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mercoledì 1 aprile 2020

La mia vita ai tempi del Coronavirus

Roma, 14 marzo. Mercato Trionfale aperto: vende cibo, non si può fermare il costante e alacre lavoro umano contro l'entropia. Gente che mantiene le distanze, una buona maggioranza con qualcosa che copre il volto, spesso mascherine anti-polvere o chirurgiche, a volte sciarpe o vecchie bandane anni 80, qualcuno con fazzoletti umidificati tenuti con gli occhiali. Molti più banchi chiusi rispetto al normale, dopo un po' realizzi che sono quelli che erano gestiti da pakistani, bengalesi e orientali in genere. C'è stata una sorta di selezione implicita quanto difficilmente spiegabile, la stessa che ha portato alla chiusura in pochi giorni dei ristoranti e dei negozi di casalinghi cinesi ben prima del decreto del 9 marzo.
Arrivando qui da solo in macchina, con il lasciapassare firmato in una tasca e la lista della spesa in un'altra, avevo le lacrime che mi rigavano le guance. Saranno state le strade vuote, o forse le nuvole basse, o magari è perché il sabato mattina la spesa la faccio con mia figlia grande, e stavolta c'era un decreto del Presidente del Consiglio ad impedircelo.
Ho provato a dire in casa che la situazione somiglia a quella di una guerra mondiale. L'intento era quello di creare coesione e senso di avventura in famiglia, come dire: siamo eroi, vinceremo. E poi il bello è che stavolta i paesi del mondo sono tutti alleati contro un nemico non umano, in una sorta di federazione intergalattica contro gli alieni. Tutti insieme. E poi un'altra cosa bella è che non ci sono bombardamenti, distruzione e morti ammazzati. 
E in questi eserciti i plotoni sono composti da famiglie. Si vive tutti all'interno di una miriade di piccole comunità coese e promiscue al loro interno ma isolate l'una dall'altra, perché come in tutte le guerre bisogna stare al sicuro, e tutto quello che si fa, lo si fa in una casa trasformata per l'occasione in bar, scuola, ufficio, palestra, parco giochi, mensa, cinema, deposito di viveri, pasticceria. Soprattutto pasticceria.
Vabbè, quindi con la guerra non c'entra niente, ha detto mia figlia piccola. Beh, in effetti no, ho risposto io.

martedì 21 marzo 2017

Adotta un cassonetto

La premessa
Roma sta raggiungendo livelli di degrado mai toccati prima, questo è sotto gli occhi dei suoi cittadini. Il traffico è sempre caotico e arrogante, il trasporto pubblico alterna inefficienze organizzative e logistiche a giornate di sciopero spesso strumentali, le strade vengono riparate solo in casi estremi, e su tutto regna la mancanza di senso civico del romano medio.

Il problema
Monnezza vicino a cassonetti vuoti
Ma uno degli esempi più visibili (e annusabili) del degrado cittadino è la situazione della raccolta dei rifiuti. Impossibile non notare l'enorme quantità di monnezza abbandonata nelle strade: buste di plastica tra deiezioni canine e bottiglie vuote, cartoni della pizza su panchine pubbliche, bucce di frutta che strabordano dai pochi cestini. Pare impossibile fare trenta metri a piedi senza imbattersi in cassonetti circondati da informi sacchi di immondizia, imballaggi, mobili, materassi, vecchi elettrodomestici.
Un’aggravante, dovuta allo scarso senso civico di cui sopra, è che spesso l’utente non prova nemmeno ad aprire il coperchio del cassonetto per depositare dentro la spazzatura, ma la lascia lì accanto: sai com'è, il coperchio è pesante e c’è il rischio di sporcarsi, e poi non dimentichiamo che quei pantaloni che butto potrebbero servire a qualcuno...
Spesso ci si trova nell’assurdo stato di fatto di cassonetti semivuoti e immondizia tutt'attorno.
Le cose sono peggiorate da quando la raccolta è passata da motorizzata a automatica. Mi spiego: prima, nell'era dei cassonetti di plastica neri, l’AMA passava con un camion che aveva a bordo il conducente e due netturbini sul retro. I due operai accostavano a mano il cassonetto al camion che lo sollevava e svuotava al suo interno, poi raccoglievano i sacchi e l'immondizia varia che rimaneva a terra buttandola sul mezzo. Il risultato era che, al suo passaggio, il camion della nettezza urbana si lasciava dietro un'accettabile situazione di relativo ordine e pulizia.
Da quando ci sono quei grandi cassonetti metallici con i colori della raccolta differenziata, le cose funzionano diversamente. Ora passa questo enorme camion con il solo conducente a bordo, si affianca all'altrettanto enorme cassonetto, lo solleva con bracci meccanici e lo ingoia, noncurante di cosa rimane a terra. Nessuno raccoglie più il sacco che non entrava, la busta caduta per sbadataggine, la bottiglia rotolata fuori.
Il risultato è che il camion al suo passaggio si lascia dietro una scia di cassonetti vuoti e spazzatura sparsa per strada e sui marciapiedi, che rimarrà li finché, una volta al mese, se ti va di lusso, passeranno i netturbini con mezzi più piccoli a fare un po' di pulizia.

