libertà pare riaffacciarsi.
Come dite? Durerà poco? Può darsi. Intanto godo.

giovedì 7 marzo 2013

Logistica nuova, vita nuova



M'hanno rubato il motorino. Un vecchio catorcio di dodici anni tenuto insieme dal nastro telato (vi giuro, davvero poco appetibile, ve ne avevo già parlato qui e quiera nel parcheggio apposito insieme a altre decine di esemplari in miglior forma e hanno scelto lui, inspiegabile) ma tant'è. Un po' mi ha dato fastidio, dentro c'erano tre caschi semi nuovi di cui uno da bimbo e qualche ricordo, e poi mi tocca pure la rottura di passare dai carabinieri per la denuncia.

Strano che l'espressione più triste sia stata quella disegnata sui volti delle mie bimbe al sentire della notizia. Per i marmocchi le situazioni della vita sono per sempre immutabili, si affezionano ai luoghi e agli oggetti, anche i più insignificanti, con un attaccamento morboso. Fatto sta che una mi ha detto che non avrebbe voluto per nessuna ragione un nuovo motorino in sostituzione del vecchio, che nessuno avrebbe retto il confronto, mentre l'altra mi ha proposto di rubarne uno a mia volta.

Per quanto mi riguarda al fastidio e alla meraviglia del primo momento (non rabbia, meraviglia) si è in breve tempo sostituita una sensazione come di catene rotte, di membrana sfondata, di necessario nuovo ordine delle cose. Per un breve secondo mi è passata per la testa l'idea di comprarne un altro ma ho scartato l'ipotesi immediatamente: ogni tanto un evento traumatico può dare lo spunto per valutare le cose a tutto tondo, e capire se il processo che stai seguendo è quello giusto. Forse di questo evento se ne può approfittare, forse è un'opportunità di cambiamento.

Mi sono fatto qualche calcolo (io sono fatto così, un po' è deformazione professionale, un po' educazione contadina, non me ne vogliate): assicurazione 300, benzina 250, con il bollo, la manutenzione e qualche accessorio da sostituire si arriva facile a 800 euro l'anno. Non è una fortuna ma a me non fanno schifo. E poi tra un paio d'anni avrei comunque dovuto sostituirlo. Questi costi erano compensati ovviamente da alcuni vantaggi, che alla fine si possono riassumere in due punti:

  1. Lo utilizzavo per gli spostamenti da casa alla fermata della metro più vicina e viceversa (2,4 km a tratta, ca 5 minuti) per poi andare in metro fino in ufficio.
  2. Nella tratta di ritorno a volte mi fermavo in un Todi's vicino o in frutteria per fare un po' di spesa infrasettimanale
Ora dovrò pianificare alcuni cambiamenti per limitare al massimo i fastidi derivanti dal nuovo paradigma e ho pensato ai seguenti:


  1. Per fare i 2,4 km potrei prendere l'autobus (4 minuti medi di attesa + 6 minuti di percorso  + 6 minuti di tratti a piedi da e per la fermata dell'autobus, in tutto 16 minuti) o farli a piedi (diciamo 20 minuti a passo veloce, ancora da cronometrare) in caso di voglia e forma. Al fine di rendere più agevoli gli spostamenti by foot, la mattina infilerei le mie comode e performanti scarpe da running, per poi cambiarle una volta arrivato in ufficio con un paio di urbanissime Clarks lasciate lì apposta, che vanno bene in qualsiasi occasione.
  2. Potrei organizzarmi diversamente con la spesa, tipo concentrarla di più sul fine settimana ed diminuire la necessità di aggiunte, e portare sempre con me una di quelle borse di nylon pieghevoli e accartocciabili, in modo da potermi fermare a comperare latte e frutta nel percorso di ritorno.
D'altro canto possiedo già un abbonamento annuale ai mezzi pubblici che utilizzo quanto più possibile, e che potrei utilizzare ancor più intensivamente senza nessun costo aggiuntivo da sostenere per la mobilità.
Facciamo così: provo un paio di settimane e vi faccio sapere come va. Secondo me sopravvivo. E forse, se un giorno un carabiniere mi dovesse telefonare per dirmi: buona notizia, abbiamo ritrovato il suo motorino, chissà che io non risponda: ah sì? tenetevelo.