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martedì 10 giugno 2014

Un po' troppo defilato

Ai tempi della scuola media c'erano quelli che non sapevano giocare a calcio. O meglio, che non eccellevano nel ruolo del cannoniere, quello più riconoscibile e spettacolare, quello con il quale cucchi le ragazze e che, non essendo bravi a fare gol e rovesciate, si rifugiavano in un compito di nicchia, rassicurante perché poco visibile ma pur sempre necessario all'economia di una squadra: si mettevano a fare il portiere. Come a dire: non sono bravo a fare palleggi ma quando vi vedete il pomeriggio dopo scuola e fate quelle cose fiche da maschi mi dovete comunque coinvolgere, senza di me niente partita.
Poi arrivò il tempo del rock e delle garage band. Cominciai con velleità da chitarra solista ma, non avendo la classe e il carisma da frontman, mi riciclai in quel ruolo che più o meno è l'analogo del portiere: mi misi a suonare il basso.
A parte alcune eccezioni tipo Sting o McCartney, che a quanto ne so non avrebbero dovuto spaventarmi ma piuttosto venirmi in aiuto per confermare la regola, il bassista era quello a cui si richiedeva poco virtuosismo e zero visibilità, ma una costante e umile presenza; e, cosa più importante, senza di lui la band non suonava. Le caratteristiche calzavano perfettamente al mio io: era un ottimo metodo per presenziare alle prove e ai concertini degli anni universitari rimanendo sempre un po' defilato. Ruolo che pareva cucito su misura sulla la mia smania di appartenenza al gruppo unita al terrore di sbagliare. 
Poi un giorno partii per l'Erasmus e al mio ritorno ecco che mi avevano sostituito. Praticamente non se ne accorse nessuno. Troooooppo defilato.

venerdì 1 novembre 2013

I say i' sto ccà (1)

Era il tempo degli stivaletti e delle Simca, dei contestatori che contestavano, della Democrazia Cristiana che democratizzava cristianamente il paese, di qualcuno che in periferia moriva di overdose e delle radio libere che mettevano alla prova un nuovo tipo di intrattenimento, fatto di musica e informazione di quartiere e che, tra la notizia di un'occupazione e un approfondimento junghiano, lanciavano nell'etere un miscuglio di songs d'oltremare e di melodie nostrane.
Fu allora che cominciò a circolare una voce tra noi preadolescenti impegnati negli ultimi anni di elementari: ascoltate il nuovo pezzo di quel cantautore napoletano, si diceva, un certo Pino Daniele mi pare, ma sì, quello che non si capisce che dice. Pare sia una vera bomba.
Già le musiche di PD avevano elementi a loro modo rivoluzionari: il funky/blues importato da oltre oceano arricchiva la struttura melodica con armonie sconosciute alla canzone d'autore italiana, che al contrario era tutta basata sui soliti quattro accordi maggiori/minori; i testi in dialetto napoletano ai limiti della comprensibilità anche per gli autoctoni sembravano fare a botte con quella voglia di internazionalizzazione che albergava nei provinciali musicisti di casa nostra, e se non li capivi, beh, fatti tuoi (2); gli arrangiamenti erano da urlo, i musicisti pezzi da novanta (3). Ma quel brano aveva qualcosa di più: se stavi bene attento, alla fine dell'ultima strofa ci trovavi una parolaccia. Una di quelle vere, incisa lì su vinile, pronta all'uso nella sua ufficialità. Mica roba da poco in quanto a rottura: un sonoro e stranamente comprensibilissimo nun ci scassat 'o cazzo.
Il patto che fu stretto tra di noi bimbetti era semplice e chiaro: tornare a casa, girare la manopola della radio fin quando non avessimo incontrato la canzonetta incriminata (non era difficile in quel bailamme in FM), chiamare la mamma (che con il papà poteva essere rischioso), farle ascoltare tutto senza annunciare il finale e vedere l'effetto che avrebbe avuto sulla sua indole reazionaria, il tutto provando, se possibile, a trattenere le risate. Era il massimo che si potesse concedere alla ribellione nella mia casa piccolo borghese di inizio anni ottanta. Uno iato generazionale in fieri.




Un PD d'epoca dal vivo, je so pazz, su 
alcuni browser non si vede, non so perché.


Poi venne il tempo del liceo, dei paninari e di Drive In, e della prima chitarra che, nel mio immaginario, avrebbe dovuto dischiudermi i segreti della melodia e dell'acchiappo; e PD diventò per me quello dell'assolo flamencheggiante di Appocundria da tirare giù nota per nota ascoltando all'infinito la TDK con su registrato Nero a Metà.
Poi, come spesso accade, gli eventi portano a distrarsi e a rivolgere l'attenzione ad altri lidi, altre musiche, altri assoli. Del resto il grande Pino aveva più o meno dato il meglio in quegli anni e nei pochi successivi (4).
Rimane però uno dei pochi che a riascoltarlo mi fa sentire 'o fridd 'ncuoll.
E niente, questo vuole essere un omaggio.

