La teoria della RR ha introdotto, tra l'altro, il concetto di spaziotempo: l'universo avrebbe una struttura quadridimensionale, con tre dimensioni spaziali e una temporale. Si stabilisce un'equivalenza tra spazio e tempo a livello fondamentale (ognuna delle quattro dimensioni è una coordinata spaziotemporale di un evento), con alcune conseguenze dirette che paiono a prima vista quantomeno strambe.
Tutti prima o poi si imbattono in una qualche versione del paradosso dei gemelli: presi due gemelli, quello che viaggia nello spazio per lungo tempo a velocità sufficientemente elevate, al suo ritorno si ritroverebbe molto più giovane dell'altro, rimasto ad attenderlo sulla Terra; il tempo per il viaggiatore spaziale scorrerebbe quindi in maniera rallentata rispetto agli standard terrestri.
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Piuttosto bizzarro, non trovate? |
Proviamo a capirci qualcosa, e diamo qualche dato su quelli che riteniamo i nostri mirabolanti viaggi spaziali: ad oggi la più lunga distanza che un uomo abbia mai coperto credo sia il viaggio verso la Luna. Circa 384.400 Km, se ci ostiniamo ad utilizzare questa unità di misura così strettamente legata al nostro limitato punto di vista terrestre. Se preferissimo invece un'unità di misura più "assoluta", indipendente dal sistema di riferimento utilizzato, le cose cambierebbero. In fisica si utilizza in questi casi una costante che fa al caso nostro: la velocità della luce nel vuoto, pari a circa 300.000 Km/sec. La distanza della Luna, misurata in questi termini, diventa di appena 1,3 secondi luce. Capirete, con tutta la nostra tecnologia (la Ferrari, il Concorde, il Freccia Rossa, lo Shuttle) al massimo siamo riusciti a portare in giro esseri umani per distanze nell'ordine del secondo luce.
Passiamo ai nostri viaggi temporali: Sergei Krikalev è l'uomo che attualmente detiene il record di permanenza in orbita, con oltre 800 giorni. E' stato calcolato (anche dal sottoscritto, vedi successiva nota 3) che, cumulando le distanze percorse nelle sue missioni a velocità orbitali (la stazione spaziale sulla quale ha trascorso il suo tempo sfreccia a circa 7,7 Km al secondo, oppure 27.500 Km all'ora se preferite lo standard automobilistico), e considerata la storia dei gemelli e la teoria einsteiniana, abbia viaggiato nel futuro per circa 0,02 secondi totali (3).
Ricapitolando: 1,3 secondi del primo esempio e 0,02 secondi del secondo esempio. Si tratta di numeri del tutto comparabili, non trovate? Nemmeno due ordini di grandezza di differenza. Viaggiamo già attraverso il tempo in maniera più o meno coerente con quanto facciamo attraverso lo spazio. Il problema è che viaggiamo troppo poco attraverso lo spazio. Tutto qua.
La coerenza delle distanze nello spaziotempo diventa, se considerata da questa angolazione, una mera questione di unità di misura: basta adottare quella giusta, una unità assoluta, standardizzabile in maniera indipendente dalla nostra dimensione umana, che tutto diventa più coerente, più misurabile, e anche lo spaziotempo ai miei occhi sembra più comprensibile.
Sicuramente sto semplificando, forse mi sfugge qualcosa, ma questo livello di complessità è il massimo che un pennuto come il sottoscritto possa permettersi.
Note
(1) Le virgolette sono d'obbligo: non si tratta di veri e propri paradossi ma di esempi teorici con conseguenze lontane dal senso comune anche se del tutto coerenti con la teoria.
(2) Non si senta offeso nessun fisico relativistico che per malaugurato caso si imbattesse in queste umili pagine.
(3) (aggiunta in un momento successivo alla prima pubblicazione del post.) Su richiesta di un solerte lettore ho approfondito la questione del calcolo dello spostamento nel tempo di un sistema “viaggiante” (nel nostro esempio, l’astronauta) rispetto a un altro “fermo “ di riferimento (un uomo sulla Terra). Con mia meraviglia ho scoperto che il calcolo è piuttosto semplice, a conferma dell’estrema eleganza della teoria. Quindi è con grande piacere che vi propongo la RICETTA PER CALCOLARE QUANTO SI VIAGGIA NEL TEMPO: si prende il tempo trascorso sul sistema viaggiante e lo si divide per la radice quadrata di uno meno il rapporto tra la velocità del sistema viaggiante al quadrato diviso la velocità della luce al quadrato. Quello che ottenete è il tempo trascorso per il sistema “fermo”. A questo punto sottraete il tempo del sistema viaggiante e il gioco è fatto. Ho fatto la prova con l’esempio dell’astronauta e dei 0,02 secondi, mi torna alla perfezione. Ho pure urlato Eureka, spero mia moglie non abbia sentito.