La soluzione
Chiarisco il mio pensiero: la soluzione istituzionale sarebbe passare alla raccolta porta a porta, unica scelta degna di una città europea. Ma io non faccio parte di chi decide, al massimo posso col mio voto indirizzare alcune politiche, ma spesso non funziona nemmeno quello.

Però posso adottare un cassonetto.

Certo, capisco benissimo che non spetta al cittadino pulire le strade, e che paghiamo un servizio apposta, e che vogliamo che funzioni. Ma non riesco a star lì con le mani in mano a guardare il mio quartiere ridotto come la casa dei sette nani prima che arrivasse Biancaneve.
Cassonetto pieno accanto a uno vuoto
Allora scelgo un cassonetto comodo, uno che mi farebbe piacere vedere pulito tutti i giorni, possibilmente sotto casa. Se poi sono due o tre, meglio ancora.
La mattina quando esco di casa gli do un'occhiata, se ci sono buste appoggiate fuori semplicemente le metto dentro, se un sacchetto è appoggiato sul bordo e rischia di cadere, lo spingo all'interno, spazio se ne trova quasi sempre. A volte si vedono coppie di cassonetti, uno con il coperchio alzato e strapieno, l'altro semivuoto e col coperchio chiuso. Chi passava ha preferito lasciare la busta a terra piuttosto che rischiare di sporcarsi o faticare per alzare il coperchio. Allora il papà adottivo non fa altro che prendere la busta, alzare il coperchio e buttarla dentro.

In base ai dati in mio possesso stimo che ci siano circa 100.000 cassonetti di varia natura a Roma. Se il 5% dei romani ne adottasse uno, ogni cassonetto avrebbe un paio di genitori adottivi che se ne prendono cura.
Certo, il povero genitore nulla potrà fare se la monnezza straborda da cassonetti strapieni, se non sperare nel pronto intervento dell'AMA, ma vi assicuro che in base alla mia esperienza questo accade di rado. Più spesso si tratta di incuria dei cittadini unita a inefficienza del sistema di raccolta. Cose alle quali noi genitori adottivi possiamo porre argine.

lunedì 3 novembre 2014

Modesto ma veemente assalto alla casta

Mi sembra che oggi siano i giornalisti quelli che decretano quale sia il bene e quale il male.

Sono loro che giudicano il metodo Stamina sostituendosi ad autorità sanitarie e a sperimentazioni scientifiche.
Sono loro che decidono se un alimento è sano, se il biologico avrà successo, se una dieta è bilanciata; sono sempre loro che giudicano la qualità di vita di un Paese, se un'università è d'élite, se il clima sta cambiando, se i ghiacciai si sciolgono per davvero o se una democrazia è in pericolo.

Trasmissioni come "le Iene" possono far chiudere esercizi commerciali e mettere sotto inchiesta enti pubblici con servizi da poche decine di minuti e quattro interviste. 
Ogni settimana un'inchiesta di Report annienta un diverso settore: pochi giorni fa è toccato alla pizza, poi al caffè, ieri ai piumini. E il bello è che lo fa con contenuti a dir poco opinabili ma con clamore da Watergate. Tipo: il prof. Perin sostiene che la pizza bruciata può far male (dov'è la novità? anche svegliarsi la mattina fa male, aumenta l'entropia e ti avvicina al giorno della morte); oppure: alcuni pizzaioli disonesti condiscono la pizza con olio di girasole al posto di quello d'oliva (e 'sti cazzi? manco fosse cianuro).
... e chi se ne frega...


