lunedì 3 ottobre 2011

Soundtrack a specchio

Cara Rigo, lungi da me l'intenzione di cominciare un interminabile gioco di rimandi e di citazioni reciproche, che tra l'altro non avrebbe nemmeno il pregio di aumentare di molto il numero dei lettori dei nostri piccoli blog, visto che le nostre attuali platee, a quanto intuisco, condividono un'ampia area di visitatori comuni.
Ma il suo bel post sulla colonna sonora della vita ha solleticato alcune manciate di neuroni rimasti per lungo tempo silenti in un angolo della mia glabra zucca in pieno processo di inesorabile decadimento. In quell’angolo era racchiusa la memoria di una certa musica ribelle in un periodo particolare della mia vita. Era l'epoca del mio primo gruppo punk: ci divertivamo con alcuni compagni del liceo a strimpellare in maniera semplice e spontanea i nostri economici strumenti musicali, scegliendo sempre i pezzi con rapporto impatto/difficoltà tecnica più vantaggioso e avendo cura di tenere il volume il più alto possibile.
Ci chiamavamo Candy and the Currant Buns, parafrasi di un vecchio pezzo dei Pink Floyd, e Suonavamo Skiantos, Cure, ma anche un Careful with That Axe, Eugene, un brano parecchio psichedelico basato su un interminabile ma semplicissima sequenza di basso dove si inseriva dopo una decina di minuti un grido lancinante del cantante, Mr. Candy nel nostro caso, che credo simulasse l'orrore per la vista di cosa era riuscito a combinare Eugene con quella cazzo di ascia. Era l’apoteosi.
Il punk in realtà era nato e morto durante una manciata di mesi che precedevano di una decina di anni le nostre performance, ma costituiva ancora la musica semplice e di sicuro impatto liberatorio che tutti erano capaci di eseguire. Come concetto era ancora ben vivo, anche se musicalmente era stato soppiantato dall’hard rock o dal metal, vera mondezza in confronto al suo padre nobile.
Ho ritrovato la stessa musica ribelle anni dopo ai tempi dell'università. Ricordo alcune serate nei discobar in centro dove proponevano una miscellanea eterogenea e inconcludente, ma ad un certo punto, stretto tra Il Triangolo di Renato Zero e il solito pezzo dei Simple Minds spuntava Should I Stay Or Should I Go dei Clash. Era il momento punk, il segnale che si poteva dare fuoco alle polveri, e che per i tre minuti seguenti tutto era concesso. Allora le masse in pista cominciavano a pogare senza esclusione di colpi (per i non addetti il pogo è quella sorta di danza indiavolata di tipo punk dove ci si butta addosso a tutti come tarantolati, non disdegnando gomitate allo stomaco o calci agli stinchi da dispensare ai vicino: involontari, ovviamente...). A quel punto io e br1, dopo aver cavallerescamente accompagnato le nostre dame al primo divanetto disponibile, e dopo aver bofonchiato qualche frase di circostanza tipo “che gente, possibile che si divertano così?” ci scambiavamo un cenno e con un sorriso ebete ci buttavamo letteralmente in pista, nel senso che ci catapultavamo a tirare spallate a destra e manca, trasportati dall'atmosfera da rissa permessa, ovviamente divertendoci come pazzi. Il senso era “ok, voi donne state qui al sicuro, parlate pure tranquillamente di ciprie e merletti, questo è un lavoro da uomini”.

7 commenti:

  1. Capisco che questa dovrebbe essere una cosa tra voi, ma posso fare una domanda: "primo" gruppi punk? Pdb

    RispondiElimina
  2. Beh, sì, nel senso che c'è stato un secondo ed un terzo gruppo, anche se non punk...

    RispondiElimina
  3. Naaaaaaaaa......il Sig. Tacchino che poga è spettacolo puro.......e il Tacchino che suona il basso, con il ciuffo di capelli che gli copre metà faccia (ormai andato mi pare di capire).........Questo mi ispira un postino affascinante
    Le nostre platee, Tacchinello caro, se tali possono essere definite, condividono l'amabile sig. Pdb e solo talvolta. Punto.
    Per il resto, direi che me la canto e me la suono all'interno di un minuscolo quanto aristocratico club

    RispondiElimina
  4. Sig. Tacchino, dimenticavo....GRAZIE!

    RispondiElimina
  5. In quel primo gruppo suonavo la chitarra, il basso l'ho imbracciato anni dopo. Confermo invece il ciuffo, e ne confermo altresì la precoce dipartita.

    RispondiElimina
  6. Quanto pagherei per averti visto ai tempi..... ti ho conosciuto troppo tardi!

    RispondiElimina
  7. Vede sig. e come siamo diversi, io non rimpiango affatto di averlo conosciuto in una fase già tricologicamente decadente.
    Mi sento assai distante tanto dai ciuffi quanto dai pogatori.
    Pdb

    p.s.@ rigo: sono onorato di farvi da trait d'union

    RispondiElimina