sabato 4 febbraio 2012

La neve e il suo silenzio


Roma, neve 2012.
Foto del mio quartiere, stamattina

Eccomi qui, stravaccato sul divano con un plaid addosso, che gli orari del riscaldamento condominiale non cambiano mica per una singola nevicata, e a metà mattina la caldaia è spenta comunque, non è che ci possiamo riunire in assemblea a ogni cambio di temperatura media; attendo che le bambine vengano vestite di tutto punto con i doposci comperati per la settimana bianca, anche se poi alla fine in montagna non ci andiamo mai perchè bisogna tagliare le spese, ma l'attrezzatura era a saldo, non sarà di prima qualità ma un affare così non capita tutti i giorni e non puoi lasciartelo scappare, dice mia moglie, e se a Roma poi dovesse nevicare siamo pronti, e con la salopette rosa anni novanta della cugina ormai ventenne l'abbigliamento è completato.
Eppoi capita che a Roma nevica davvero, e capita che la città come al solito accoglie l'evento con quel misto di stupore infantile, catastrofismo mediatico e italiche iniziative di dubbia efficacia che sembra abbiano il solo scopo di unire il grottesco all'inevitabile.
E siamo tutti e quattro insieme in questo sabato bianco e mentre il sole comincia a fare capolino tra la coltre di nubi, due di noi hanno gettato ormai alle spalle il rimpianto per il mancato weekend di amore e libertà, unica occasione del suo genere in tutto l'anno per una coppia con prole in tenera età, sfumata tra le nuvole insieme al volo per Catania che è partito ieri pomeriggio incurante della coppia di quarantenni bloccata alla stazione Ostiense in attesa dei treni per Fiumicino che non passavano, e quel fine settimana di amore e libertà si è giocoforza trasformato in una piccola sorpresa delle bimbe davanti al rientro imprevisto degli infreddoliti genitori (anche se a ben rifletterci tutta questa sorpresa non c'è stata, nei bimbi la routine è talmente radicata che loro stessi sembrano a volte suoi accessori, della routine intendo, e il rientro imprevisto si è confuso con quello di tutti i giorni al quale sono abituate) e in un programma mattutino di battaglia di palle di neve in strada, prole e amichetti al seguito.
Allora è vero che la neve attutisce i rumori, e non solo quelli, io non sento nulla se non il taptap delle mia dita sulla tastiera virtuale dell'iPad e il fruscio della matita, anch'essa virtuale, del Nintendo su cui V. prova a disegnare un coniglio, a mio parere con ottimi risultati (ah, orgoglio di padre...), e questo silenzio mi pare esistere dall'eternità, talmente necessario e sufficiente a se stesso che la vecchia idea di essere in un luogo lontano 500 miglia da qui, senza neve e senza fruscii familiari, mi pare ora totalmente irreale. Ho la sensazione di appartenere a questo luogo da sempre, non potrei essere altrove. Forse anche noi adulti siamo accessori delle nostre abitudini. O forse lo sono solo io.

1 commento:

  1. Ma quanta roba per un solo post!

    (da noi, in questi giorni il riscaldamento è sempre acceso; privilegio del vivere in un condominio ad altissimo tasso di babbioni).

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