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martedì 17 novembre 2015

La percezione di un tornello

Un lavoro come il mio, caratterizzato da routinari pendolarismi casa-ufficio, implica l’abitudine ad atti che, da un certo momento in poi, ti ritrovi a seguire se non altro per necessaria coerenza con te stesso.
Da anni ormai, alla solita ora, esco dalla solita stazione della metropolitana e passo attraverso il solito tornello di ingresso alla sede dell'azienda dove lavoro. Scelgo sempre lo stesso, quello più a sinistra dei cinque disponibili. E’ un classico tornello a rotazione con i tre bracci in metallo, che si sbloccano quando riconoscono il badge che avvicino al sensore e che, dopo il passaggio di un corpo, si assestano di nuovo in posizione per accoglierne uno nuovo. Solo che il mio tornello è sempre stato un po’ pigro, i bracci ruotano a rilento quando perdono la spinta del corpo passante e, dopo aver permesso un ingresso, si riassestano con estrema indolenza in posizione di "avanti un altro". E’ così da anni.
Ogni giorno, sul lato sinistro dell’ingresso, due metri prima del mio tornello, staziona l’addetto alla sicurezza; un tipo sulla cinquantina che osserva gli impiegati che, come me, avvicinano il badge al sensore e passano. Lui di mestiere fa questo: osserva il passaggio. Io lo saluto e lui contraccambia e mi segue con lo sguardo mentre attendo con pazienza i voleri del tornello fiacco: è un rapporto così, fatto di attimi di vita comune.
Ieri, tutto a un tratto, la discontinuità. L’evento imprevedibile. La frattura nello spaziotempo. Il tornello scatta senza intoppi, come un meccanismo perfettamente oliato, senza più un brandello di quella pigrizia che lo contraddistingueva fino a ventiquattr'ore prima.
Una volta passato, io guardo l’usciere, l’uomo che per decine di mattine aveva osservato il mio indugiare dietro la flemma del braccio meccanico, e prorompo in un cordiale: 

E che succede? Tutt’a un tratto funziona? Lo avete aggiustato?
Lui: Che?
Io: Come che, il tornello, era lento, ora funziona, mi riferivo a quello.
Lui: Boh, mi pare sempre uguale.

Come. E'. Possibile.
Tu per lavoro fai questo: osservi le persone che passano. Da anni. Ti piazzi sempre lì, vicino a quel tornello. Per svariate ore al giorno, quello è il tuo mondo. Non ti sei mai chiesto nulla? Non ne hai mai percepito il ritmo? Non ti chiedi il motivo del cambiamento? Forse un intervento manutentivo? Forse uno divino? Ti saluto ogni mattina mentre attendo il ritorno in posizione del braccio lento. E non ti sei mai accorto di nulla?

Ecco l’essenza dell'essere subumano. Sopravvivere senza porsi alcuna domanda sulla realtà che ti circonda.
Buona percezione a tutti.

domenica 23 dicembre 2012

Solo qualche giorno di ferie forzate


Prototipo del pendolo galileiano,
a Santa Maria degli Angeli
In periodo di crisi le aziende raschiano il barile, e nel bilancio di una elefantiaca come quella che mi dà da mangiare, il cosiddetto accantonamento per ferie maturate e non pagate può raggiungere cifre stratosferiche e costituire il sottile diaframma tra utile o perdita.
Ed ecco che trovarsi sbattuto a forza subito prima di Natalefuori dalle rassicuranti quattro mura che ti circondano migliaia di ore all'anno con l'unico scopo di consumare gli ultimi giorni rimasti tra quelli contrattualmente pattuiti come riposo ma che durante l'anno non sei riuscito a pianificare in maniera più proficua, diventa qualcosa più che una lontana prospettiva, e se a questo aggiungi che le figlie sono a scuola e la moglie al lavoro, lei che le ferie le ha gestite meglio, ne risulta che ti trovi a gironzolare da solo per la città. E Roma, che pareva non aspettare altro, ti si para avanti discinta e disponibile come un'olgettina.
Bastano pochi minuti per riportare alla mente i posti che avevi sempre accennato di voler di nuovo vedere e che ora puoi farlo davvero, e cominci l'attacco ai bastioni di questo turismo in casa propria mirando dritto alle Santa Maria, da queste parti ce ne sono in ogni angolo: puoi cominciare con Santa Maria degli Angeli che ospita la meridiana del Bianchini e il prototipo del pendolo di Galileo; continuare con Santa Maria della Vittoria con la passione eroticamente marmorea di Santa Teresa trafitta ripetutamente dalla freccia di fuoco dell'angelo; soffermarti almeno mezzora a Santa Maria del Popolo con la cappella Cerasi in fondo a sinistra, stesse coordinate geografiche dei servizi igienici nei bar di periferia, ma questa con i due Caravaggio e il Carracci costituisce forse i sei metri quadri più strabilianti della storia dell'arte; puoi concludere con Santa Maria della Pace e la tribuna ottagonale del Sangallo. Poi forse ti riesce di aggiungere una capatina o poco più a San Luigi dei Francesi, che per azzeccare i pochi minuti di apertura devi fargli la punta per mezza giornata, ma vieni premiato nell'attesa dai Caravaggi, che qui ne becchi tre, e per ultimo una visita al Pantheon chi te la nega, potresti rimanere a rimirare la cupola più bella del mondo senza fiato a testa in su per tutto il tempo che ci vuole, o meglio fino a quando ti regge la cervicale.
Alla fine te ne ritorni a casa pensando che questa cosa della crisi e delle ferie forzate meno male che c'è stata e l'anno prossimo quasi quasi le ferie le pianifichiamo in maniera inefficiente come stavolta, in fondo che male c'è.