La ricerca spasmodica di complotti e catastrofi si è impossessata del telespettatore e i giornalisti da inchiesta ci sguazzano come pesci rossi nell'acqua di rubinetto: sono loro, i giornalisti d'assalto, l'ultima frontiera del potere, l'ennesima casta, i nuovi intoccabili. Sono gli unici che possono parlare di tutto pur dichiarandosi sfacciatamente non esperti, che possono attaccare impunemente chiunque, fottendosene di regole che loro stessi si vantavano di maneggiare alla perfezione, tipo il diritto di replica o gli elementi basilari del contraddittorio. Non devono rendere conto a nessuno se non all'audience e alla risonanza mediatica delle loro dichiarazioni. Possono scegliere, tagliare, montare interviste e inserire immagini in modo arbitrario, lanciando messaggi ben precisi senza alcun tipo di verifica o controllo se non quello che si fanno da soli. E se si sbagliano, beh, al massimo una piccola e discreta rettifica in fondo al programma successivo e tutto è sistemato. 

A quando una puntata di Report autoreferenziale, incentrata sul potere che i giornalisti stessi si sono ritrovati per le mani e su come questo viene usato?

giovedì 28 febbraio 2013

Che bello, oggi è l'ultimo giorno di scuola

Avevo uno zio che anni fa vinse un concorso alle Poste. Per qualche anno maneggiò raccomandate e assicurate, poi decise che quello non era il suo mestiere, lui aveva sempre desiderato fare il parrucchiere. Si licenziò e entrò come apprendista in un salone del quartiere.
Mi piace pensare che anche il Papa si sia accorto che quel mestiere lì, lui proprio non voleva farlo.

venerdì 21 dicembre 2012

21 Dicembre 2012, sera

Pensa che mi sono pure preso un giorno di ferie per godermi lo spettacolo e alla fine sta profezia dei Maya era 'na stronzata.
Aspetto un'altra mezzora e poi vado a dormire.

mercoledì 7 novembre 2012

What?

Stamattina mi sono attardato a casa per seguire il discorso di Obama subito dopo la vittoria. Parlava con orgoglio della sua nazione, indicando come fondamento della democrazia americana e come principali armi per uscire dalla crisi l'eccellenza del sistema di istruzione, i continui investimenti in ricerca e l'eterogeneo cosmopolitismo della popolazione. La cosa strana è che sono tutti concetti che non ho mai sentito nemmeno sfiorare durante i talk show nostrani. Ma forse ho capito male, colpa dell'inglese.

sabato 15 settembre 2012

Impressioni di settembre (kindleide 2)

Ormai è sulla bocca di tutti, basta googlare in rete per beccare migliaia di immagini e di articoli a riguardo, forse ne parlerà pure vespa in uno speciale: alla fine il tacchino s'è fatto il kindle. (Qui mi toccherebbe scrivere qualcosa per scusarmi con morc, nonostante le sue petulanti insistenze non ho utilizzato il link sul suo blog per fare l'ordine, mi è tornato in mente quando ormai era troppo tardi, mi dispiace immensamente, morc stesso non sa cosa avrei dato per sapere a quanto ammonta la quota che amazon assegna ai suoi agenti virtuali, ma mi farebbe perdere il filo del discorso).
Dicevo che il tacchino s'è fatto il kindle. Quello classico, con il cursore e lo sconto di venti euro. Potrebbe averlo fatto per puro spirito scientifico, per testare al meglio le armi del nemico nella sua strenua battaglia a favore della carta stampata (vedi anche qui), o forse potrebbe averlo fatto semplicemente perchè quella battaglia, ormai, sente di averla persa. Questo non lo saprete mai.
Sta di fatto che ad oggi ho passato tre intere giornate invernali-tipo con il mio kindle a portata di mano e mi sento in grado di stilare a vostro completo servizio un oggettivo elenco di caratteristiche che potranno esservi d’aiuto nella vostra personale disfida o per altri usi che al momento non oso immaginare.

