Mia figlia V. ha sei anni e crede a Babbo Natale.
Fin qui nulla di strano, i bimbi credono a quello che i grandi raccontano loro, la capacità critica di analizzare i fatti senza lasciarsi influenzare dalla tradizione e dalle voci del popolo arriva solo dopo, se arriva. E poi credere a Babbo Natale è anche una buona spiegazione per alcuni fatti che non si riescono a spiegare altrimenti: chi porta tutti quei regali? Chi è quel signore grasso vestito di rosso che campeggia sui cartelloni pubblicitari? E, soprattutto, se ci credono tutti ci sarà un motivo, no? E quindi quella di Babbo Natale è una congettura accettata all’unanimità (perlomeno nel mondo dei bimbi).
La compagna di banco di mia figlia, E., qualche settimana fa ha cominciato a sollevare dei dubbi, ha individuato alcuni elementi che si scontrano con la congettura di Babbo Natale. Secondo lei è difficile portare in una sola notte regali a tutti i bimbi del mondo, i bimbi sono davvero tanti. E poi E. non si spiega come facciano le renne a volare, le ha viste allo zoo e le sono sembrate tutt’altro che leggére e sicuramente prive di ali. E. ha raccolto degli elementi che ritiene oggettivi e ha avanzato un’ipotesi alternativa a quella classica: lei crede che i regali vengano portati da zii, nonni e genitori, e che Babbo Natale (è dura da scrivere, ma riporto solo l’ipotesi di E.) non esista. E. ritiene che quest’ipotesi si adatti meglio ai fenomeni osservati, e renda superfluo ricorrere a sovvertimenti temporanei delle leggi di natura (estensione del tempo della notte di Natale e renne che volano). Se si postula la non esistenza di Babbo Natale, o perlomeno la sua estraneità alla consegna dei regali, tutto è più semplice. Non c’è nemmeno bisogno dell’efficiente quanto anacronistico servizio postale che permette la comunicazione dei desideri dei bimbi. Tutto fila liscio senza troppe complicazioni. Ad E. tutto questo sembrava lampante, almeno fino a ieri.
Ma purtroppo E. è rimasta sola. La congettura di Babbo Natale, sostenuta all’unanimità dal resto dei bimbi nonostante le ragionevoli obiezioni sollevate da E., è ancora il sistema di spiegazione della realtà universalmente accettato in classe. La piccola E. è stata all’inizio trattata con incredulità, poi è stata sbeffeggiata e infine anche isolata in qualche gioco. Ma E. è un animale sociale, e ne soffre.
Stamattina a colazione mia figlia V. mi ha detto che ora anche E. crede a Babbo Natale. Non è riuscita a rimanere sola per molto, vuole far parte del gruppo, vuole che gli altri la considerino una di loro.
A quelle condizioni forse avrei fatto lo stesso.
Fin qui nulla di strano, i bimbi credono a quello che i grandi raccontano loro, la capacità critica di analizzare i fatti senza lasciarsi influenzare dalla tradizione e dalle voci del popolo arriva solo dopo, se arriva. E poi credere a Babbo Natale è anche una buona spiegazione per alcuni fatti che non si riescono a spiegare altrimenti: chi porta tutti quei regali? Chi è quel signore grasso vestito di rosso che campeggia sui cartelloni pubblicitari? E, soprattutto, se ci credono tutti ci sarà un motivo, no? E quindi quella di Babbo Natale è una congettura accettata all’unanimità (perlomeno nel mondo dei bimbi).
La compagna di banco di mia figlia, E., qualche settimana fa ha cominciato a sollevare dei dubbi, ha individuato alcuni elementi che si scontrano con la congettura di Babbo Natale. Secondo lei è difficile portare in una sola notte regali a tutti i bimbi del mondo, i bimbi sono davvero tanti. E poi E. non si spiega come facciano le renne a volare, le ha viste allo zoo e le sono sembrate tutt’altro che leggére e sicuramente prive di ali. E. ha raccolto degli elementi che ritiene oggettivi e ha avanzato un’ipotesi alternativa a quella classica: lei crede che i regali vengano portati da zii, nonni e genitori, e che Babbo Natale (è dura da scrivere, ma riporto solo l’ipotesi di E.) non esista. E. ritiene che quest’ipotesi si adatti meglio ai fenomeni osservati, e renda superfluo ricorrere a sovvertimenti temporanei delle leggi di natura (estensione del tempo della notte di Natale e renne che volano). Se si postula la non esistenza di Babbo Natale, o perlomeno la sua estraneità alla consegna dei regali, tutto è più semplice. Non c’è nemmeno bisogno dell’efficiente quanto anacronistico servizio postale che permette la comunicazione dei desideri dei bimbi. Tutto fila liscio senza troppe complicazioni. Ad E. tutto questo sembrava lampante, almeno fino a ieri.