NOTE
(1) Titolo di un brano di PD che, tradotto nelle lingue a noi più familiari, suona più o meno come "io sono proprio qui", o anche "I am in here". Vi dice qualcosa?
(2) Sono tra quelli (*) che credono che i testi di Pino Daniele stiano lì non perché vogliano esprimere chissà quali immagini o concetti, ma solo perché sono sufficientemente musicali per andare bene con le melodie. Ritornelli facili da canticchiare, memi efficaci, niente di più.
(3) Sono anche tra quelli (**) che pensavano che dietro i dischi di PD ci fossero tutti i vari DePiscopo/Avitabile/Esposito/Senese di quella Swinging Naples di fine settanta/inizio ottanta, e che poi, grazie a wikipedia, si sono accorti che tra i Credits trovi al massimo Rino Zurzolo al basso.
(4) Se non  vi bastasse, sono pure tra quelli che credono che i musicisti esprimono il proprio meglio a livello creativo nei primi sette o otto anni di carriera (***). Alcuni in questi sette anni riescono a comprimere tredici tra i migliori dischi di sempre (Beatles), altri, meno apicali, ce ne infilano tre o quattro, e va bene anche così. Pino Daniele da Terra Mia a Bell'Ambriana ha fatto un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.

Subnote
(*) non credo ci siano gruppi di appartenenza di questo tipo, o comunque io non ne conosco, quindi potete considerare l'espressione un mero artificio retorico.
(**) la teoria dei gruppi di pensiero umani è sufficientemente flessibile da permettere l'appartenenza a più clubs.
(***) per gli scrittori è diverso, ma questa è un'altra storia.

sabato 12 gennaio 2013

Roba inconcludente con un sacchetto di carciofi tra le mani


Di ritorno dalla consueta spesa del sabato mattina al mercato Trionfale, mi stavo giusto dicendo che in un campo di gioco come quello occidentale, dove le situazioni estreme non sono (per ora) la norma, e ancor di più in un sottoinsieme di nicchia come l'ambiente che frequento, saldamente caratterizzato da un elevato tasso di posti sufficientemente sicuri e famiglie abbastanza tradizionali, la mancanza di alternative di vita concrete e praticabili nel breve periodo può, in alcuni casi e momenti, dare la rassicurante illusione di stazionare nel migliore dei mondi possibili e, come conseguenza non sempre immediata, di posare le chiappe in una bolla di felicità. Sottolineo illusione.
D'altronde nemmeno sotto tortura sarei capace di distinguere tra la felicità e l'illusione di essa, se non altro perché credo siano composte della stessa materia.
Quindi può sembrare che ci si possa stare. Stavolta sottolineo sembrare.

giovedì 22 novembre 2012

Il cecchino

Un lavoretto pulito
Sembrava essere sparito dalla circolazione da quando aveva accoppato quel tuo collega arrogante, poi stamattina lo hai visto di nuovo in azione.
Eri nella sala d'attesa del dentista, anzi direi dell'azienda dentistica, visto che anche questa struttura come molte altre per sopravvivere alla crisi sta provando la carta delle economie di scala, dell'abbattimento dei costi fissi e dell'aumento dell'efficienza, e occupa quattro o cinque specialisti e un agguerrito manipolo di ragazzotte tra infermiere e segretarie.
Eccoti lì seduto che già aspettavi da qualche manciata di minuti dopo l'ora fissata per l'appuntamento (questo è un meccanismo che continuo a non spiegarmi e probabilmente getta le sue basi in un circolo vizioso di "so che vieni in ritardo, ti dico mezz'ora prima" rinforzato da "so che mi dici mezz'ora prima e allora vengo in ritardo" che però trova un inceppo quando si imbatte in un tipo puntuale come te, che infatti ora ti trovi ad aspettare).
Insomma eri lì tranquillo ad attendere il tuo turno quando entra quel roscio (1) spavaldo ed aggressivo nei modi e nell'abbigliamento pseudo militare, bomber, pantaloni verdi con tasconi e scarpe ginniche ipertecnologiche, con il suo sguaiato accento romano, e appena si affaccia sulla scena già lo vedi intento ad affermare con tutto se stesso il suo ruolo di maschio dominante. Si rende conto da subito che non può pisciare sull'attaccapanni e non gli rimane che apostrofare in modo pesante le infermiere e le segretarie e appoggiarsi con tutta la sua palestrata massa muscolare sul banco dell'accettazione per sbraitare a voce molto più alta del necessario: "ahò, so' Mazzetta, ciò n'appuntamento alle nove". Dopo la timida replica di attendere seduto il proprio turno, si mette ad andirivenire sbuffando rumorosamente e fissando gli astanti con occhiate aggressive come fossero prede da sbranare. 
Ed è successo. Hai di nuovo visto con la coda dell'occhio lo sportellino sul soffitto che si apriva con un leggero ronzio, mosso da pistoncini idraulici. Da lì è fuoriuscito un tubo metallico brunito lungo una trentina di centimetri, se lo avesse visto un esperto di balistica ci avrebbe riconosciuto la canna di una carabina calibro .22, munita di un discreto ma efficiente sistema di puntamento laser. Dopo una frazione di secondo che hai misurato essere lunga come mezzo sbuffo dello scimmione, un cerchietto rosso poco più grande di una lenticchia si è materializzato sulla sua fronte (dell'energumeno, non dell'esperto di balistica), giusto tra le folte sopracciglia. Poi un rumore sordo, STUMPF, e il tizio giaceva riverso sulla poltrona che aveva a fatica conquistato rubandola ad un ragazzino che si era alzato per prendere una rivista: un lavoretto pulito, senza sbavature, senza schizzi di sangue sulla tappezzeria o lordure sulla moquette. Lo sportelletto sul soffitto si era già richiuso col FFFS del meccanismo ben oliato. A qualcuno è passato in mente di avvertire la famiglia, ma senza troppe ansie, probabilmente con un tipo così madre, padre, moglie e figli avrebbero ringraziato il cecchino meccanico.
Poi però ti hanno chiamato, era arrivato il tuo turno, avevi la capsula da sistemare, hai aperto gli occhi e ti sei preparato, mentre il palestrato ti guardava con spocchia, eri passato prima di lui ed era un concetto difficile da accettare.

