martedì 13 luglio 2010

Dilemma #4 - "Play and Run" o "Plain Run"

Ore 23.00 di un lunedì qualunque. Franco entra in un bar di Via degli Etruschi e trova Gianni solo al bancone che chiacchiera con il barista.

Franco: Gianni! Non pensavo di trovarti qua. Anzi, non pensavo nemmeno esistesse questo posto.
Gianni: Oh, Franco. A dire il vero nemmeno io. Stavo andando a dormire ma ho sentito uno strano impulso, una spinta che mi ha costretto a rimettermi le scarpe ed uscire di casa. Come se una voce, anzi un gruppo di voci reclamassero la mia presenza qui. Se non fossi certo che è impossibile direi che i miei fans mi hanno reclamato a grande richiesta.
F: E' successa la stessa cosa a me. Non so a chi possa interessare ma è come se qualcuno ci rivolesse insieme. Il problema è che non so perchè... di che stavi parlando prima che entrassi?
G: Mah, del più e del meno. Il barista mi diceva che è un appassionato di calcetto, il giovedì sera si incontra con gli amici per la solita partitina.
F: Anch'io adoro fare sport, calcio e tennis soprattutto, ma da giovane giocavo anche a basket. Lo sport è insostituibile, ti tiene in forma e la parte competitiva è sempre stimolante.
G: Certo. Mi hai parlato però di sport in cui la componente ludica è predominante (guarda caso c'è sempre una palla di mezzo)...
F: E per forza! Già lo sport è fatica, se non ci metti il gioco che senso ha? Io per esempio non concepisco quelli che corrono giusto per correre, o che fanno vasche su vasche in piscina così, senza uno scopo. Lo sport è gioco, confronto con gli altri, anche competizione, critica al compagno di squadra, sfottò all'avversario, e poi spogliatoio con annesse battutacce pesanti su squadre di serie A e su attricette di serie B.
G: Non so, questa cosa dello sport indissolubilmente legato al gioco e al casino, allo spirito di squadra e al cameratismo non mi ha mai convinto del tutto. E' vero che alcuni aspetti della disciplina sportiva vengono esaltati dal gruppo, come la lealtà verso il compagno, il rispetto delle regole, il controllo dell'aggressività, il servizio alla squadra. Ma lo sport è anche altro. Io ad esempio adoro correre la mattina presto, soprattutto nei freddi mesi invernali. Scendere in strada quando è ancora buio pesto, e le uniche anime per strada sono i gattari e un muratore dell'est che aspetta il primo autobus ha un fascino del tutto particolare. Man mano che ti riscaldi cominci a sentire il battito del tuo cuore che aumenta il ritmo, e senti che quell'accelerare è completamente in armonia con tutto il resto del corpo, con l'affaticamento dei muscoli, con il ritmo del respiro, con lo svuotarsi della mente. Percepisci che in quel momento correre è proprio quello che devi fare, il tuo presente irrinunciabile, e sei completamente immerso in questo, senza distrazioni, senza rimpianti o rimorsi, solo pura corsa... queste sensazioni fanno parte dello sport, e non riesci a sentirle in mezzo agli incitamenti dei compagni, alla concentrazione sulle regole del gioco o sul risultato della partita.
F: Ammazza che rottura di palle, non riuscirei a resistere nemmeno cinque minuti... eppoi completamente solo... no, non fa per me
G: Mah, dovresti provare, magari ti accorgi che non riesci più a farne a meno...

 

domenica 4 luglio 2010

La Signora Auditel

Ieri sera cercavo tra i miei appunti di viaggio del '98 le coordinate per raggiungere un posto che volevo consigliare ad Emanuele e Giulia, attualmente in viaggio di nozze negli States (l'ho trovato, Utah, statale 89 South verso l'Arizona, poco dopo il Paria River c'è una strada sterrata sulla sinistra che in 5 miglia porta al Paria Movie Set, tipico villaggio stile Western dove hanno girato parecchi film negli anni sessanta, superconsigliato arrivarci al tramonto. I miei apputi di viaggio del '98 erano molto dettagliati).
Sfogliando quel vecchio taccuino ad un tratto ho incrociato una riga scritta di traverso, diceva "Perchè la famiglia auditel decide cosa devo vedere?". Mi è subito balzata davanti agli occhi una scena, probabilmente la stessa a cui pensavo dodici anni fa mentre scrivevo quella frase: una donnetta sulla cinquantina con un abito dozzinale a fiori in un caldo Sabato pomeriggio di Luglio che accende distrattamente la TV mentre altrettanto distrattamente gira una minestra sul fuoco. Il programma che ha scelto le fa compagnia mentre ciabatta per casa, ogni tanto si ferma a guardare se l'attricetta di turno ha la cellulite o se il belloccio che l'accompagna è quello dell'ultima edizione del GF. Parrebbe che una scena così non debba avere nulla a che vedere con la mia vita, la signora non la conosco neppure e io quel Sabato sono al mare con la famiglia. E invece guarda caso la signora pochi anni prima è stata selezionata insieme ad altre 5.162 famiglie che, in cambio di un frullatore o di un fornetto elettrico da pochi euro all'anno, accettano di farsi montare sul televisore un apparecchietto "rivela canale". E' una delle famiglie Auditel. Se lei vede un programma, la pseudo-statistica sulla quale si basa il meccanismo decide che 300.000 italiani guardano lo stesso programma. E, di conseguenza, un gesto svogliato della signora decide i costi pubblicitari, i compensi dei conduttori, i palinsesti, persino l'esistenza dei programmi.
Cosa si può immaginare di meno democratico e giusto? Stiamo parlando della televisione, il più potente mezzo di diffusione culturale degli ultimi sessanta anni, la scatola magica che rende famoso un cazzone qualsiasi e dopo poco lo riduce al nulla, il salotto pubblico dove si diffondono notizie scelte con cura e si decidono le sorti politiche del paese. Non è roba da nulla. E tutto è deciso dalla signora con il vestito a fiori, lei mi rappresenta. Vado a vomitare.