Ma purtroppo E. è rimasta sola. La congettura di Babbo Natale, sostenuta all’unanimità dal resto dei bimbi nonostante le ragionevoli obiezioni sollevate da E., è ancora il sistema di spiegazione della realtà universalmente accettato in classe. La piccola E. è stata all’inizio trattata con incredulità, poi è stata sbeffeggiata e infine anche isolata in qualche gioco. Ma E. è un animale sociale, e ne soffre.
Stamattina a colazione mia figlia V. mi ha detto che ora anche E. crede a Babbo Natale. Non è riuscita a rimanere sola per molto, vuole far parte del gruppo, vuole che gli altri la considerino una di loro.
A quelle condizioni forse avrei fatto lo stesso.
Grande post. Applausi.
RispondiEliminaLo Scorfano
io alla sua età presi a pugni un ragazzino che aveva osato sostenere la non esistenza di babbo natale. non so se avrei fatto lo stesso per la befana.
RispondiEliminae.
@LoScorfano: ti ringrazio, sono contento ti sia piaciuto.
RispondiEliminaL' "efficiente quanto anacronistico servizio postale" eh? Linkerò questo post a chi di dovere. Scherzi a parte Galileo aveva la Santa Inquisizione, la povera E. Rischia l'ostracismo dal mondo delle Winx. Ognuno porta la croce che i falegnami del suo tempo sanno costruire, e fa il dovuto calcolo costi-benefici. Pdb
RispondiEliminaIl riferimento a Galileo era così palese? Forse l'ultima frase doveva essere "a quelle condizioni anche Galileo avrebbe fatto lo stesso"...
RispondiEliminaPer chi è interessato, segnalo che alcuni commenti sono qui:
RispondiEliminahttp://sempreunpoadisagio.blogspot.com/2011/10/il-segnapagine-del-25x2011.html?showComment=1319618345638#c4020118398426122573
E personalmente non ci troverei nulla di triste, anzi sarei piuttosto orgoglioso se mia figlia si comportasse come la piccola E.: dimostrando prima una particolare acutezza nel notare le incongruenze nella Congettura di Babbo Natale e successivamente una spiccata intelligenza sociale nello scegliere di credere (o di far credere di credere) alla versione che la renderà più accettabile dal gruppo, e quindi, presumibilmente, più felice. Ora ditemi se questo non è il massimo dell'evoluzione: capacità di analisi e di pensiero fuori dagli schemi; intelligenza sociale; realizzazione della felicità personale non a scapito di quella degli altri. Tutto in una bambina di 6 anni. Pdb
RispondiEliminaMi scusi sig. Tacchino, ma il commento sopra a questo avrei dovuto postarlo nella discussione su sempreunpoadisagio. Mie particolarissime incapacità tecniche hanno ostacolato il raggiungimento del suddetto obbiettivo; sarebbe così gentile da fare in modo che giunga anche in quel luogo, ad alimentare il cruccio dell'accorata Laura? Grazie Pdb
RispondiEliminaNo, invece sono d'accordo con Laura, questo post - notevole sig.Tacchino- lascia un retrogusto d'amaro/amarissimo (autocitazione).
RispondiEliminaParliamo di una maschera sociale che la bambina è costretta ad indossare già a 6 anni per non essere estromessa. Ai limiti E. ha una marcia in più ed è già pronta a non bersi tutte le cazzate di mamma e papà ma si deve rimangiare il suo stesso sentire, i risultati del suo solitario riflettere sulla realtà e mettersi le famose fette di prosciutto sugli occhi. E' costretta ad abbassare la testa al diffuso - anche cieco - credere che c'è intorno a sè a scapito del suo pensare. Non credo davvero che a 6 anni una bambina abbia gli strumenti per scegliere consapevolmente di fingere di credere a ciò che credono gli altri bambini, e di scegliere l'abito sociale più desiderabile.
Per questo la sua abiura è tanto triste.
vabbè che potrei soprassedere, ma perchè "cruccio" e perchè "accorata"? dai su, non ce n'era bisogno. non era un cruccio nè ero accorata. mi piace riflettere, insieme. e in ogni caso concordo ovviamente con rigorosamente rosso. e poi, Pdb, scusa, ma quello che scrivi tu è appunto un'ipotesi, probabile, per carità, ma una costruzione tua, un dire appunto "pensa che bello se mia figlia facesse così, invece...". ma potrebbe essere un caso su un milione. insomma, certe dinamiche sono davvero pazzescamente dolorose. e succedono, tutti i giorni, al di là del figlio genio e cazzuto che tutti vorremmo avere. insomma, ha detto bene rigorosamente rosso, ed è inutile che mi ripeta.
RispondiEliminaLaura.