Note:
  1. dicesi di chi è rosso di capelli (NdA per non romani)

martedì 3 aprile 2012

Il valore delle cose

Ho fatto un sogno. Una biondina uguale spiccicata a Scarlett Johansson provava a sedurmi. Sapete come succede nei sogni, a volte sei stranamente a conoscenza di particolari del contesto anche se non sai come. Beh, io sapevo, ne avevo la certezza, che quella tipa facesse parte di una losca e vastissima organizzazione internazionale che aveva tra gli obiettivi principali quello di fregarmi il portafogli; e sapevo che quelle sensuali moine non erano altro che un diversivo: mentre io e lei ce la saremmo spassata, qualcuno mi avrebbe preso i soldi dalle tasche. Mi sono fatto due conti: avevo esattamente 73 euro. Ho ceduto.

venerdì 30 marzo 2012

Perec #3 - Elenchi

Georges Perec

Riassunto delle puntate precedenti (che trovate scrollando poco più in basso o cliccando qui): sto leggendo Vita istruzioni per l'uso di Georges Perec e ne sono entusiasta. Il libro parla di un edificio parigino e delle storie che si svolgono nei suoi appartamenti. La struttura del testo, il contenitore delle storie, riveste un'importanza primaria.

lunedì 26 marzo 2012

Carneficina

Avevo pianificato l'azione per giorni, ne avevo valutato i pro e i contro, avevo costruito alibi in caso mi avessero accusato, studiato minuziosamente vie di fuga e piani b, armi e mezzi, appoggi esterni e tempistiche.
Ieri sera tutto sembrava incastrarsi a perfezione, avevo il tempo e la motivazione necessari, e tutto faceva sembrare quel momento come quello dell'ora o mai più.
E' stato allora che ho deciso di farlo.

giovedì 1 marzo 2012

L'ultima luna

Se scavo tra i miei ricordi, il primo LP che io abbia mai posseduto fu Lucio Dalla, quello con L'anno che verrà, Anna e Marco e L'ultima luna. Non ho mai capito come abbia fatto a finire tra le mie mani, quel disco. Semplicemente, a partire da un determinato giorno, era là, nel raccoglitore accanto al giradischi. Probabilmente a un mio compleanno (visto che è del 1979 doveva essere quello dei miei 8 o 9 anni) qualche amico dei miei ritenne inutile presentarsi con il solito giocattolino e provò a stimolare la cultura musicale di quel bimbo. Quel tentativo originale non ottenne un successo immediato, visto che ascoltai con attenzione l'album non prima di quattro anni dopo.

La mia vita, istruzioni per l'uso

Dispongo di un software piuttosto lineare. Quando mi trovo a dover scegliere tra due alternative, la decisione da prendere scaturisce da un algoritmo basato su una gerarchia di valori. Scelgo le mie azioni (anzi, si direbbe che le mie azioni vengono scelte, iniziate e portate avanti) in funzione di una priorità direttamente proporzionale alla posizione attribuita in quella gerarchia.

