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lunedì 8 ottobre 2012

La verità in dodici volumi


I dodici volumi di "lezioni di Xologia"

È che quando ti trovi a dover combattere con una qualsiasi disfunzione del tuo apparato locomotore, del guscio che i tuoi geni hanno assemblato durante i nove mesi di gestazione e manutenuto durante i successivi X anni di crescita, e per il quale hanno acquisito informazioni nel corso di milioni di anni di evoluzione, quando questo guscio scricchiola, e devi confrontarti con una malattia, un dolore, un intorpidimento, un impedimento in genere, l'unico desiderio al quale aneli è trovare un esperto che con totale empatia possa comprendere a fondo i tuoi sintomi, elaborare con certezza la diagnosi e prescrivere in assoluta sicurezza le efficaci terapie. Decidi pertanto di rivolgerti ad uno che ne sa parecchio, e per un suo consulto sei disposto a investire (non a spendere, sul proprio corpo si investe) chili di euro, senza turbe nè analisi di sostenibilità finanziaria. Ed è proprio su questa tua debolezza genetica che si basa l'intera industria medica e paramedica (includendo in essa i professionisti delle manipolazioni, delle nuove arti diagnostiche, delle medicine alternative, delle tecniche riabilitative, delle specialità orientali, i natu-fito-omeo-cromo-osteo-chiro specialisti e robe varie). E ognuno di loro (medici, paramedici e robe varie, per brevità MPRV) sa che il suo mestiere è campare di questa industria ed è su questo che si gioca tutto. E per battere la concorrenza deve presentare la sua specialità come l'unica risolutiva, e le altre come mondezza. Quest'ultima parte gli viene piuttosto facile, considerato che lo specialista MPRV ci crede davvero in quello che fa, e non perché sappia tutto della sua specialità, ma perché quella è l'unica cosa della quale sa qualcosa.

Come si difende il paziente paziente (una volta come aggettivo e una come sostantivo)?

Regola numero uno: deve smetterla di credere ai santoni. La migliore tecnica mentale per raggiungere lo scopo è inquadrare il MPRV nella categoria di impiegati della salute, questo già aiuta a togliere loro quell'aura di infallibilità ed onniscienza; capire che ognuno dei MPRV, anche il professorone primario acclamato dalla critica, la mattina si alza e, dopo aver fatto la cacca come tutti, si guarda allo specchio e dice "che palle, anche oggi devo visitare tre (o quattro, o cinque, a seconda della sua fama) tizi malaticci e fargli credere che posso risolvere il loro problema", e i più saggi e oculati aggiungono "e pensare che non ci capisco una mazza, ma dovrò pur mangiare no?". L'importante è comprendere che fare il MPRV è un mestiere come un altro, ben lungi dall'essere una vocazione, tantomeno un dono da mettere a disposizione dell'umanità. E' gente che tira un po' ad indovinare. E per farlo ha a disposizione solo la tecnica alla quale si è dedicato in mesi di duro studio e in anni di duri incassi, una tra le tante tecniche esistenti, nient'altro, con le sue mezze verità e i quarti di certezze. Alla prossima visita provate a distogliere l'attenzione dal viso rassicurante e saccente del MPRV di turno e a guardarvi intorno: nel suo studio di specialista in Xologia, proprio sulla libreria alle sue spalle, troverete in perfetta solitudine ed isolamento i dodici volumi di "lezioni di Xologia", la sua unica verità, la spiegazione buona per tutte le stagioni.

Regola numero due: deve fare da solo. La maniera migliore che fino ad oggi ho scovato per affrontare una disfunzione del mio corpo coincide più o meno con questo processo: A) cerco di capire il problema al meglio, utilizzando fonti che non implichino un contatto diretto con un MPRV (va bene internet, un amico che ci è passato, in extremis anche una chiacchiera al bar); B) raccolgo i dati sui metodi di risoluzione praticati e sugli esiti; C) sperimento su me stesso. Fare da soli insomma, in modo che, quando ci si confronterà con un MPRV (passo purtroppo a volte necessario) 1: sai di che si parla e 2: provi a non farti prendere troppo per il culo. Per lo meno cercare di capirci qualcosa aiuta a mettere insieme le mille mezze verità offerte dagli specialisti e a tenere il cervello in esercizio.