Caravaggio, Vocazione di San Matteo,
San Luigi Dei Francesi

mercoledì 12 dicembre 2012

Sull'onda del rinnovamento

Oggi è il 12.12.12 e, visto che in base al calendario gregoriano attualmente in uso non mi pare che a breve possa presentarsi un'occasione sì propizia, è d'uopo festeggiare: a mensa prenderò le patatine fritte.
Buon giorno triplice a tutti.

martedì 11 dicembre 2012

Interrogazione a sorpresa

Nella zona d'ingresso dell'azienda dove lavoro, proprio dietro alla reception, ci sono due macchinette per rilevare le presenze, di quelle che ci devi passare il badge ed emettono un bip visualizzando il tuo nome, come un saluto per dire che ti hanno riconosciuto. Sono sei anni che badggio sempre in quella di sinistra, anche a costo di attendere se c'è qualcuno davanti a me e quella di destra è libera. Gli impiegati sono gente abitudinaria, sapete.
Oggi ho badggiato in quella di destra.
Volevo vedere se mi riconosceva anche lei.

venerdì 16 novembre 2012

Dov'è l'uscita d'emergenza?

Ho imparato una cosa in tanti anni di vita aziendale: quando durante una riunione qualcuno chiede "si può aprire un po' la porta? non si respira", oppure, "l'aria è un po' viziata", significa che la puzza di aliti e ascelle è arrivata a livelli insopportabili.
È quello il momento giusto per chiedersi se ne vale davvero la pena.
Tanta gente e piccoli spazi:
un connubio micidiale

mercoledì 26 settembre 2012

Sociologia impiegatizia

Se ne parlava a pranzo, e tra i commensali s'è raggiunta l'incontrovertibile conclusione che lo mondo si partisce in due, quelli che lavorano per mangiare e quelli che il contrario, e che quest'approccio è un po' il disegno di base che dai alla tua vita, e che una coppia può litigare sui piccoli fatti del quotidiano, ma se non è d'accordo su questo sono cazzi, e vedi sistemi completamente opposti che provano a convivere essendo già sconfitti in partenza, un lui apparentemente in ferie con la famiglia al completo ma che in realtà non è lì, ma in ufficio, a studio, in negozio a fare l'inventario, e sotto l'ombrellone ha virtualmente lasciato moglie e figli che invece fanno parte dell'altra metà del mondo, e si godono il lieto fine di un anno di fatiche lavorative e scolastiche.
E non crediate, è una situazione parecchio diffusa intorno alle mura di questa mensa.

mercoledì 19 settembre 2012

Anemometria piramidale

Hai presente quando ti senti confuso su una particolare tematica professionale, una specie di piccolo vortice di correnti diverse che ti senti nella testa, alcune correnti ti convincono di qualcosa, altre di altro, insomma abbastanza confuso da esserne imbarazzato, e ti trovi a partecipare ad una riunione di approfondimento con colleghi che reputi molto più ferrati di te sull'argomento e in grado di chiarirti finalmente tutti gli aspetti che ti paiono oscuri, ma mentre stai lì in attesa di lumi non puoi fare altro che constatare che il tuo piccolo vortice è annichilito, assorbito, travolto dal fortunale della confusione generale, come un soffio sulla nuca durante una corsa in vespone senza casco e parabrezza. A questa babele di false credenze c'è poi da aggiungere la sfacciata corsa di ognuno ad apparire perfettamente e immarcescibilmente sicuro di sé, con la situazione perfettamente in pugno, e quest'atteggiamento è direttamente proporzionale alla posizione gerarchica, comando di più quindi capisco di più e ho più opinioni; sono io che chiarisco le cose a te, non il contrario. E aggiungo che adoro sentire la mia voce che esprime le mie opinioni.
Ecco, così.