martedì 17 gennaio 2012

Il Comandante

Forse, Comandante Schettino.
Forse, il tempo e le indagini della magistratura diranno quali sono le verità e quali invece le fantasie dovute alla concitazione e alla paura del momento, e lei riuscirà finalmente a spiegare le sue ragioni.
Forse, una volta fatto il primo errore, il pericoloso passaggio a lambire la costa del Giglio, vuoi per esibizionismo, una scommessa tra marinai, vuoi per eccessiva sicurezza, una rotta fatta tante volte, beh, una volta fatto il primo errore viene facile il secondo: continuare a seguire le operazioni da bordo non avrebbe dimezzato il numero delle vittime, che alla fine qualcuno che coordina lo sbarco dei passeggeri si trova sempre, e l'allarme era stato dato, no?
Forse, è vero che l'istinto di sopravvivenza è talmente forte nell'essere umano che piega ogni volontà, e meno male che è così, che è merito di questo istinto alla conservazione se la nostra specie è arrivata fin qua, nel bene e nel male. Forse.
Però, Comandante Schettino.
Le telefonate tra lei e la capitaneria, le testimonianze di decine, forse centinaia di passeggeri, quelle degli abitanti del Giglio, quelle dei soccorritori, fanno proprio pensare che quella notte lei abbia abdicato al suo ruolo. E dalla mia conoscenza del mare e delle sue regole, a dire il vero molto teorica (ho la patente nautica) ma poco pratica (non navigo da anni), so che in mare la figura del Comandante rappresenta la massima autorità, la fonte di sicurezza, l'ultimo appiglio. Credo davvero che quello di Comandante di unità da diporto sia oggi uno dei pochi ruoli di comando in cui è giustificato il potere assoluto (se ci teniamo fuori dal mondo militare). In mare non ci sono altre istituzioni alle quali si può chiedere aiuto, non posso andare alla stazione dei carabinieri per denunciare il sopruso di un poliziotto o, viceversa, al commissariato per lo sgarbo del carabiniere. In mare c'è il Comandante, lui è la massima autorità, lui il solo responsabile. Se avete provato a trascorrere anche un solo week end in barca a vela sapete di cosa parlo. Il Comandante di una nave, proprio per la potenzialità di rischio che lo stare in mare comporta, deve poter dare ordini senza giustificarli, deve poter disporre di tutti i suoi collaboratori e, in caso di emergenza, di tutti i passeggeri come crede se questo è finalizzato al bene comune, deve poter agire indisturbato per raggiungere lo scopo. E, come contraltare di questo potere assoluto, gli si attribuisce responsabilità assoluta, per tutto ciò che compie con questo enorme potere. E lei, Comandante Schettino, con la sua manovra azzardata, ha deluso ed eluso ogni fiducia, ogni regola, ogni onore, ogni responsabilità.
E poi, Comandante Schettino, dopo il primo errore, dopo quell'omaggio spavaldo all'isola, dopo quella spacconata omicida, lei era ancora tenuto ad essere punto di riferimento, il coordinatore nell'emergenza, il Comandante supremo, e invece pare che sia stato tra i primi ad abbandonare la nave, fottendosene di ruolo, onore, fiducia dell'equipaggio e dei passeggeri, regole del mare che erano il suo mestiere, la sua vita.
Infine, per quanto riguarda l'istinto di sopravvivenza, Comandante Schettino, so benissimo che l'essere umano è fatto di geni, che la paura può condurre un uomo ad azioni incontrollate, irrazionali, a volte paradossalmente autolesioniste. Ma l'essere umano è fatto anche di cultura, di princìpi, di rigore, di priorità morali, in una parola di coscienza. E cos'è un Comandante se non riesce ad anteporre la coscienza al singolo gene?
Non so, nel continuare a leggere le testimonianze, le trascrizioni delle telefonate, le versioni, provo tanta delusione. Pensavo che questo paese si reggesse ancora, e nonostante tutto, grazie alla stragrande maggioranza di cittadini che ogni giorno fanno il proprio dovere, ma leggo di superficialità, di mediocrità, di pressapochismo. E ora come faccio a togliermi dalla testa la schifosa sensazione che questa non sia che l'ennesima testimonianza del degrado sociale e umano dell'ultimo ventennio?
Sì, forse esagero, ma provate a farmi cambiare idea, scommetto che non riuscirete a convincere nemmeno voi stessi.

martedì 10 gennaio 2012

Kindleide, ovvero comperare o no un ebook reader? Una storia dove forma e sostanza si confondono

Qualcuno ricorda l'aggiornamento mezzi di un anno fa? Avevo appena messo le mani su un Ipad e ne ero entusiasta, tanto che subito dopo mi sono sentito in dovere di ringraziare personalmente Mr. Jobs.
Memore di quelle meravigliose sensazioni, deciso a riassaporarle a distanza di pochi mesi, e solleticato dall'appassionata recensione di Morc, ho passato l'intero pomeriggio di domenica a lambiccarmi il cervello sull'opportunità dell'acquisto di un Kindle, il lettore per ebook di Amazon. Innanzitutto sono convinto che fra i vari ebook reader il Kindle è di gran lunga da preferire a tutti gli altri, se non altro perché tra questi aggeggi elettronici vanno scelti quelli più diffusi, altrimenti rischi di trovarti come trent'anni fa chi aveva preferito il Betamax al VHS, ossia senza roba da metterci dentro. Inoltre il prezzo mi pare più che concorrenziale.
La decisione non è quindi quale reader comperare, che la risposta sarebbe facile, ma si sposta di un passo indietro: comperare o no un ebook reader? 
Nel corso dell'analisi mi sono presto reso conto che i vantaggi si sovrapponevano agli svantaggi, confondendosi con loro e rendendo magmatica e spesso indefinibile la situazione. Provo a ripercorrere i passi che ho seguito nel lungo pomeriggio di meditazione, perché siano di aiuto ed inspirazione per i numerosi feed-followers di Taccuino.