Dietro a queste regole del faidate in salute c'è un'unica certezza: la medicina, allopatica o alternativa, ufficiale o orientale, manuale o teorica, non è una scienza, al massimo è una pratica empirica. Va per tentativi. Stando così le cose, li faccio io, i tentativi.

E poi quando finalmente, e sopra la tua pelle, capisci tutto questo e raggiungi un nuovo stato di equilibrio psicofisico che ti porta a sovvertire il consueto ordine di priorità, e riesci finalmente a dirti che in fondo ci sono altre cose nella vita oltre alla salute, allora succede che torni a casa, accendi il modem, e ti accorgi che IOS 6 non è compatibile con il tuo Ipad di prima generazione.
E allora sì che le palle ti girano.

venerdì 14 settembre 2012

Baropodometria onirica


Le fette di qualcuno della rete,
spero non se ne abbia a male
Ripongo parecchie speranze in questa metodica all'avanguardia, consigliatami da fior fior di atleti come possibile via d'uscita alla sciatalgia che mi affligge ormai da mesi e che occlude la principale via di sfogo alle mie ansie di homo sapiens sapiens, la corsa mattutina. La prescrizione dei plantari per correggere le asimmetrie di carico esercitate su ciascun punto d'appoggio podalico e la mia lieve inclinazione a destra (non fate come i miei spiritosi colleghi, spogliatela da implicazioni politiche, ve ne prego) era il naturale quanto prevedibile esito della visita.
L’ansia e le speranze con cui ho sovraccaricato l'esame biomeccanico hanno però avuto un finale inatteso la notte seguente, quando il mio inconscio ha sentito l’insopprimibile bisogno di ripercorrere quelle che riteneva le tappe fondamentali della visita in una complessa attività onirica in cui, in un'affollata schiera di personaggi che venivano e sparivano, era stabilmente presente, oltre al me stesso paziente e al tecnico baropodometrico, anche la madre (del paziente, non del tecnico) a confermare che la mamma è sempre la mamma, quantomeno per gli italici bamboccioni, e a controllare tutti i passaggi e le decisioni del figlioletto infortunato, porello, anche quando ormai dovrebbe essere lui a controllarli ai suoi figli, e comunque il sottoscritto era lì a cercare di convincere il baropodometra, rispondendo ad un sua ipotesi di ereditarietà del problema, che è il genotipo ad essere ereditario, non il fenotipo, con tutto quello che questa frase vuole o meno significare in questo contesto, ossia nulla, ma un sogno è un sogno, prendetelo come viene.

giovedì 8 marzo 2012

Arti e mestieri

Orlando fa il meccanico. Ha un'officina per la riparazione delle moto che è sempre piena di clienti, perché Orlando sa fare bene il suo mestiere. E' uno di quei meccanici che Robert Pirsig ha descritto nel suo Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, e che riescono spesso a riparare i pezzi più che cambiarli, ottenendo lo stesso pulito e sicuro risultato. Il meccanico pirsigiano inserisce uno spessore, lima uno spuntone, adatta un pezzo non proprio preciso, allarga un orifizio, insomma fa il manutentore vero, non il mero sostitutore di pezzi.

lunedì 5 marzo 2012

Quinta tasca, ringraziamenti

Ho quarantuno anni. Da circa trenta indosso (non tutti i giorni, che a volte il mio mestiere mi obbliga ad una ipocrita eleganza, ma comunque con una certa costanza e trasversalità in tutti i periodi della mia vita) dei jeans Levi's 501, quelli classici con i bottoni e le cinque tasche, due avanti, due dietro e il taschino dietro la tasca anteriore destra. 

sabato 3 marzo 2012

Cozze sopra le righe

Una sindrome acuta dovuta all'ostruzione di una arteria coronaria a seguito della fissurazione del cappuccio fibroso di una placca ateromatosa con formazione di un trombo occludente e conseguente necrosi del tessuto miocardico. Un infarto. Al giorno d'oggi. Non è mica così comune, nell'ambiente. Le rockstar negli anni settanta se ne andavano per overdose, negli ottanta e novanta per aids, nei duemila almeno un suicidio, e poi c'è sempre stato il vecchio cancro.

giovedì 22 dicembre 2011

Siete medici o caporali?

