domenica 29 maggio 2011

La congettura di Pdb: il metodo sperimentale alla prova

Dicesi congettura un'affermazione o un giudizio fondato sull'intuito, ritenuto probabilmente vero ma non dimostrato, perlomeno non ancora.
Il concetto è tipico della matematica, campo in cui la dimostrazione definitiva di un teorema deve essere inconfutabile e in caso di ipotesi plausibili ma non dimostrate si parla appunto di congettura. Ad esempio è famosa quella di Goldbach, che afferma che ogni numero pari maggiore di due può essere scomposto nella somma di due numeri primi. È stata verificata empiricamente per parecchie migliaia di numeri, è accettata da quasi tutti i matematici ma non è stata dimostrata in maniera inequivocabile.
Voglio invece presentarvi ora il primo tentativo di applicare il concetto di congettura alla biologia. La congettura di Pdb non è ancora molto conosciuta, non la troverete su wikipedia, almeno non sino ad oggi, a dire il vero credo che con questo nome la conosciamo solo in due, io e Pdb, appunto. Poco male, l'importanza di un concetto scientifico non è direttamente proporzionale alla sua fama e all'inizio anche la teoria dell'evoluzione e la relatività generale erano conosciute solo dai loro ideatori e dai pochi che avevano avuto la fortuna di ascoltarle di prima mano.

Ok, passiamo al nocciolo del post.
Considerato che una pianta per la sua crescita si alimenta di acqua e dei sali minerali e composti organici contenuti nella terra nella quale affonda le proprie radici (per semplificare possiamo dire che si alimenta proprio di acqua e terra) e considerato che le piante crescono, e alcune anche parecchio, ergo la terra attorno alle radici dovrebbe diminuire progressivamente lasciando attorno ad esse un vuoto, una voragine, una caverna, radici scoperte, insomma. Certo, il vuoto sarebbe riempito dalla terra che con il semplice ausilio della gravità sostituirebbe la precedente, ma questo meccanismo a lungo termine finirebbe comunque per lasciare un vero avvallamento nei pressi della pianta, proporzionale alla sua crescita in altezza e larghezza. Nel caso di un albero dal tronco possente l'effetto dovrebbe essere molto evidente, e ci si aspetterebbe un vero e proprio cratere proprio dove il tronco si unisce al suolo. La congettura di Pdb si può quindi esprimere così: data una pianta in crescita, il vuoto che si formerà attorno alle sue radici sarà proporzionale alla sua massa.
Il concetto è convincente ma non evidente: se la sostanza che forma il tronco, i rami, le foglie e tutta quella materia vegetale viene dalla terra, come mai questo vuoto congetturato non c'è?  Bisogna innanzitutto scoraggiare l'ipotesi che potrebbe essere venuta in mente a qualche lettore che, a digiuno degli elementi fondamentali della chimica, si incaponirebbe a sostenere che la pianta si nutre di sola acqua (in verità anche io all'inizio ero stato attratto da questa facile spiegazione...): la solita wikipedia, fonte di sapere di ogni webnauta che si rispetti, sostiene che il legno è fatto di cellulosa e lignina, un polisaccarde e un polimero organico entrambi a base di carbonio, quindi non derivabili direttamente dall'ossigeno e dall'idrogeno dell'acqua, ma dalla terra. Anzi la terra credo sia proprio fatta di residui di vegetali morti nel corso delle varie ere geologiche, mista a frammenti di sassolini e altri residui organici. Solo che andando a passeggio in un querceto non mi pare che ci si imbatta in questi fossi profondi alla base degli alberi, quindi se è valida la premessa ci deve essere qualcosa che impedisce al fosso di crearsi.
L'ipotesi principale, ovviamente da verificare, è che il vento, i fenomeni erosivi e gli altri lenti movimenti geologici fanno sì che queste depressioni, appena createsi, si livellino. Per verificare la congettura non ci si può affidare all'osservazione dello stato naturale, in quanto sono troppe le variabili che concorrono all'esito. Qui serve un modello ed un approccio sperimentale.
Il metodo sperimentale, dopo la formulazione di ipotesi per spiegare il fenomeno, appronta dei test sulla base di modelli esemplificativi della realtà, esemplificativi nel senso che non possiedono le mille complessitá e variabili dell'ambiente naturale, o perlomeno ne escludono parecchie. Si spera che in quest'esclusione non siano scartate proprio le cause sulle quali stiamo indagando. Un buon modello di un albero che cresce in ambiente naturale potrebbe essere una pianta invasata. Qualche mese fa mi ero ripromesso di fare esperimenti su una pianta sul mio terrazzino per misurare con accuratezza se la terra sarebbe diminuita con la crescita del vegetale indipendentemente da cause esogene, che so, acquazzoni, vento forte, uccelli che scavano. Poi ho pensato 'sti cazzi e ho abbandonato il proposito per un bel po', con buona pace della congettura e del suo ideatore.
Poi un bel giorno, come un fulmine a ciel sereno, ecco davanti a me l'evidenza chiarificatrice, il lampo di genio dello sperimentatore, l'illuminazione risolutrice del verificatore, l'esperimento già pronto bell'e fatto: sabato scorso, intento ad impegnare in maniera costruttiva un pomeriggio casalingo, mi sono trovato senza nemmeno rendermi conto a... rimettere terra nei vasi! Proprio così, e si trattava di vasi ben protetti da vento, acqua, uccelli ed eventi esterni qualsivoglia. Ho dovuto fare un vero e proprio rabbocco di terra, perchè quella originale sembrava svotata, divorata dalla pianta e, ancor più mirabile a dirsi, la poca terra rimasta ad una leggera pressione delle dita sprofondava subito denunciando ampie aree vuote sottostanti... proprio come previsto dall'ipotesi.
La congettura di Pdb da sabato scorso per me è dimostrata.
Nel puro spirito scientifico si accettano ovviamente ipotesi alternative, ma solo se accompagnate da validi esperimenti a supporto.