vantaggi
  • il Kindle è leggero, perfetto per il trasporto e l'uso in metro (buona parte del mio tempo dedicato alla lettura ha come sfondo i mezzi pubblici) e si sposa benissimo con le mie ambizioni minimaliste. Considero un grosso passo avanti quello di poter andare la mattina al lavoro solo con le chiavi di casa, il mio vetusto cellulare e un piccolo reader corredato di una custodia con taschino dove riporre il badge aziendale, l'abbonamento metro e una banconota da dieci euro. Questo equipaggiamento minimal contribuirebbe non poco alla mia felicità e al mio senso di libertà, un po' come la giacca in pelle di serpente di Nicolas Cage in Cuore Selvaggio.
  • il Kindle è capiente, posso portarmi appresso decine di libri che potrebbero essere utili. Ad esempio se sto leggendo l'ultimo di Federico Moccia, posso avvertire la necessità di avere a disposizione tutta la sua bibliografia passata, al fine di inquadrare meglio l'opera nel suo contesto, coglierne i riferimenti più nascosti e capire il percorso artistico dell'autore e la linea di sviluppo della sua narrativa. Comodo.
  • il Kindle ha accesso ad una immensa libreria elettronica, la più grande del mondo, quella di Amazon. Ben sedicimila titoli in italiano (sembrano tanti, vero?) e ottocentomila in inglese. In pratica ogni nuovo libro pubblicato ha la sua brava versione ebook.
  • il Kindle è versatile, in caso non si sappia il significato di una parola, si può con un gesto interrogare il dizionario Zingarelli nella memoria, o addirittura, in caso tu sia collegato con un wi-fi (anche se in metro ciò non accade spesso), con un altro gesto puoi approfondire la ricerca facendo un salto su Wikipedia o su Google. E una  volta su Google, di fronte a noi si apre l'immenso mondo della rete globale! Una specie di Ipad in miniatura, alla fin fine.
svantaggi
  • il Kindle è leggero, forse troppo leggero. Ci sono oggetti in cui forma e sostanza hanno confini sfumati, o per lo meno si influenzano a vicenda, ed il libro credo sia uno di questi. Avere in mano un saggio Bollati Boringhieri da otto etti significa che mentre provi a reggerlo con una mano (e con l'altra sei assicurato ad un solido appiglio) beh, ti rendi conto che lì dietro c'è del lavoro, e che se la lettura all'inizio pare ostica, vale la pena di sforzarsi e continuare, perché ci sono state delle persone che hanno faticato per produrre quell'affare, oltre al sudore dell'autore c'è lavoro tipografico, trasporto al punto vendita, sforzo dei commessi per l'allestimento nello scaffale, e preziosa carta che deve durare. E prima di abbandonarne la lettura con sufficienza ci pensi due volte. Sul Kindle l'ultimo di Moccia pesa come l'opera omnia di Darwin, meno di due etti, e qualcosa significherà: per me significa appiattimento sensoriale, con il rischio di confondere forma e sostanza, e pensare che l'ultimo di Moccia e l'opera di Darwin pesano uguali perché più o meno sono uguali. L'occhio, l'olfatto, il braccio, mi danno le stesse sensazioni, e il cervello è portato alla confusione.
  • il Kindle è capiente, posso portare mille libri con me, ma il rischio dell'effetto R4 è in agguato. Mi spiego. Un paio di settimane orsono, il caro Babbo Natale, coerentemente con la richiesta e la lettera diligentemente redatta da mia figlia, ha lasciato sotto l'albero un Nintendo DSi, una di quelle consolle portatili per giochi che ogni settenne che si rispetti porta in tasca. Babbo (mi permetto di chiamarlo così), nella sue esigenze di contenimento spesa, ha studiato a fondo prima di procedere nell'acquisto del desiderato oggetto. Avendo saputo dai suoi folletti che un singolo gioco per DSi costa circa trenta euro, ha valutato tutte le alternative a cotanto spreco: il noleggio, il mercato dell'usato o la mitica opzione R4, che significa acquistare al prezzo di trenta euro una scheda di memoria SD craccata e con una singola e semplice mossa infarcirla con qualche centinaio di giochi scaricati aggratis da e-mule. In sintesi: trenta euro per cento giochi taroccati contro trenta euro per un gioco originale. Libido illimitata sottoprezzo contro dignitosa ma povera onestà. Babbo, per uscire dall'impasse, ha valutato un aspetto: ha immaginato la bimba alle prese con cento giochi, senza alcuna capacità di discernimento, in preda all'abbuffata senza senso e senza passione, e ha ricordato l'epoca dei suoi primi giochi elettronici, dove il massimo del divertimento era cimentarsi con un gioco fino a conoscerne le schermate a memoria, e sfidare se stessi al record memorabile, come con lo Snake raccontato dal ciclofrenico. E Babbo ha scelto il singolo gioco originale. Ho paura che lo stesso possa avvenire con il Kindle: centinaia di libri a disposizione dietro quello schermetto, con l'imbarazzo di cosa leggere e la possibilità, alla minima difficoltà, di switchare sul prossimo ebook.
  • il Kindle ha accesso ad una immensa libreria elettronica, solo che quando ho provato a cercare il libro che attualmente ho sul comodino e quelli che vorrei acquistare nel corso del prossimo mese, non ne ho trovato nemmeno uno in versione elettronica. Certo, non si tratta degli ultimi best seller Mondadori, sono saggi (molto divulgativi) di varia scientificità, ma è pur vero che non è che posso aggiungere un nuovo limite alla scelta delle cose da leggere solo perché non esiste la versione ebook. Beh, direbbe Morc con voce suadente, esiste nella maggior parte dei casi la versione inglese, e il Kindle ti mette a disposizione un comodo dizionario Oxford compreso nel prezzo, basta che clicchi e il gioco è fatto. Ma non voglio ridurmi a leggere il dizionario per la metà del mio viaggio in metro.
  • il Kindle è versatile, può addirittura accedere al web e trasformarsi in uno spartano tablet. Anzi, mi dicono che il nuovissimo Kindle Touch, in vendita per ora solo negli USA, è un tablet vero e proprio, con tutte le funzioni che ci si aspetta da un affare del genere, web, video, musica, giochi, apps varie, email. E allora che cosa c'é di nuovo? un Ipad un po' più piccolo e leggero con lo schermo ad inchiostro semovente e non a cristalli liquidi. E che faccio, un aggiornamento mezzi già vecchio di un anno?
Questa è la situazione, cari lettori. A voi la scelta.