Vado con la lista, cominciando dai vantaggi e finendo pian piano, senza che nemmeno ve ne rendiate conto, nei nei (volevo scriverlo da tempo, nei nei).
  1. È davvero leggero e maneggevole, ora posso confermarlo, tanto che viene naturale brandirlo tra le mani anche nei tratti a piedi, durante i piccoli trasferimenti urbani, per non perdere nemmeno un minuto di tempo e continuare a leggere percorrendo i rettilinei privi di ostacoli immediati, proprio come altri ne approfittano per mandare sms o navigare sui furbofoni. Oppure tenerlo a portata di occhio a casa mentre si fa finta di giocare con le bimbe, o ancora tra le gambe mentre si fanno le sessioni di addominali indispensabili nei periodi di astinenza forzata dagli allenamenti mattutini a causa di questa maledetta sciatalgia. Direi che è il suo principale vantaggio: con questa facilità di accesso, questa portabilità, questa comodità, leggi molto di più. E per un coso che si chiama reader non mi sembra roba da poco.
  2. È possibile caricare documenti e leggerli con comodo, senza dover sfogliare i soliti formato A4 spillati alla menopeggio. Potrei ad esempio portarmi parte del lavoro in tasca, se un malaugurato giorno ce ne fosse indiscutibile necessità (che il fato me ne scampi).
  3. Entra comodamente nella tasca posteriore dei miei 501 (può sempre tornare utile).
  4. Non ha bisogno di una custodia fissa, anzi uno spessore in più toglierebbe parecchi punti a quanto detto all'1 e al 3. Al massimo, se siete abituati a portarlo in una borsa insieme alle chiavi, potreste metterci una specie di foderina mobile per evitare che si buchi lo schermo, foderina da lasciare in borsa quando il kindle è in mano, per apprezzarne appieno la minimalità.
  5. Si può navigare tra le note, nonostante alcune anticipazioni catastrofiche che mi avevano fornito. Certo, non è cosa immediata, si deve agire sul cursore che, soprattutto per chi è aduso a tecnologie touch, può sembrare un po' obsoleto, ma alla fine si riesce a leggere anche Infinite Jest senza perderne una lettera. Per me che ho il telefonino anni novanta è ok.
  6. Con lo stesso cursore si naviga addirittura sul web, passando obbligatoriamente per l'accesso google messo lì per cercare le parole che si vogliono approfondire. Qualche buontempone dal browser di kindle ha anche arrischiato la modifica del proprio blog. Fa un certo effetto vedere il web in bianco e nero, ma anche questo, con pazienza, funziona. E considerate che è un di più, il kindle è fatto per leggere, dopotutto.
  7. Non è possibile capire a che pagina ti trovi e quante te ne mancano alla fine. All'inizio lo consideravo un grosso fastidio. C'è però da dire che il kindle ti fornisce l'avanzamento tramite la percentuale, pian piano ti abitui, e c'è da aggiungere che il concetto di pagine deriva dalla tecnologia della carta stampata, che appunto non può prescinderne. Pare che di questo concetto ci stiano chiedendo di liberarcene.
  8. È difficile scorrere tante pagine in avanti o indietro, bisogna farlo pagina per pagina o dall'indice dei capitoli. Questa è una cosa che sul libro è invece immediata. (Sull'applicazione kindle di ipad si fa scorrendo con il dito il cursore il basso, forse funziona anche sul kindle touch, ma non mi è dato saperlo.)
  9. L'offerta di titoli è ancora scarsina, nonostante la libreria Amazon sia di gran lunga la più fornita. I saggi pallosi continuano ad essere solo su carta.
  10. Amarus in fundo, non è vero che la con tecnologia e-ink sembra di avere sotto agli occhi un libro. Il libro è di gran lunga più luminoso e naturale, provate a metterli vicino e non avrete dubbi. Lo schermo del kindle ha uno sfondo grigiastro, fa riflessi comunque (è pur sempre uno schermo trasparente con sotto le lettere, i riflessi li fa eccome) e soffre soprattutto sotto le fonti di luce artificiale. È molto meglio di un LCD, ma non è ancora carta stampata.
  11. Amarissimus: i tasti per voltare pagina non sono intuitivi. Sulla destra ce ne sono due: uno un po' più grosso, in basso, per avanzare di una pagina, uno un po' più piccolo, in alto, per indietreggiare. Lo stesso sul lato sinistro (forse per i mancini?). Avrei di parecchio preferito un tasto sulla destra per andare avanti e uno sulla sinistra per andare indietro, proprio come si fa su un libro (destri e mancini lo fanno uguale) e proprio come funziona con il touch sull'applicazione per ipad. Lo suggerisco subito ad Amazon come modifica irrinunciabile.
Ma sapete cos'è che alla fine mi piace di quest'affarino, e che ne sta facendo un'orpello che non mi da alcun fastidio portarmi appresso un po' dovunque, molto più di quanto mi piaccia portarmi appresso il mio telefonino? È che il kindle alla fine fa solo il suo mestiere, nient'altro. Mi sono sorpreso piacevolmente, mentre leggevo assorto, a scrutare il mio Seiko da polso per sapere che ore erano, perchè il kindle non te la dice mica l'ora, e non fa nemmeno i conti, e non ha la sveglia, e non ci giochi. Ci puoi solo leggere. Facile. Simpatico.
Queste le mie impressioni.
Buon autunno.