Neanch’io, come il ciclofrenico, ho fiducia nei medici. Credo nel processo scientifico con cui vengono raggiunti risultati in campo medico, questo sì. Ma da qui a dire che i medici siano scienziati, beh, ce ne vuole.
Innanzitutto la medicina è una di quelle discipline che hanno il non trascurabile intoppo di confrontarsi con un oggetto di studio che è un fenomeno complesso. Anzi, il fenomeno complesso: l’essere umano. Come ho già accennato altrove, ci sono campi scientifici dai risultati sicuri, lineari, prevedibili, come la meccanica newtoniana o la geometria euclidea; e ci sono altre discipline che analizzano fenomeni complessi, e devono rinunciare alla linearità e alla sicurezza dei risultati che a torto si crede debbano essere proprie delle scienze, accontentandosi invece di conclusioni basate su metodi statistici, quindi non applicabili con certezza al singolo caso. E in questa categoria ricadono la biologia, l’economia, la demografia, la dinamica dei gas, e sicuramente tutte le discipline mediche.
Quindi la medicina come disciplina ha principi corretti, ma poi applicarli all’uomo è molto difficile. Ed è a questo che dovrebbero servire i medici.
A quanto pare ce ne sono di due categorie: quelli che davvero hanno capito l’essenza del loro mestiere e con intuito ed esperienza riescono ad ottenere risultati ottimi su singoli casi clinici; e poi i caporali, quelli che io chiamo gli impiegati della medicina, che hanno studiato bene la lezione e la eseguono in maniera pedissequa e indiscriminata, senza porsi dubbi, senza passione, senza studio del singolo caso, stando solo attenti ad applicare con cura il protocollo per evitare problemi. I medici in cui mi sono imbattuto finora appartengono tutti al secondo gruppo.
Ad esempio il mio dentista. Quattro giorni fa mi ha devitalizzato un molare. Dopo l’interventino, fatto in verità a regola d'arte, con strumenti asettici, spruzzi continui di disinfettante, aghi monouso, e con tutte le cure del caso, bello bello mi prescrive una megacura a base di antibiotici e antinfiammatori, che sarebbe stata sufficiente per una ferita da Kalashnikov nella giungla vietnamita. Così se ci si gonfia siamo già coperti, mi dice. A parte che si gonfia a me e sarei io eventualmente ad essere coperto, e il plurale empatico/paternalistico te lo puoi ficcare in cantina.
E poi che significa? Che vuoi stare al sicuro? Come a dire, tu rimpinzati di farmaci come un cavallo, così domani non mi disturbi all’ora di cena dicendo che hai bua al dentino. E’ un po’ come se il funzionario di banca con il quale ho stipulato un mutuo mi dicesse: ok, cominciamo a versare gli interessi di mora, così se fra qualche mese sarà in ritardo con il pagamento, siamo già coperti. Il funzionario non lo fa. Sta a vedere che le banche sono più oneste dei dentisti.
Il concetto è: prima mi si gonfia il dente, poi prendo gli antibiotici; prima ho un ritardo nei pagamenti, poi verso gli interessi di mora. Vogliamo capovogere il processo logico solo per far cenare tranquillo il dentista? Pensateci, la prossima volta che vi prescrivono la profilassi antimalarica per andare in vacanza a Malaga.

PS: non ho preso nulla. Il dente sta benone e il dentista ha cenato in pace. Doppio risultato con il minimo sforzo, solo buon senso.

