Roma, neve 2012. Foto del mio quartiere, stamattina |
Eccomi qui, stravaccato sul divano con un plaid addosso, che gli orari del riscaldamento condominiale non cambiano mica per una singola nevicata, e a metà mattina la caldaia è spenta comunque, non è che ci possiamo riunire in assemblea a ogni cambio di temperatura media; attendo che le bambine vengano vestite di tutto punto con i doposci comperati per la settimana bianca, anche se poi alla fine in montagna non ci andiamo mai perchè bisogna tagliare le spese, ma l'attrezzatura era a saldo, non sarà di prima qualità ma un affare così non capita tutti i giorni e non puoi lasciartelo scappare, dice mia moglie, e se a Roma poi dovesse nevicare siamo pronti, e con la salopette rosa anni novanta della cugina ormai ventenne l'abbigliamento è completato.
Eppoi capita che a Roma nevica davvero, e capita che la città come al solito accoglie l'evento con quel misto di stupore infantile, catastrofismo mediatico e italiche iniziative di dubbia efficacia che sembra abbiano il solo scopo di unire il grottesco all'inevitabile.
E siamo tutti e quattro insieme in questo sabato bianco e mentre il sole comincia a fare capolino tra la coltre di nubi, due di noi hanno gettato ormai alle spalle il rimpianto per il mancato weekend di amore e libertà, unica occasione del suo genere in tutto l'anno per una coppia con prole in tenera età, sfumata tra le nuvole insieme al volo per Catania che è partito ieri pomeriggio incurante della coppia di quarantenni bloccata alla stazione Ostiense in attesa dei treni per Fiumicino che non passavano, e quel fine settimana di amore e libertà si è giocoforza trasformato in una piccola sorpresa delle bimbe davanti al rientro imprevisto degli infreddoliti genitori (anche se a ben rifletterci tutta questa sorpresa non c'è stata, nei bimbi la routine è talmente radicata che loro stessi sembrano a volte suoi accessori, della routine intendo, e il rientro imprevisto si è confuso con quello di tutti i giorni al quale sono abituate) e in un programma mattutino di battaglia di palle di neve in strada, prole e amichetti al seguito.
Allora è vero che la neve attutisce i rumori, e non solo quelli, io non sento nulla se non il taptap delle mia dita sulla tastiera virtuale dell'iPad e il fruscio della matita, anch'essa virtuale, del Nintendo su cui V. prova a disegnare un coniglio, a mio parere con ottimi risultati (ah, orgoglio di padre...), e questo silenzio mi pare esistere dall'eternità, talmente necessario e sufficiente a se stesso che la vecchia idea di essere in un luogo lontano 500 miglia da qui, senza neve e senza fruscii familiari, mi pare ora totalmente irreale. Ho la sensazione di appartenere a questo luogo da sempre, non potrei essere altrove. Forse anche noi adulti siamo accessori delle nostre abitudini. O forse lo sono solo io.
Ma quanta roba per un solo post!
RispondiElimina(da noi, in questi giorni il riscaldamento è sempre acceso; privilegio del vivere in un condominio ad altissimo tasso di babbioni).