Laura, innanzitutto benvenuta. E benvenuta è anche la tua volontà di riflettere insieme, altrimenti 'sto blog non serve a nulla. Il sig. Pdb utilizza spesso termini che, benchè scelti con cura, strabordano volentieri nel cinico e nell'irriverente, basta guardare i suoi precedenti commenti (e ce ne è uno ad ogni post, tanto che qualcuno sostiene, a mio parere giustamente, che il blog è suo quanto mio) per rendersene conto. Con ciò non voglio assolutamente scusare lui, non ce ne sarebbe nemmeno il motivo, quanto avvertire te di dare alle sue parole il giusto peso. Ciò premesso mi pare che la questione sia stia risolvendo in una mera diatriba sessista: i maschi, più razionali e materiali, apprezzano il senso della realtá e del ragionamento che permette alla piccola protagonista prima di analizzare in maniera oggettiva la realtà, e poi di calcolare in maniera se vuoi un po' cinica la convenienza a far finta di niente; le rappresentanti del gentil sesso, più istintive e attente ai significati reconditi, non sopportano la resa di una personalità di fronte al compromesso della vita in società. È sicuramente una generalizzazione opinabile, ma in base al campione di commenti analizzato non mi pare faccia una grinza (a meno che dietro quell'occhione non si nasconda un agglomerato di cromosomi xy).
RispondiElimina@Mr Tacchino: ce l'ho fatta Tacchino, hai visto? Con l'abile trucco dell'inabilità tecnica abbiamo trascinato di qua un'altra donna (praticamente ghermita). @Mrs. Laura: non si offenda la prego, a volte è anche possibile che nella sostanza il sottoscritto scriva qualcosa di serio o addirittura di onesto o sentito, ma nella forma mai, la forma è sempre celia, fronzolo o sberleffo. Altrimenti si rimane nudi e si rischia di essere presi sul serio, di esser ritenuti responsabili di ciò che si dice. Pdb
RispondiEliminaVabbè, va...:)
RispondiEliminaIn ogni caso, sono d'accordo sul contenuto della generalizzazione, e mi sta bene che la mia opinione, che la mia tesi venga ricondotta al mio sesso; ti dico solo questo, stasera ho riletto il post, così, d'un fiato, e ho ripensato, addirittura con più lucidità, le cose che ho scritto (ripensato nel senso le ho pensate identiche, mi sono rivenuti gli stessi pensieri). ho trovato quel "mia figlia mi ha detto che ORA ANCHE" stilisticamente perfetto, ma ti dico che mi ha rievocato istantaneamente addirittura orwell e il suo 1984. mi ha ricordato il tono dell'ultimo capitolo (vado a memoria, potrei sbagliare), quando, dopo aver subito tutte quelle torture psicologiche e fisiche, quel tizio, in un'atmosfera che si è resa impersonale, grigia, dimessa, un po' come l'incipit dell'ultimo capitolo dei promessi sposi, sembra un tizio senza personalità, un tizio a cui hanno praticato la lobotomia. e sappiamo benissimo che non è così. insomma, che vi devo dire? a me ste cose danno i brividi, non danno un senso razionale e attivo di costi/benefici, danno anzi un senso di abiura vera e propria, come avete detto voi. e più lo leggo e più ci trovo quel senso. tutto qua. :) Laura.
Ho riletto anch'io il post con calma e ho provato lo stesso disagio di cui parla Laura. E' come se ci fosse una certa ineluttabilità, una necessarietà del "male" nel modo in cui l'argomento è trattato. Forse una certa divertita freddezza. Si, il taglio che il sig. Tacchino dà è quello dell'entomologo che studia freddamente la vita delle formiche. Sicuramente intenzionale, lui non esprime giudizi, non parteggia, non partecipa emotivamente, salvo suggerire nella chiosa che probabilmente avrebbe abiurato anche lui di fronte alla pressione della maggioranza.
RispondiEliminaComprendo i brividi di Laura.
Inoltre, ad una seconda lettura, vorrei dissentire con l'affermazione : "i bimbi credono a quello che i grandi raccontano loro ".
Non mi trova d'accordo. Credo che tolga molto ai bambini che sebbene a 6 anni non siano ancora in grado di concettualizzare e verbalizzare come gli adulti "razionali" hanno invece un ricchissimo mondo di immagini e affetti (molto più ricco ahimè di quello degli adulti), una sensibilità notevolissima e due antenne formidabili per annusare l'aria e capire da quale parte sia la verità. Se questo mondo non viene eccessivamente vessato ed ingannato, i bambini saranno in grado di essere adulti che pensano in modo originale e critico piuttosto che aderire facilmente all'idea dominante.
E' solo la mia opinione, ovvio.
Avrei anche da dire che questa visione evoluzionistica, meccanicistica, che mette sullo stesso piano piante, organismi monocellulari, animali ed esseri umani è a mio avviso molto opinabile, riduttiva ancorchè...violenta.