    mercoledì 18 luglio 2012

    Oltre la media

    
    
    Estate 2012, incredibile caldo a Roma
    
    
    Sì, va bene, siamo d'accordo, anch'io come voi credo che l'umanità stia pian piano distruggendo l'ambiente in cui vive, e sì, sono con voi quando dite che l'ecosistema sta mostrando i segni evidenti di modifiche strutturali che alla lunga porteranno ad un riassestamento su nuovi livelli di equilibrio attorno a valori ben diversi da quelli che conosciamo, forse addirittura incompatibili con la vita umana. E ok, le vedo anch'io le foto dei ghiacciai che si stanno sciogliendo.
    Ma quello che non capisco è perchè deve far notizia se un valore metereologico si attesta su livelli diversi da quelli della media del periodo. Edizione straordinaria, ieri abbiamo avuto temperature di gran lunga superiori alla media del periodo. Incredibile, lo scorso Febbraio ha nevicato più della media.
    La media, ecco. Da quello che avevo capito a scuola, è così che funziona, la media: se hai dei valori diversi tra loro e vuoi tirare fuori un solo numero che sia abbastanza rappresentativo, una delle possibilità che ti si offre (non è l'unica, ma è la più utilizzata) è mostrarne la media, ossia la somma dei valori stessi diviso la loro numerosità. Di solito la media è un valore che si pone tra gli estremi della serie, e lascia presupporre che in origine i valori misurati erano alcuni alti, alcuni bassi, alcuni proprio vicini a quello che in futuro sarà la loro media, ma probabilmente non tutti uguali. Se a Roma a luglio in media ci sono 30 gradi (fonte: ilmeteo.it, il sito più visitato dopo Google, a quanto mi risulta), è proprio perchè qualche volta ce ne sono stati 28 e qualche altra 34, e non c'è nulla di eccezionale in quel fottuto 34, è semplicemente uno dei valori che ha contribuito a determinare la media di 30.
    Niente, solo questo.

    mercoledì 4 luglio 2012

    Corsa a molle

    
    Oscar Pistorius e le
    sue gambe a molla
    
    E’ di queste ore la notizia dell'ammissione ai giochi olimpici di Londra di Oscar Pistorius, l’atleta quattrocentista che corre con due protesi al carbonio al posto delle gambe, già campione paralimpico ad Atene e a Pechino.
    Tralasciamo per la prossima manciata di righe la simpatia e la benevolenza che si può provare nei confronti di un atleta costretto all’amputazione delle gambe all’età di 11 anni e che con forza di volontà, passione e coraggio è riuscito a coronare il suo sogno. Mettiamo da parte per un momento quell'esotica consuetudine sociale che ci obbliga a essere sempre e comunque politically correct.
    Lo sport è soprattutto l’arte di confrontarsi ad armi pari. In una gara 100 metri dorso non si può nuotare a stile, in un incontro di pugilato un tizio di 80 chili non può prendersela con un caio di 60.
    E allora che senso ha una gara di 400 metri piani dove sette atleti corrono su gambe fatte di tendini, ossa, muscoli, con le loro fragilità, i loro microtraumi, le loro caratteristiche elestiche e meccaniche, e uno corre su due molle al carbonio, con caratteristiche elastiche e meccaniche completamente diverse? Semplicemente: non lo trovo equo. E se non è equo, per me non è sport.