sabato 19 novembre 2011

Bella la vita

Mia figlia adora Toy Story 3, quel cartone Pixar dove per qualche strana legge non scritta i giocattoli non possono mostrare agli umani la loro capacità di parlare e muoversi, pensare e agire di conseguenza, insomma di vivere.
La prima volta che insieme a lei ho visto il finale mi sono ritrovato con due lacrimoni che mi colavano sugli zigomi, e me stesso alla ricerca un diversivo per non farmi sorprendere, si sa che i papà non piangono. E ieri è successo di nuovo. Stavolta mi sono nascosto in cucina con la scusa di fare il caffé.
Mi repelle questa cosa che con la vecchiaia si diventa sempre più simili a lastre di vetro, rigidi e fragili. Rigidi verso ciò che si accettava con tolleranza da giovani, e fragili, non sensibili, ma fragili, per le idiozie strappalacrime.
Mi sono sentito già come uno sbavoso vegliardo in carrozzella che non controlla più nè lacrime nè piscio. Bella la vita che mi attende.

giovedì 10 novembre 2011

Confessioni di una stampante

Chiamatemi JX451.
Sono una macchina, una stampante laser dell’ultima generazione ad altissima qualità, e non lo dico per vantarmi.
Secondo alcuni di voi, noi macchine (e per deduzione anche noi stampanti) non possediamo una coscienza, non abbiamo alcuna vita interiore, non possiamo esprimerci né prendere decisioni. Io non mi occupo di queste pippe mentali tipiche degli umani, so solo che il Sig. Tacchino mi ha offerto la possibilità di essere ospitata nel suo blog nuovo di zecca, e io non me lo sono fatto ripetere.
Come dicevo sono una stampante di qualità, adoro la carta spessa e pesante delle comunicazioni ufficiali, mi piacciono i font istituzionali, ma non disdegno a volte quelli più frivoli. Abito a Roma, in centro, in via del Plebiscito 102, a Palazzo Grazioli (l’indirizzo lo conosco bene, visto che l’ho stampato parecchie volte nelle intestazioni) e sono la stampante di un tizio importante.
Sono sempre impegnata, qui si organizzano riunioni di vertice, meeting riservati, feste mondane; stampo inviti in caratteri cirillici o arabi per importanti personalità internazionali, in seriosi Times per comunicazioni ufficiali, ma anche in tenui corsivi per inviti ad allegre serate.
E’ da ieri che tutte le mie colleghe macchine sono in subbuglio, si dice che il principale sia molto indaffarato in questi giorni. Addirittura Irma, la vecchia telescrivente, un po’ dimenticata dopo l’avvento di email e telefonate satellitari, è tornata in funzione per sbrigare alcune urgenze. Ma tutti si aspettano il momento clou, e dicono che io sarò la protagonista. Si dice che tra qualche giorno dovrò stampare una lettera importante da inviare al Quirinale, in piazza del Quirinale 1 (anche questo è un indirizzo che ho stampato altre volte) che parlerà delle dimissioni di qualcuno. Sono così eccitata. Sarà il mio momento magico. Spero solo che il mio principale sia contento del mio lavoro, in fondo lo faccio solo per lui. Voglio proprio vedere il sorriso sul suo volto quando vedrà la spessa carta inchiostrata perfettamente dal mio toner originale giapponese, il font scelto con cura appositamente per l'occasione, l'ortografia perfetta. Il mio unico desiderio è continuare a lavorare per lui e farlo sempre contento. Sono stata programmata per questo. Non gli farei mai del male.
Vi terrò informati, se il Sig. Tacchino mi ospiterà ancora.

giovedì 13 ottobre 2011

Per la riuscita di una bella serata la pianificazione è tutto

Stamattina, dopo aver accompagnato la prole a scuola, sono passato da un casalinghi per comperare dell’acido muriatico; così stasera, dopo aver tolto con una spugna tutta l’acqua dal sifone, riuscirò finalmente a scrostare il calcare e la ruggine dal fondo della tazza del cesso.