2 commenti:

  1. Anonimo9/11/11

    Commenti:
    #1 29 Maggio 2011 - 19:01

    Sono onorato. Pdb
    utente anonimo
    #2 30 Maggio 2011 - 09:39

    ragazzi, se andate avanti così, tra un pò mi aspetto che scopriate anche il mistero dell'acqua calda!!

    e.

    p.s. ci sono anche le piante acquatiche
    p.p.s. al negozio di pesci vendono dei piccoli ecosistemi chiusi: delle sfere di vetro chiuse con dentro acqua, delle piantine e dei piccoli animaletti simili a gamberetti. Il sistema ha bisogno solo di luce solare e va avanti da solo..... Sai quante congetture ci puoi far su?
    utente anonimo
    #3 30 Maggio 2011 - 10:46

    ahhahhahhahhhh! vero! mi avanza una scatola dei Triops dei bambini.
    Ve la passo?....nei sonnacchiosi pomeriggi estivi, lì nei salottini di "Anni Verdi"......

    rigorosamenterosso
    #4 30 Maggio 2011 - 11:04

    Pdb, qui si prendono gioco della tua congettura e del mio esperimento, ma soprattutto della tua congettura. Dovresti intervenire in modo fermo e perentorio in difesa del rigore della scienza minacciata dal qualunquismo di alcuni lettori.
    Mi affido a te e confido nel tatto che sempre ti contraddistingue.
    aaqui
    #5 30 Maggio 2011 - 23:24

    È vero Tacchino, il livello dei tuoi lettori è piuttosto basso; non colgono la meraviglia del guizzo intuitivo e l'abnegazione dello sforzo teso alla sperimentazione. Del resto son persone che non vedono più in là del proprio naso (un occhio può averne uno?) e vivono beatamente, da nani, sulle spalle dei giganti. Comunque 1) le piante acquatiche affondano le loro radici da qualche parte; 2) i sistemi chiusi in biglie di vetro saranno pure autosufficienti, ma per quanto tempo? 3) i triops? E che cazzo sono i triops? Ma con che cosa giocano le giovani cornee? State attenti che gli oggetti piccoli possono andare negli occhi! Pdb
    utente anonimo
    #6 31 Maggio 2011 - 10:00