domenica 9 gennaio 2011

Espertoni

La suddivisione dei compiti nel corso della storia dell'uomo ha arrecato innegabili vantaggi: mi riferisco soprattutto alla possibilità per una piccola minoranza di avere parecchio tempo libero a disposizione senza l'obbligo da mane a sera di procurarsi con il sudore della fronte cibo, protezione e sesso. Far parte di questo esiguo gruppetto è stato ed è tuttora sicuramente piacevole: contadini, soldati e bottane che pensano a te e finalmente hai tutto il tempo che ti occorre per dedicarti alla speculazione, alle domande sulle ragioni delle cose, ai primi passi del pensiero astratto. Grosso passo avanti per la mente.
Purtroppo accanto a questi innegabili vantaggi l'estrema specializzazione negli ultimi secoli ha portato anche a quella che ritengo una rovina per l'uomo, a un deciso passo indietro per la mente: la comparsa dell'autorità in materia, dell'esperto di settore, dello specialista.
Un buon settanta per cento dei cosiddetti esperti non serve a molto di più che a soddisfare il nostro bisogno di fare affidamento su un'autorità qualsivoglia. E l'espertone prolifera lucrando alle nostre spalle.
Se solo uno cercasse di capire un po' meglio il proprio problema prima di affidarlo allo specialista di turno riuscirebbe nella maggior parte dei casi a risolverlo senza alcun aiuto.
Basta un semplice mal di gola per andare da un medico che dovrebbe capirne più di te del tuo corpo quando sarebbe sufficiente, soprattutto con gli strumenti di informazione oggi disponibili, cercare di interpretare i sintomi o aspettare qualche giorno per una guarigione naturale.
Basta una spia che si accende sul cruscotto dell'auto per correre dal meccanico, quando basterebbe una veloce lettura del manuale di manutenzione per risolvere il problema.
Per non parlare di quelli che pretendono di essere gli esperti dell'anima e della mente, ai quali affidiamo tutto ciò che riteniamo più importante in questa vita senza alcun problema.
Che poi questi maghi della specializzazione, questi "so tutto riguardo a poco e poco riguardo al resto", se visti da vicino nella maggior parte dei casi si rivelano semplici omini della porta accanto in tutto quello che non riguarda da vicino la propria professione.
Ci sono manager che hanno un intuito formibabile per tutto ciò che è legato al loro campo, sono dei gestori nati, sembra non gli sfugga niente del mondo che circonda il loro ufficio ma poi appena fuori dal proprio regno non sanno distinguere una cassata da una pastiera, un barolo da un vermentino, un van gogh da un picasso, un dromedario da un cammello.
Ci sono medici rinomati e rispettati dalle cui labbra pendono le sorti di decine di sventurati ma che in privato si rivelano essere semplici impiegati della medicina, che non fanno altro che applicare vecchie procedure più o meno a casaccio, sperando vada tutto bene e soprattutto che nessuno rompa i coglioni di domenica.
Non mi fiderei mai di una persona del genere. Meglio fare da solo.
Ma il popolo continua ad averne estremo bisogno, toglile il luminare e la casalinga è perduta, se incontra un cuoco di professione è persino disposta a dire che l'amatriciana che fino ad ora era stata l'orgoglio del condominio è in fin dei conti una schifezza, ma come ha fatto a non accorgersene sino ad ora e a rifilarla a figli e marito ignari.
Ma ora basta. Ribelliamoci agli specialisti, ai laureati in metodologia e funzionamento del cacciavite a croce, alle autorità del particolare, riprendiamoci la nostra mediocrità omogeneamente spalmata su più o meno tutto lo scibile e facciamone la nostra bandiera. Forse correremo qualche rischio in più ma sicuramente prenderemo le dicisioni che ci riguardano con più consapevolezza.

venerdì 28 maggio 2010

Luigino, non sudare!

C'è gente che crede basti prendere un po' di freddo alle spalle per buscarsi una bronchite.
Altri pensano che se cammini scalzo a bordo piscina ti verranno le verruche e che se fai il bagno dopo aver mangiato muori (non ho ancora capito come, i fondamentalisti dicono soffocati dal proprio vomito...).
Ma perchè continuiamo ad avere così fiducia nella tradizione e nel sentito dire quando basterebbe provare le cose prima di crederci?
La prova è il fondamento della scienza, dovrebbe essere accettata da tutti come il metodo principe per decidere se una cosa è vera o falsa, e invece la maggior parte delle persone continua a valutare le proprie decisioni e convinzioni con schemi, tradizioni, certezze, modi di dire e fare che nulla hanno a che vedere con la verità e non sono altro che leggende metropolitane, usi e costumi.
La prossima volta, prima di dire (e di pensare) qualcosa pensateci bene: sono sicuro di quello che dico (o penso) o è la solita cazzata? l'ho provato sulla mia pelle? davvero qualcuno che conosco direttamente si è sentito male per aver fatto il bagno prima che fossero passate due ore dall'ultimo pasto? davvero dopo l'ultima volta che ho avvertito un po' di freddo poi mi sono ammalato?
E' un ottimo modo per crescere.