Perchè negatrice di una specie specifità degli esseri umani non ravvisabile in nessun altro essere vivente.
Saluti e baci.Tanti.
Signore carissime in quanto umane, e soprattutto in quanto donne, dovreste esservi accorte che l'uomo È un animale. E come tale ha sostanzialmente un obbiettivo: vivere il più a lungo possibile per trasmettere il suo patrimonio genetico. La sua specificità consiste solo nell'essere di una specie diversa dagli altri animali. Questa diversità, (niente di trascendentale, roba da niente) si concretizza in una certa capacità di astrazione - e in questo, va detto, non vi è nulla di qualitativamente migliore del saper volare come un piccione o emettere ultrasuoni come un pipistrello- astrazione che gli consente alcune generalizzazioni. Una di queste è sintetizzabile così: di cosa ho bisogno per raggiungere L'OBIETTIVO? Di parecchie cose. Ma anziché dovermi sforzare ogni volta di rimandare a mente l'elenco dei miei bisogni posso dire che se sono felice allora vuol dire che sono a posto, sto lavorando nella direzione giusta. Quindi maggiore è il numero dei giorni in cui su questa terra sono felice, più alta è la probabilità che io stia raggiungendo l'obiettivo. Tutto ciò per dire che prima la piccola E. impara, a modo suo, (a modo suo è importante) ad essere felice, meglio è per lei in quanto animale umano. E "animale umano" non vuol'essere un'offesa, è semplicemente tutto quanto si può dire di lei senza emettere giudizi di valore che sono per forza soggettivi. Scusate il pippone Pdb
RispondiEliminaIn quanto maschio, ma soprattutto in quanto animale consapevole, condivido quasi completamente quanto sopra, e non avrei saputo dirlo meglio. Aggiungo solo a parziale rettifica che la peculiarità principale dell'animale uomo è la capacità di autocoscienza, ossia la facoltà di vedere se stesso con la propria ragione, in una sorta di autorefenzialità illuminante. A mio parere questa capacità comprende quella di astrazione, rendendola possibile. Il resto è contorno.
RispondiElimina...e con questo ti sei giocato tanto Laura quanto Rigo (faccette). Pdb
RispondiEliminaieri volevo scrivere che di nuovo rigorosamenterosso aveva espresso perfettamente il laurapensiero; dopodichè leggo gli altri commenti. che vi devo dire?
RispondiEliminaiio sono d'accordo in generale con quello che dice pdb, ma che c'entra poi con la REALTA' di tutti i giorni? nel senso, se fosse come dici tu, ovvero se quello che dici tu fosse la cosa che anima la gente che coscientemente si muove e agisce per quello che dici tu, non esiterebbero gli psicologi, e non esisterebbero i trentenni/quarantenni che vanno lì a dire: sto male. perchè? boh, sento un vuoto dentro. e sto vuoto dentro? sa che c'è? soffro perchè millanta anni fa, alle elementari, riccardino del 3 banco mi diede uno schiaffone e non reagii. non so se mi spiego. voglio dire che è chiaro che ad un certo punto uno dica, basta, mi sono rotto, voglio vivere sereno felice forte sano avere gli amici giusti andare a lavoro farmi rispettare senza per questo essere connivente, e così via. ma è una roba che viene dopo processi lunghissimi lentissimi e dolorosissimi, in cui magari passi metà della tua vita a non capire cose che hai fatto/subito, e provi e ti provi in strategie esistenziali che possano funzionare. e cmq di solito ste cose iniziano ad andare per il verso giusto intorno ai 25, 30 anni.
io non credo affatto che E.abbia trovato il modo per essere felice, per, in soldoni, fare buon viso a cattivo gioco e bla bla. quella per me è una cavolo di abiura, non me smuovo. tutto il ragionamento di pdb secondo me non è "realistico", ovvero è un modello, è un ragionamento teorico sulla base di quello che è l'uomo secondo natura. ma esistono milioni e milioni di sovrastrutture, la nostra civiltà e la società sono a volte giochi al massacro, se uno è geniale ma debole non riesce ad affrancarsi da certe imposizioni, se uno vuole essere felice magari deve risolvere come dicevo prima chissà quanti problemi con la madre, con la zia, con la nonna. insomma, di nuovo, non sono d'accordo. e aggiungo che la ineluttabilità, o necessarietà del male, di rigorosamente rosso, era quella roba che io chiamavo "poitività", nel senso positivista, del tono di aaqui, come ha detto lei entomologo, ed io invece avevo detto selezione naturale. il discorso che fate voi in sostanza dunque mi pare una roba tipo: prima te rendi conto, prima campi meglio. e se sei un po' debole, te ne devi rendere conto prima possibile. ma vi rendete conto che non è così, che non tutti ce la fanno, e sopratutto che non è verosimile che lo faccia un bambino? Laura.
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