    sabato 14 aprile 2012

    Il sabato della Lega

    Le bimbe mi hanno appena svegliato con questa filastrocca di calda attualità:

    Carlo Magno re di Francia
    ha tre pulci sulla pancia;
    una tira, l'altra molla,
    l'altra fabbrica la colla.
    Gratta gratta tutto il dì,
    ma le pulci restan lì.

    venerdì 6 aprile 2012

    Ancora sul valore delle cose


    Oggi non c'è fila alle casse del Todis, sarà che le scuole sono chiuse (non mi chiedete il nesso logico, ma tutti dicono così). Ho già consegnato alla bionda di turno il mio bravo bancomat, e mi accingo a infilare detersivi e yogurt nel mio bustone di nylon, da uomo perfettamente inserito non solo nel ciclo di produzione e consumo occidentale ma anche in quello dello smaltimento dei suoi rifiuti.

    mercoledì 14 marzo 2012

    Orsa minore

      
    Anche oggi il menù offre: sciopero dei trasporti. Ormai ci siamo abituati, ce n'è uno al mese, a volte anche uno ogni tre settimane. Ma per il pendolare metropolitano scafato, quello per il quale gli orari sono senza segreti, le rotaie libri aperti, i vagoni comodi monolocali arredati, le coincidenze facili passeggiate, le stazioni di scambio luoghi di divertimento, beh, per questi tipi tosti non tutti gli scioperi sono uguali. Dipende.

    sabato 3 marzo 2012

    Cozze sopra le righe

    Una sindrome acuta dovuta all'ostruzione di una arteria coronaria a seguito della fissurazione del cappuccio fibroso di una placca ateromatosa con formazione di un trombo occludente e conseguente necrosi del tessuto miocardico. Un infarto. Al giorno d'oggi. Non è mica così comune, nell'ambiente. Le rockstar negli anni settanta se ne andavano per overdose, negli ottanta e novanta per aids, nei duemila almeno un suicidio, e poi c'è sempre stato il vecchio cancro.

    giovedì 1 marzo 2012

    L'ultima luna

    Se scavo tra i miei ricordi, il primo LP che io abbia mai posseduto fu Lucio Dalla, quello con L'anno che verrà, Anna e Marco e L'ultima luna. Non ho mai capito come abbia fatto a finire tra le mie mani, quel disco. Semplicemente, a partire da un determinato giorno, era là, nel raccoglitore accanto al giradischi. Probabilmente a un mio compleanno (visto che è del 1979 doveva essere quello dei miei 8 o 9 anni) qualche amico dei miei ritenne inutile presentarsi con il solito giocattolino e provò a stimolare la cultura musicale di quel bimbo. Quel tentativo originale non ottenne un successo immediato, visto che ascoltai con attenzione l'album non prima di quattro anni dopo.

    domenica 5 febbraio 2012

    Sgambata in bianco

    Un vero runner non si ferma davanti a dieci centimetri di neve, mi dico mentre mi allaccio le Cumulus ben strette come piace a me, consapevole del fatto che sto esagerando con l'ottimismo. Sono le sette meno dieci e fuori il termometro segna tre Celsius sotto lo zero. Scarto subito l'idea di indossare auricolari e lettore mp3, stamattina ognuno dei cinque sensi deve dare il massimo contributo alla sopravvivenza del proprio involucro. In strada devo confessare a me stesso che i dieci centimetri sono in realtà almeno una trentina, e che da ieri non è poi cambiato molto (vedi foto del post precedente, rappresentativa anche della situazione odierna).