lunedì 3 ottobre 2011

Soundtrack a specchio

Cara Rigo, lungi da me l'intenzione di cominciare un interminabile gioco di rimandi e di citazioni reciproche, che tra l'altro non avrebbe nemmeno il pregio di aumentare di molto il numero dei lettori dei nostri piccoli blog, visto che le nostre attuali platee, a quanto intuisco, condividono un'ampia area di visitatori comuni.
Ma il suo bel post sulla colonna sonora della vita ha solleticato alcune manciate di neuroni rimasti per lungo tempo silenti in un angolo della mia glabra zucca in pieno processo di inesorabile decadimento. In quell’angolo era racchiusa la memoria di una certa musica ribelle in un periodo particolare della mia vita. Era l'epoca del mio primo gruppo punk: ci divertivamo con alcuni compagni del liceo a strimpellare in maniera semplice e spontanea i nostri economici strumenti musicali, scegliendo sempre i pezzi con rapporto impatto/difficoltà tecnica più vantaggioso e avendo cura di tenere il volume il più alto possibile.
Ci chiamavamo Candy and the Currant Buns, parafrasi di un vecchio pezzo dei Pink Floyd, e Suonavamo Skiantos, Cure, ma anche un Careful with That Axe, Eugene, un brano parecchio psichedelico basato su un interminabile ma semplicissima sequenza di basso dove si inseriva dopo una decina di minuti un grido lancinante del cantante, Mr. Candy nel nostro caso, che credo simulasse l'orrore per la vista di cosa era riuscito a combinare Eugene con quella cazzo di ascia. Era l’apoteosi.
Il punk in realtà era nato e morto durante una manciata di mesi che precedevano di una decina di anni le nostre performance, ma costituiva ancora la musica semplice e di sicuro impatto liberatorio che tutti erano capaci di eseguire. Come concetto era ancora ben vivo, anche se musicalmente era stato soppiantato dall’hard rock o dal metal, vera mondezza in confronto al suo padre nobile.
Ho ritrovato la stessa musica ribelle anni dopo ai tempi dell'università. Ricordo alcune serate nei discobar in centro dove proponevano una miscellanea eterogenea e inconcludente, ma ad un certo punto, stretto tra Il Triangolo di Renato Zero e il solito pezzo dei Simple Minds spuntava Should I Stay Or Should I Go dei Clash. Era il momento punk, il segnale che si poteva dare fuoco alle polveri, e che per i tre minuti seguenti tutto era concesso. Allora le masse in pista cominciavano a pogare senza esclusione di colpi (per i non addetti il pogo è quella sorta di danza indiavolata di tipo punk dove ci si butta addosso a tutti come tarantolati, non disdegnando gomitate allo stomaco o calci agli stinchi da dispensare ai vicino: involontari, ovviamente...). A quel punto io e br1, dopo aver cavallerescamente accompagnato le nostre dame al primo divanetto disponibile, e dopo aver bofonchiato qualche frase di circostanza tipo “che gente, possibile che si divertano così?” ci scambiavamo un cenno e con un sorriso ebete ci buttavamo letteralmente in pista, nel senso che ci catapultavamo a tirare spallate a destra e manca, trasportati dall'atmosfera da rissa permessa, ovviamente divertendoci come pazzi. Il senso era “ok, voi donne state qui al sicuro, parlate pure tranquillamente di ciprie e merletti, questo è un lavoro da uomini”.

lunedì 22 agosto 2011

Sondaggio: Tacchini in vacanza

Cari tacchini, ormai siete millanta, quindi rappresentativi come campione per un sondaggio. Sarà anche un modo per contarci, ma mi raccomando, non vi accalcate che il server di splinder non è solido come quello del popolo delle libertà.
Come molti, anch'io in vacanza leggo. A dire il vero lo faccio un po' tutto l'anno, il mio luogo preferito è la metropolitana, e confesso che stare con gli occhi chini sul libro è anche un ottima tecnica per evitare inutili convenevoli con il collega  incontrato casualmente. La vacanza è comunque un ottimo momento per attaccare il mattone che non abbiamo osato affrontare d'inverno. Io come al solito lavoro per voi e, cercando di approfondire, anche se con scarsi risultati, quei problemini riguardanti il caos che prima o poi cercherò di propinarvi, sto leggendo "Dio gioca a dadi?" di Ian Stewart. Al momento sono finito in un vicolo cieco, perso tra una selva di attrattori strani e una palude di equazioni differenziali, ma conto di venirne fuori in maniera viscida, saltando a piè pari tutto ciò che non capisco. Oltre a questa solenne rottura di palle sto leggendo insieme a mia figlia il primo tomo della saga di Harry Potter, che al contrario è piacevole e appassionante. Infine sto provando a far sopravvivere una tradizione nata nel corso delle passate villeggiature con il mio amico tesoriere: mi sono posto l'obiettivo di portare a termine tutte le settimane enigmistiche che vengono pubblicate durante le ferie.
Ma ora tocca a voi: che cosa state leggendo? Vi siete appassionati al classico noir o risolvete cruciverba? Vi stuzzica più il gossip o l'informazione politica? La letteratura russa o il teatro inglese? Avete tirato fuori un vecchio Lando Treppalle o vi accontentate di questo blog? Chiedo a tutti di rispondere, anche a te che leggi le mie corbellerie con silenziosa disapprovazione o con superiore distacco. Se siete gelosi delle vostre scelte letterarie rispondete perlomeno "presente" seguito da una firma o un acronimo. Avete tempo fino a tutto settembre. La partita serale a machiavelli mi aspetta, statemibbene.

martedì 2 agosto 2011

Ma che simpatico, sig. Tacchino

E' che a volte non riesco a capire come faccia uno come me ad avere ancora degli amici, una compagna, un minimo di relazioni sociali e a non essere rimasto solo come Babbo Natale a ferragosto. Ho un carattere insopportabile: sono scorbutico, petulante per le quisquilie di cui sono maniaco e superficiale per il resto, soffro di un inguaribile complesso di superiorità basato sul nulla e guarnito da finta modestia, sono innamorato delle mie abitudini, sono quasi sempre musone e taciturno, tranne quando parlo ad alta voce per coprire quello che dicono gli altri ed imporre il mio pensiero, ho un senso dell’umorismo che reputo irresistibile (è che sono anche presuntuoso) ma che a malapena riesce a strappare un sorriso a chi per pietà non mi vuole deludere.
Eppoi sono romantico come una racchetta elettrica per zanzare, elegante come uno schizzo di piscio sulla tavoletta del cesso, generoso come Zio Paperone quando gli gira male, e con la vecchiaia mi  sto scoprendo sempre più intollerante verso il prossimo e geloso dei miei spazi vitali: ieri in fila al supermercato c’era una signora dietro di me che mi si era azzeccata troppo ed ero lì per lì per tirarle una gomitata nelle narici. In metro rimango sempre in piedi perché sedersi significherebbe avere il culo a contatto con quello del merluzzo che mi sta accanto. Sono miope, pelato e dimentico le date importanti. E non ce l'ho nemmeno grosso.
Ma nemmeno un pregio che dia un minimo valore alla mia esistenza? Mi vanto spesso di non essere ipocrita, ma se rileggo qui sopra comincio a dubitare anche di questo. Principi morali credevo di averne, mappoi le mie porcate le ho fatte e senza troppi indugi. Una volta perlomeno frequentavo l'arte, apprezzavo il cinema, ma ultimamente a detta di alcuni non riesco nemmeno ad essere toccato da capolavori indiscussi, alberi della vita e simili.
Davvero non comprendo come faccia tutta questa gente che ho attorno a non fuggire schifata, ma anzi ad avvicinarsi… non è che si sono coalizzati e mi vogliono picchiare?

