venerdì 6 maggio 2011

La crudeltà degli icneumonidi

Altra bestiolina simpatica: l'icneumonide. La storia comincia piuttosto male, in quanto parla di questo insettucolo dal nome difficile (è semplicemente un tipo di vespa che scava la sua tana nella terra) che deve la sua fama ad un costume alquanto splatter: paralizza col suo veleno una vittima (un bruco, di solito), la trasporta nella buca e depone le proprie uova all'interno delle sue carni. Il veleno é iniettato con particolare cura in ciascun ganglio del sistema nervoso centrale della vittima in modo da paralizzarla senza ucciderla. In questo modo le larve che nasceranno all'interno del bruco potranno cibarsi di carne fresca perchè ancora viva. Il bello è che il veleno, un po' come il curaro, agisce solo sulle capacitá motorie dell'insetto vittima, lasciandolo cosciente (per quanto si possa ammettere una coscienza negli insetti) mentre viene divorato dal proprio interno.
Dal punto di vista di un osservatore umano questa abitudine appare talmente crudele che Charles Darwin, di solito distaccato commentatore, ne rimane sconvolto. La sua fede, già fortemente minata dalle scoperte che aveva fatto sull'evoluzione della vita, vacilla ancora di più, anche se in pubblico continuerà a dirsi credente soprattutto per non dare dispiaceri alla devotissima moglie.
Fatto sta che la vespa che fa divorare ai figli un bruco vivo dal suo interno è un evento che non merita giudizi morali da parte nostra, e non perchè noi come specie facciamo ben di peggio, ma semplicemente perchè la categoria morale in questo caso non è applicabile: la natura non è crudele, è solo indifferente.
Come umani siamo abituati ad interpretare ogni manufatto come uno strumento per raggiungere un fine, e fin qui può anche andare, un orologio ha le lancette perchè devono indicare un'ora, il martello ha la testa pesante per picchiare forte sui chiodi. Ma abbiamo il vizio di estendere questo modo di vedere anche a cose che non rientrano nella categoria dei manufatti, ad esempio lo facciamo con le stelle e la loro interpretazione astrologica, oppure con i segni che crediamo di scorgere nei fondi di caffè, fino a chiederci perchè questo terremoto ha colpito proprio casa mia, perchè la malattia ha scelto me e non il mio vicino di casa. Abbiamo la tendenza a cercare motivazioni, scopi, finalità in tutto ciò che accade. Non riusciamo a non attribuire ad un evento naturale caratteristiche positive o negative.
Tornando agli icneumonidi, la domanda "perchè tutta questa crudeltà" con cui Darwin si era scontrato risulta, come lui del resto sapeva bene, semplicemente mal posta, priva di senso, è come se chiedessi "quanti chili pesa un inverno" o "di che colore è il mal di denti", è un genere di domanda che non si fa, che non ammette risposta.
La storia degli icneumonidi è cominciata male ma ha un lieto fine.
La morale è che non esiste crudeltà nella natura, è un concetto che abbiamo inventato noi esseri umani allo scopo di intepretarla, e in quanto tale appartiene totalmente ed esclusivamente a noi. In natura non c'è scopo, non c'è crudeltà nei mezzi per raggiungere un fine, le cose accadono e basta.
Parafrasando il grande Richard Dawkins, la natura non sa nulla e non si cura di nulla, la natura semplicemente è. E noi danziamo alla sua musica.
È questa la cosa difficile da comprendere, ma una volta rotto il diaframma che ci separa da questa consapevolezza tutto viene da sè, tutto è facile e naturale. Basta abituarcisi e smetterla di piangere.
Beh, forse non è proprio il lieto fine che vi aspettavate.

3 commenti:

  1. Anonimo10/11/11

    Commenti:
    #1 06 Maggio 2011 - 21:41

    Prima: "La morale ... appartiene totalmente ed esclusivamente a noi." E poi: " la natura non sa nulla e non si cura di nulla, la natura semplicemente è. E noi danziamo alla sua musica." A be' no sig. Tacchino, lei deve decidersi. O siamo o non siamo parte della natura. O decide di paragonarsi ad un icneumoide e vivere allora completamente preda delle sue pulsioni e dei suoi istinti, o sceglie di ispirarsi a Dio e vivere secondo una legge morale che, per chissà quale oscura ragione questo Dio ha ispirato solo dentro di lei, fregandosene degli icneumoidi e della triste sorte dei poveri bruchi. Oppure, togliendo di mezzo morale e religione che non sono roba da tacchini potremmo dire che è sempre il solito discorso tra riduzionisti e olisti: lei è la somma delle parti che la compongono o queste, una volta messe insieme hanno dato luogo a qualcosa di più? Scelga Tacchino, scelga. Pdb
    utente anonimo
    #2 06 Maggio 2011 - 22:33

    sarà per questo che il darwinismo fa tanto paura alle chiese?

    comunque a me le vespe stanno antipantiche, a prescindere.

    e.
    utente anonimo
    #3 07 Maggio 2011 - 06:44

    @pdb: la discussione sulla morale del genere umano l'avevamo già fatta, se lei non ricorda male, su http://aaqui.splinder.com/post/22812406#comment dove si parlava di regime alimentare vegetariano. Mi pare avessimo già discusso della necessità nell'essere umano di una serie di regole morali proprie della specie che prescindono dalla sua origine prettamente animale e trovano la loro origine non in un Dio che le ha infuse, quanto in uno schema memico che deriva direttamente dalle capacità di autocoscienza e di linguaggio del genere homo. Avevamo già raggiunto questa conclusione e semplicemente non mi pareva di doverci tornare sopra. Quindi l'apparente contraddizione tra le due frasi che lei ha così diligentemente riportato la risolve poi lei stesso: siamo parte della natura in quanto danziamo la sua musica fatta di geni, di accadimenti casuali, di assenza di scopo, ma ci siamo evoluti in creature memiche con le nostre aspettative, i nostri rimorsi e i nostri slanci di bontà. La frase che la morale appartiene a noi uomini ma che danziamo alla musica della natura non è affatto una contraddizione. Ma del resto questo lei lo sa benissimo.
    aaqui