    sabato 4 febbraio 2012

    La neve e il suo silenzio

    
    Roma, neve 2012.
    Foto del mio quartiere, stamattina
    
    Eccomi qui, stravaccato sul divano con un plaid addosso, che gli orari del riscaldamento condominiale non cambiano mica per una singola nevicata, e a metà mattina la caldaia è spenta comunque, non è che ci possiamo riunire in assemblea a ogni cambio di temperatura media; attendo che le bambine vengano vestite di tutto punto con i doposci comperati per la settimana bianca, anche se poi alla fine in montagna non ci andiamo mai perchè bisogna tagliare le spese, ma l'attrezzatura era a saldo, non sarà di prima qualità ma un affare così non capita tutti i giorni e non puoi lasciartelo scappare, dice mia moglie, e se a Roma poi dovesse nevicare siamo pronti, e con la salopette rosa anni novanta della cugina ormai ventenne l'abbigliamento è completato.

    venerdì 27 gennaio 2012

    Sciopero? Me ne fotto

    
    Metro Roma Linea A - Foto da Wikipedia
    Sciopero dei trasporti a Roma, previsti disagi, disservizi, code, stress, scene di panico, traffico impenetrabile, follia.
    
    Stamattina, mentre sotto la doccia pianificavo la battaglia e sondavo le varie soluzioni a mia disposizione (ore in auto? gelo in scooter? vacanza forzata?), sono stato colto da un'illuminazione improvvisa, e le mie labbra insaponate si sono schiuse in una frase che avrebbe cambiato il senso della mia giornata: me ne fotto.
    Spinto dall'inguaribile ottimismo cresciuto sulla scia della nuova consapevolezza, e valutando la piccola sigla sindacale promotrice dell'iniziativa di protesta non in grado da sola di bloccare un intero sistema, affronto come ogni mattina il mio solito percorso in metro per arrivare in ufficio, incurante degli annunci allarmistici disseminati su giornali, volantini, affissioni. Risultato: funzionava tutto, viaggio tranquillissimo, vagoni semivuoti (i miei soliti compagni di pendolarismo erano tutti in superfice, solitari prigionieri delle colonne di auto), treni in perfetto orario. Arrivo in ufficio prima del solito, tranquillo, rilassato, con in testa ancora la mia frase, pronto a riutilizzata nella prima occasione utile.
    Oggi ho la soluzione a tutto, oggi io me ne fotto. 