giovedì 6 settembre 2012

Dimmi che colore


C'è chi, per natura ed esperienze, è orientato alla sobrietà, non si espone mai, veste in maniera neutra, e anche a tavola predilige i colori chiari, per non dare nell'occhio, e abbina con apparente naturalezza la fragranza della verza allo sfizio di uno spaghetto aglio e olio. C'è il tipo frizzante, chiacchierone e amico di tutti, appassionato di natura e sapori genuini, con i colori lui esagera e pare voglia ad ogni costo scomodare l'intero spettro cromatico, nel suo piatto trovi dal viola scuro delle susine mature al verde brillante della lattuga, dal giallo dei peperoni al bruno del pane integrale. Poi c'è il tipo energico e aggressivo che rosseggia peperoncino su ogni piatto, c'è chi annerisce la carbonara con il pepe, chi abbronza i cavolfiori con l'aceto balsamico.
Mi mancava proprio, la mensa aziendale.

lunedì 20 agosto 2012

Il mondo visto da qui

Le cose, viste da una certa distanza, assumono connotati più nitidi, bordi più netti, chiarezze inaspettate. Passeggiando tra le vette alpine ho capito che il mio lavoro, quello che svolgo cinque giorni su sette, duecentoventi giorni all'anno, consiste essenzialmente nell'applicare alcune procedure. E' quello che faccio da mane a sera. Di solito cerco di farlo bene, con tutto il buon senso di cui sono capace e tentando di gestire al meglio le complessità in cui inevitabilmente mi imbatto, ma alla fine si tratta di questo, applicare delle procedure. A volte capita che sia io stesso a stilare una procedura che poi qualcun'altro si troverà ad applicare, ma anche per elaborare una procedura seguo una procedura. Altre volte succede che io sia costretto a fare qualcosa al di fuori di procedura, e allora son problemi. Di solito me la cavo così: prima formulo una procedura adatta, e poi la applico. Mia moglie dice che mi comporto così anche a casa.

venerdì 11 maggio 2012

Passioni sopite

Pausa caffè, chiacchiere tra colleghi, si discute delle nostre vite sbagliate e dei nostri desideri irrealizzati.
-          Io ho sempre amato il legno, mi sarebbe piaciuto imparare a lavorarlo
-          La mia passione è il mare: sarebbe bello poter fare il giro del mondo in barca a vela
-          E allora io? Volevo fare il medico ed eccomi qui a produrre slides
Poi sei entrata tu nel tuo tailleur crema, avevi intercettato solo brevi scampoli delle nostre conversazioni (passione, volevo fare, mi sarebbe piaciuto) e hai pensato fosse coerente inserirti così:
-          A me piacerebbe tanto riuscire un giorno a occuparmi di contabilità industriale.

martedì 6 marzo 2012

Mi appello alla convenzione di Ginevra

Avrei voluto fuggire via, sgusciare fuori con una scusa inattaccabile, che so, bolle violacee sulla cute, rigonfiamento improvviso del pomo d'Adamo, una telefonata improrogabile da Enzo Ghinazzi, qualsiasi cosa piuttosto che stare lì fermo e zitto a vedere una persona torturata. Perchè di questo si è trattato, di una vera e propria tortura ai danni del malcapitato di turno, altro che aperte virgolette incontro di allineamento chiuse virgolette. L'orario di convocazione, dalle 12 alle 16, la diceva lunga sulle seconde finalità della riunione: incutere timore con l'abnorme durata e saggiare il valore che ognuno dei convocati avrebbe dato alle ragioni aziendali rispetto alle esigenze fisiologiche dell'ora di pranzo. 

venerdì 17 dicembre 2010

La prova provata (o quasi)

Riunione noiosa che si protrae oltremodo senza risultati di sorta con un susseguirsi di interventi logorroici e inconcludenti. Come occupo il tempo? Ho un liscio e intonso foglio bianco davanti a me, lo rigiro fra le mani e lo piego una volta. Poi due. Poi tre. Mi viene in mente qualcosa che ho letto, se si piega un foglio di carta tot volte lo spessore che ne risulta basterebbe a riempire la distanza tra la terra e la luna e mi ricordo che il tot era davvero basso. Quanto? Voglio provare io stesso. Piego il foglio quattro, poi cinque volte. Ho raggiunto lo spessore di mezzo centimetro (misurato poi con sufficiente cura). Non ce la faccio a piegarlo sei volte ma posso presumere si arrivi a circa un centimetro. Torno al mio pc e butto giù qualche formula. Scopro facilmente che il foglio è spesso circa 0,016 cm, e che se lo piegassi 12 volte supererei i 60 cm (0,016*2^16). Cerco la distanza media terra luna, scopro che è di circa 384.400 km. Quasi la raggiungerei con 41 piegature, la supererei di molto con 42. Ma ora ho il foglio excel pronto, posso divertirmi ancora un po'. Milano Roma con 32 piegature, il Monte Bianco con 25, una palazzina di tre piani con 16 piegature, l'altezza di un bimbo con 13, un libro bello grosso con 9...
Potenza dei numeri.