    Per rispondere a PdB: non tutte le piante acquatiche affondano le radici da qualche parte, ma moltissime hanno radici fluttuanti che assorbono i nutrienti direttamente dall'acqua. Potrei elencarne qualcuna, ma, se ne avete voglia, potete agevolmente verificare. E lo dico con cognizione di causa, perchè mi è capitato di doverne usare qualcuna per lavoro (per es: bonifiche di specchi d'acqua inquinati da sostanze chimiche).
    Aggiungo che le alghe (tutte le alghe), pur se ancorate sul fondo del mare, non hanno radici che assorbono i nutrienti, ma questa funzione è assolta utilmente soltanto dalle foglie. Questa è proprio la differenza principale tra alghe e piante marine (tipo la Posidonia oceanica o la Cymodocea nodosa), in quanto queste ultime, al contrario delle prime, hanno radici che "funzionano" come le piante terrestri.
    Aghes

    utente anonimo
    #7 31 Maggio 2011 - 12:29

    Maestro! Maestro! PupùdiBruco ha rosicato e tira i cartoccetti! e poi dice le parolacce!!!! ( davvero che gente "poca" frequenta il suo blog sig. Tacchino...)
    rigorosamenterosso
    #8 31 Maggio 2011 - 15:15

    Ah vili! E chi è questo sig. Aghes? il Dànilo Mainardi della botanica? E se lo è che allora chiarisca: le piante acquatiche affondano o non affondano le radici da qualche parte? Perchè queste sono state citate, non le alghe o chissà quale strana sorta di pesce-uccello-mutante che il suddetto sig. utilizza per i suoi oscuri esperimenti di negromanzia. E se non affondano allora dove vanno a finire? non sia generico per cortesia, mi dica dove di preciso? e poi che significa "potrei elencarne... ma potete verificare"? anch'io potrei elencare diversi nomi di miei astrusi e lontani parenti, non necessariamente immaginari che potrebbero dimostrare che il sig. Aghes si sbaglia, avvalorando le mie ragioni, ma lascio a voi il privilegio di cercarli.
    E comunque, sig.ra Rigo, i triops, che sono? non mi tenga ancora in sospeso, che stanotte non ho chiuso occhio. (faccine varie).
    pdb
    utente anonimo

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  2. Anonimo9/11/11

    #9 31 Maggio 2011 - 16:32

    prova a cercare su un motore di ricerca "idrofite pleustofite".

    riporto integralmente la definizione trovata sul sito di un dipartimento dell'università di bologna:
    "Le pleustofite sono piante non ancorate al substrato, liberamente natanti, galleggianti alla superficie dell’acqua (come Lemna minor, Wolffia arrhiza, Azolla caroliniana o Hydrocharis morsus-ranae).
    Le pleustofite sono tipiche delle acque ferme o in quelle debolmente correnti. Queste piante se soggette al moto delle correnti e del vento vengono così ampiamente diffuse. In ogni caso esse traggono il loro nutrimento, tramite foglie e radici, direttamente dall'acqua."

    e quella trovata su vivaibambù, sito specializzato nella vendita di piante da zone umide:
    "Piante acquatiche galleggianti: questo gruppo comprende piante con foglie e fiori che emergono dalla superficie dell'acqua, ma con radici fluttuanti, che non si ancorano cioè sul fondo. Le piante galleggianti sottraggono all'acqua sali minerali ed elementi nutritivi (che stimolano la crescita di microscopiche alghe), contribuendo a mantenerla limpida e favorendo la costituzione di un ecosistema acquatico in equilibrio. Esistono diverse specie e forme di piante acquatiche galleggianti, alcune delle quali resistenti al freddo, altre tropicali e perciò coltivabili all'esterno solo in primavera-estate-autunno, e da ritirare prima delle gelate invernali. Sono facilmente coltivabili anche in piccole vasche o vasi con acqua completamente stagnante."

    aghes

    utente anonimo
    #10 31 Maggio 2011 - 18:03

    Pur apprezzando la passione che muove i vostri dotti commenti, non vorrei che questo blog diventasse un forum di giardinaggio acquatico.
    Piuttosto nessuno a fatto ipotesi alternative alla congettura di Pdb, vi lascio altre 48 ore altrimenti si da per dimostrata e passiamo alla prossima: se immagino una mucca viola, da nessuna parte nel mio cervello c'è una mucca viola (cfr. D. Dennett).
    aaqui
    Commenti:
    categoria:matematica, evoluzione, ipotesi e proposte

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