    martedì 17 gennaio 2012

    Il Comandante

    Forse, Comandante Schettino.
    Forse, il tempo e le indagini della magistratura diranno quali sono le verità e quali invece le fantasie dovute alla concitazione e alla paura del momento, e lei riuscirà finalmente a spiegare le sue ragioni.
    Forse, una volta fatto il primo errore, il pericoloso passaggio a lambire la costa del Giglio, vuoi per esibizionismo, una scommessa tra marinai, vuoi per eccessiva sicurezza, una rotta fatta tante volte, beh, una volta fatto il primo errore viene facile il secondo: continuare a seguire le operazioni da bordo non avrebbe dimezzato il numero delle vittime, che alla fine qualcuno che coordina lo sbarco dei passeggeri si trova sempre, e l'allarme era stato dato, no?
    Forse, è vero che l'istinto di sopravvivenza è talmente forte nell'essere umano che piega ogni volontà, e meno male che è così, che è merito di questo istinto alla conservazione se la nostra specie è arrivata fin qua, nel bene e nel male. Forse.
    Però, Comandante Schettino.
    Le telefonate tra lei e la capitaneria, le testimonianze di decine, forse centinaia di passeggeri, quelle degli abitanti del Giglio, quelle dei soccorritori, fanno proprio pensare che quella notte lei abbia abdicato al suo ruolo. E dalla mia conoscenza del mare e delle sue regole, a dire il vero molto teorica (ho la patente nautica) ma poco pratica (non navigo da anni), so che in mare la figura del Comandante rappresenta la massima autorità, la fonte di sicurezza, l'ultimo appiglio. Credo davvero che quello di Comandante di unità da diporto sia oggi uno dei pochi ruoli di comando in cui è giustificato il potere assoluto (se ci teniamo fuori dal mondo militare). In mare non ci sono altre istituzioni alle quali si può chiedere aiuto, non posso andare alla stazione dei carabinieri per denunciare il sopruso di un poliziotto o, viceversa, al commissariato per lo sgarbo del carabiniere. In mare c'è il Comandante, lui è la massima autorità, lui il solo responsabile. Se avete provato a trascorrere anche un solo week end in barca a vela sapete di cosa parlo. Il Comandante di una nave, proprio per la potenzialità di rischio che lo stare in mare comporta, deve poter dare ordini senza giustificarli, deve poter disporre di tutti i suoi collaboratori e, in caso di emergenza, di tutti i passeggeri come crede se questo è finalizzato al bene comune, deve poter agire indisturbato per raggiungere lo scopo. E, come contraltare di questo potere assoluto, gli si attribuisce responsabilità assoluta, per tutto ciò che compie con questo enorme potere. E lei, Comandante Schettino, con la sua manovra azzardata, ha deluso ed eluso ogni fiducia, ogni regola, ogni onore, ogni responsabilità.
    E poi, Comandante Schettino, dopo il primo errore, dopo quell'omaggio spavaldo all'isola, dopo quella spacconata omicida, lei era ancora tenuto ad essere punto di riferimento, il coordinatore nell'emergenza, il Comandante supremo, e invece pare che sia stato tra i primi ad abbandonare la nave, fottendosene di ruolo, onore, fiducia dell'equipaggio e dei passeggeri, regole del mare che erano il suo mestiere, la sua vita.
    Infine, per quanto riguarda l'istinto di sopravvivenza, Comandante Schettino, so benissimo che l'essere umano è fatto di geni, che la paura può condurre un uomo ad azioni incontrollate, irrazionali, a volte paradossalmente autolesioniste. Ma l'essere umano è fatto anche di cultura, di princìpi, di rigore, di priorità morali, in una parola di coscienza. E cos'è un Comandante se non riesce ad anteporre la coscienza al singolo gene?
    Non so, nel continuare a leggere le testimonianze, le trascrizioni delle telefonate, le versioni, provo tanta delusione. Pensavo che questo paese si reggesse ancora, e nonostante tutto, grazie alla stragrande maggioranza di cittadini che ogni giorno fanno il proprio dovere, ma leggo di superficialità, di mediocrità, di pressapochismo. E ora come faccio a togliermi dalla testa la schifosa sensazione che questa non sia che l'ennesima testimonianza del degrado sociale e umano dell'ultimo ventennio?
    Sì, forse esagero, ma provate a farmi cambiare idea, scommetto che non riuscirete a convincere nemmeno voi stessi.

    venerdì 13 gennaio 2012

    Facile conclusione

    Non posso non essere d'accordo con questo post di plus nell'entusiasmo per questo governo che ci è toccato. Il migliore visto nei miei primi quarant'anni.
    Basta dare un'occhiata all'intervista di domenica scorsa o al descreto liberalizzazioni in corso di predisposizione per farsi un'idea dell'onestà intellettuale, dell'eleganza, del professionismo e dell'efficienza di questo manipolo. Sarà merito dell'assenza di legami con lobbies e cartelli di potere, sarà il momento particolare di emergenza che spinge ad azioni forti, ma una rivoluzione economica e culturale di questo tipo in soli due mesi mi pare un insperato ritorno alla vita.
    E se qualcuno prova a dirmi che questo governo non è stato eletto, che non è espressione del voto popolare, mentre lo erano i precedenti, beh allora è un problema del popolo elettore, è un prolema della democrazia, e la conclusione mi viene facile: fanculo a entrambi, al popolo elettore e alla democrazia.

    mercoledì 11 gennaio 2012

    Copyright 3

    Il mio Google Reader mi dice che a breve uscirà Abolire la proprietà intellettuale, un libro sull'inutilità, o meglio sulla dannosità, del copyright.
    Se ne era parlato su questo blog qualche tempo fa e il vostro tacchino è ancora pienamente convinto di quello che sosteneva: il diritto d'autore non ha senso. Solo che, con l'età, e come contrasto con il ventennio sciagurato che ha appena vissuto insieme ad altri 57 milioni di persone, lo stesso tacchino sta imparando a seguire di più le regole, e quindi scarica meno illegalmente e acquista legalmente quello che le sue finanze gli permettono. La quantità del materiale a disposizione è diminuita, ma la qualità ne guadagna: ad esempio ho meno brani da ascoltare sul mio lettore mp3 e mi posso concentrare più su quelli per i quali ho attentamente ponderato l'acquisto. Un altro aspetto dell'effetto R4 di cui al post precedente.