"Allora noi usciamo, andiamo a vedere un film muto, girato completamente in bianco e nero, epperdipiù francese". Mentre dalla soglia di casa dicevo queste parole a mia suocera, convocata in funzione di babysitter per la libera uscita mensile del sottoscritto con consorte, già sentivo dentro di me una sorta di angoscia premonitrice, un pentimento ante facto. Un modo un po' strambo per passare una serata libera, così rara e preziosa al giorno d'oggi, pensavo. Una volta si andava a ballare il pogo o perlomeno a ubriacarsi fino a vomitare le budella...
Arrivato in sala mi sono accorto che non c'era più modo di sfuggire al destino, mi trovavo davvero di fronte a un film francese. In bianco e nero. Ma soprattutto era davvero muto. Cioè, non so se sono stato sufficientemente chiaro, in questo film (a proposito, si tratta di The Artist, regia di Michel Hazanavicius) gli attori non dicono una parola, e le poche frasi ritenute degne di essere comunicate al pubblico sono didascalizzate con scritta bianca su sfondo nero, come su una lavagna, con la tipica cornicetta ornamentale un po' liberty (vedi foto con effetto speciale di colpo di pistola). E io avrei dovuto resistere un'ora e quaranta in quelle condizioni?
Poi, all'improvviso, succede che ti immergi. Vieni coinvolto dalla storia e dalle immagini, e si compie la magia del cinema. Dopo soli due minuti impari a fare completamente a meno di ciò che ritenevi imprescindibile: i colori, ovvio, ma anche e sopratutto le parole. E ti accorgi che di colori, parole, effetti sonori e musiche ricercate si può benissimo fare a meno se c'è tutto il resto e se questo resto è superlativo: scenografia, fotografia, musiche al pianoforte, bella storia, personaggi ben costruiti, e vivaddio attori da sballo. Capisci una volta per tutte che per fare l'attore servono quelle cose che hanno quelli di The Artist: espressioni infinite: smorfie, ammiccamenti, gesti con labbra, mani, corpo, sopracciglia, di nuovo labbra, zigomi che si distendono, angoli della bocca che prendono mille direzioni, nasi arricciati, innumerevoli possibilità di comunicazione a disposizione, se hai questo che te ne fai delle parole? Jean Dujardin è super, Bérénice Bejo è meravigliosa.
A proposito, è un film muto che parla del cinema muto, un metafilmuto direi, e tratta di come alcuni attori degli anni '20 reagiscono all'avvento del sonoro. Questa autorefenzialità viene sfruttata bene in alcune scene, ad esempio quando il protagonista George Valentin comincia a realizzare che il mondo è davvero fatto anche di rumori e di parole e che il sonoro non avrebbe fatto altro che avvicinare la settima arte alla realtà. Ed è lì che comincia anche lui a sentire rumori, e risate, e fruscii, ma seguita a non poter (voler?) parlare.
E allora viva il metafilmuto, poche chiacchiere e tanto resto.
...e oggi ha beccato qualcosa come 10 nomination all'oscar. Vedi come sei mainstream.
RispondiEliminae ora che fa, mi dà del tu?
RispondiEliminaNo, mi scusi, sonomstato frainteso, intemdevo dire che 10 nomination all'oscar equivalgono a 6 mainstream (un premio che ho inventato adesso ma che non è detto che solo per questo non debba esistere)
Eliminasarà pure mainstream ma è proprio bello!
RispondiEliminaa me, come tutte le opere d'arte (e questa lo è), ha fatto uscire pure un pò di rabbia per la capacità degli artisti di avere idee originali per toccare i sentimenti più profondi.
Un mediocre rosicone
e.
Ok. E' ufficiale. Voi siete molto piu sensibili di me. Io mi sono fermato al fatto che e' assolutamente un modo quantomeno strambo di trascorrere una serata libera... Per non dire altro. Invece vedi quanto siete profondi.. E io che pensavo che se lo spread non fosse sceso nonn ci sarebbe stato un futuro per tutti noi e per i nostri mutui.... S'
RispondiEliminaD'accordo, hai vinto, la tua recensione è molto più seria della mia.
RispondiEliminaQuello che penso davvero del film è che è molto curato, le interpretazioni sono sublimi, le musiche ottime, le soluzioni comiche originali e divertenti, seppur a volte ripetitive (la scena del gatto, che comunque funziona sempre).
Ciò che volevo comunicare con quello che ho scritto è che forse mi irritano più le persone che mostrano di apprezzarlo per una generale avversione ai blockbuster più che per la reale qualità del film. Insomma, secondo me c'è stato qualcuno che, come me, l'ha trovato pesante da seguire in alcuni punti ma non l'ha ammesso. :)
Ma no, non ho vinto, per il semplice fatto che una competizione è tale quando tutti sanno di parteciparvi, e sono sicuro che nè tu nè io avevamo queste intenzioni. Inoltre, da vecchio lettore del tuo blog, so benissimo che lo stesso è pervaso dalla forza provocatrice della dissacrazione, ed è proprio per quello che lo apprezzo (ricordo il post sul disegno di Paperino, un vero spasso).
RispondiEliminaPer quanto riguarda il film, pur non ricordando così su due piedi la scena del gatto (ho provato anche a chiedere a mia moglie che di solito ricorda tutto), ne ho apprezzato più che la trama e la storia in se stesse, la maniera e gli strumenti con cui il tutto è stato reso, e anche il coraggio di una produzione senz'altro originale. Sono questi più che altro gli elementi che ricorderò.