martedì 7 giugno 2011

Vecchi amici

Facciamoci un drink insieme, si parla dei bei tempi, ti dico dove sono arrivato ma non a spese di chi, se ho figli e con chi li lascio tutto il giorno, se viaggio e quante miglia ho accumulato, se ora sono come i miei modelli di allora, il prossimo lo offro io, raccontami di quella, se te la sei fatta poi, e come passi le serate, come ti gestisci con tua moglie, dai prendiamone un altro, quest'estate ci passi a Ibiza?

A casa le bimbe già dormivano, non avevo scelto drink per le mie serate, ma di raccontare favole e quella sera non le avevo raccontate io.

martedì 5 aprile 2011

Buon compleanno, sig. Tacchino

L'Eco di Splinder: innanzitutto la ringraziamo per averci concesso l'intervista. Tra pochi giorni sarà un anno dacché il suo blog esiste. Di solito il primo anniversario è un buon momento per i bilanci.
Tacchino: i numeri parlano chiaro: in un anno 71 post pubblicati, 2181 visite, 200 commenti.
L: abbiamo fatto qualche indagine: gran parte delle visite al blog sono sue, e anche una fetta consistente dei commenti. Alla fine più che un luogo virtuale dove c'è gente che legge quello che lei scrive a me pare un soliloquio, una lunga e solitaria masturbazione. Non era più semplice chiudersi in bagno come fanno tutti e lasciare in pace l'etere e le palle della gente?
T: mah, vede, io mi posso dire soddisfatto, nemmeno speravo che questo accrocchio sopravvivesse tanto. Il mio profilo su Feisbuc in confronto è durato meno di un quarto, e avrei voluto troncarlo pure prima. Per quanto riguarda le palle della gente basta non leggere per non essere ammorbati. Lo hanno scelto in tanti sa? Almeno 6 miliardi di individui. Ho la coscienza a posto, io.
L: ha raggiunto gli scopi che si era prefissato quando ha aperto i battenti?
T: nessuno scopo, nessuna delusione per non averlo raggiunto.
L: la celebrità ha anche il rovescio della medaglia: quando la incontrano per strada non le sputano in faccia?
T: evito i posti affollati e tengo lo sguardo basso.
L: una domanda che le vorrei porre da tempo: nessuna vergogna di risultare ridicolo?
T: un po'. Ma me ne sono perse tante di cose nella vita per paura di essere ridicolo. Ho 40 anni, mi pare un'età perfetta per decidere di fottermene. E poi ora che conosco Sallustia il blog è una buona scusa per stare un po' con lei senza che chi mi circonda mi martelli i cabasisi con giochini idioti o capatine sul meteo.
L: un'ultima domanda d'obbligo: progetti per il futuro?
T: vorrei tentare di dimostrare un'ipotesi scientifica che da troppo tempo aspetta una conferma: io la chiamo la congettura di pdb.
L: può anticiparci almeno a grandi linee di che si tratta?
T: no. Ora fuori dalle palle, entro la serata voglio arrivare a quota 2200 visite, ho ancora parecchio da cliccare.

lunedì 28 febbraio 2011

Sono un fico medio

La mia vita è il trionfo della medietà o mediezza, non si può dire in entrambi i modi. Ho un lavoro medio simil-pubblico, un'età media, una famiglia media sia come reddito che come numerosità, una casa di medie dimensioni, vivo in centro italia come la media degli italiani, mi piace il gelato di pistacchio e la gita al mare, non riesco ad immaginare qualcosa più gaussianamente medio e di più piatto.
Permettetemi però di gloriarmi per qualcosa: ieri ho concluso una magnifica Roma-Ostia (per i profani è una gara podistica di 21,097 Km, anche detta una mezza maratona).
Per evidenziare il mio risultato lo metterò come di consueto in relazione con le mie passate prestazioni:

2006: 1 ora 52 min 13 sec
2007: 1 ora 47 min 57 sec
2008: assente per impegni familiari
2009: 1 ora 42 min 18 sec
2010: 1 ora 39 min 03 sec
2011: 1 ora 35 min 54 sec, ad una media (anche questa) di 4,33 min/km

Sono un fico, eh? Secondo l'ordine di arrivo ufficiale, su oltre 10.000 iscritti, e su 9.496 giunti al traguardo, io sono arrivato 2.712esimo...

...

...un momento...

...

...oltre il 25º percentile...

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Orrore! anche questo nient'altro che un risultato medio!