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  2. Anonimo10/11/11

    #4 09 Maggio 2011 - 06:35

    Cazzate. Ci son comportamenti animali - escludendo, ovviamente, gli animali domestici - che non hanno un fine "naturale".
    La storia della crudeltà che appartiene unicamente agli umani non regge - ma non mi riferisco alla vespa.
    utente anonimo
    #5 09 Maggio 2011 - 11:27

    Spiegati meglio, caro anonimo, dammi almeno la possibilità di rendermi conto della cazzata che ho detto. E grazie per il gradevole interessamento.
    aaqui
    #6 10 Maggio 2011 - 15:28

    Curioso quanto afferma l'anonimo introdotto da "cazzate".
    Quali animali attuerebbero comportamenti che non hanno finalità naturali?
    A quanto mi consta gli animali sono gli esseri più "razionali" del pianeta.
    La loro vita si svolge sulla sopravvivenza e la perpetuazione della specie.Nulla di quanto fanno ha finalità diversa dal sopravvivere e dal continuare la specie.
    Perciò non si può parlare di crudeltà degli icneumonidi.E'soltanto istinto animale, è la scelta più utile, conveniente ed opportuna selezionata e fissata.
    Gli animali non dipingono, non suonano, non fanno l'amore solo per il piacere di farlo.
    Anche i comportamenti che ci appaiono più crudeli, più eccentrici o più sentimentali vanno visti nell'ottica di quanto sopra.
    Gli animali sono amorali e forse l'uomo dovrebbe un pochino ispirarvisi, piazzando un bell'alfa privativo davanti alla sua ipocrita morale, generalmente di stampo religioso.(PROVOCAZIONE)
    rigorosamenterosso
    #7 10 Maggio 2011 - 16:21

    Cara rigo, a parte l'ultimo capoverso (non completamente condivisibile ma comunque non enucleabile dal mio post) per il resto è esattamente ciò che volevo dire. Un saluto.
    aaqui

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  3. Anonimo1/8/16

    Scusate se mi aggiungo così tardi alla discussione... (E spero non sia troppo tardi, per chi ha scritto prima).

    Non è questione di 'morale', 'amorale' o 'immorale' (se non vogliamo incorrere nell'illecito di sradicare l'animalità dell'uomo come parte integrante della sua umanità).
    Sia nel caso dell'icneumonide che in quello umano si tratta soltanto di mera visione di cosa 'madre natura' ci offre come cibo e sin dall'imprinting iniziale ogni 'animale' impara a familiarizzare con il proprio cibo, vedendolo come la fonte della propria sopravvivenza.

    Così accade che l’icneumonide riconosce come cibo e addirittura come nursery il bruco…
    E così l'uomo alleva, per esempio, le mucche, per cavarne il latte, la carne per la tartare di scottona o per il 'T-bone' alla griglia, senza farsi scrupoli morali, a meno non gli si presenti, per esempio, l'opzione 'vegan' a confliggere con una particolare ma usuale 'ipocrisia' così necessaria per mantenerne aperti i canali di interscambio, anzi, gli equilibri, fra il suo essere 'animale' e il suo essere 'umano'. Ovviamente nel caso in cui l'opzione vegan divenga una discriminante poi tutta la cultura del cibo –e del diritto!- cambia (e in questo, l’uomo è profondamente diverso dai ‘semplici animali’, e perché essendo onnivoro, può –ma non è detto che lo faccia- scegliere, da adulto, di cambiare la sua dieta, e soprattutto perché può modificare la sua percezione, anche culturale, di ciò che è cibo). A meno che quell'ipocrisia di cui sopra si trasferisca altrove, accecandolo, per esempio come spesso accade fra i ‘black block’ del vegetarismo, nei confronti dei diritti dei suoi simili (inibendone l’umanissima sensibilità)… quando a essi egli scelga –come se fosse un aut aut- di preferire i diritti dei 'poveri animali' che nei confronti del cattivo e bieco essere umano che li maltratta fino a cibarsene conclude che essi hanno sempre la peggio e non sono mai tutelati, decidendo quindi, di farsene portavoce, nel rancore più nero per i suoi simili che arrivano a essere degni della sua… indifferenza...
    Con questo non mi si fraintenda, giacché non intendo dire che sia automatico che chi ha sensibilità per i diritti animali, non ne abbia per l’uomo e viceversa, ma stranamente, coinvolgendo il ‘fattore cibo’, pare che questo ‘fattore ipocrisia’ di cui sopra sia onnipresente fra le frange dei ‘vegan’ e dei ‘carnivori’ umani più estremiste, a ottundere completamente l’interesse per il diritto verso l’uomo o verso l’animale in una vera e propria guerra accecante d’odio).

    Dunque, ‘cibo’ è ciò che accomuna l’uomo all’animale, mentre sensibilità e cultura… sono le due qualità prettamente a carico della ‘scimmia più evoluta’ che possono fare la differenza, anche e specialmente in un momento delicato quanto l’attuale dove pare basti un nonnulla per farci guerre con QUALSIASI PRETESTO, per assicurare un roseo futuro a tutte le specie che (ancora) popolano questo pianeta… e al nostro pianeta stesso.
    Bonne chance.
    S.T.

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