Un vero runner non si ferma davanti a dieci centimetri di neve, mi dico mentre mi allaccio le Cumulus ben strette come piace a me, consapevole del fatto che sto esagerando con l'ottimismo. Sono le sette meno dieci e fuori il termometro segna tre Celsius sotto lo zero. Scarto subito l'idea di indossare auricolari e lettore mp3, stamattina ognuno dei cinque sensi deve dare il massimo contributo alla sopravvivenza del proprio involucro. In strada devo confessare a me stesso che i dieci centimetri sono in realtà almeno una trentina, e che da ieri non è poi cambiato molto (vedi foto del post precedente, rappresentativa anche della situazione odierna).
A dieci metri da casa il primo (e per fortuna ultimo) scivolone della giornata su un marciapiede che a prima vista mi sembra solo bagnato ma che invece cela una insidiosa lastra di ghiaccio spessa pochi millimetri, mi avverte che d'ora in avanti vanno evitate le aree lucide. All'incrocio un giovanotto affacciato dal finestrino del suo nero gippone sottolinea l'inopportunità, a parer suo, di un'uscita con quel freddo dettata solo dal piacere e non da impegni improrogabili come quelli che sicuramente muovono lui, con un sonoro "ma 'ndo cazzo vai!". Dopo quei primi timidi ma inequivocabili segnali, mi accorgo che tutti i consueti punti di riferimento delle mie scorribande podistiche domenicali dovranno perlomeno essere rivisti, e in alcuni casi completamente sovvertiti. I miei percorsi, che hanno sempre privilegiato le strade appartate e poco frequentate dalle auto, si devono oggi spostare sulle vie di scorrimento principali, i Lungoteveri, le Camillucce, le Cola di Rienzo, le Leone IV, le sole ad essere cosparse di sale e percorribili in sufficiente sicurezza. Le mie solite traiettorie, sempre sbilanciate verso il bordo sinistro della strada, in modo da vedere le auto di fronte e non esserne sorpreso alle spalle, oggi devono essere deviate al centro della carreggiata, unico tragitto praticabile perchè pulito nella notte dalle poche auto in transito. Il rischio di essere investito è comunque minore di quello di cadere in malo modo, visto che a quest'ora le rare macchine vengono prannunciate con centinaia di metri di anticipo dallo sferragliare delle catene da neve. Il centro di Roma coperto di neve a mia totale disposizione è il premio delle mille attenzioni durante il percorso: lo spettacolo del bianco deserto metropolitano, senza auto in circolazione e con quelle in sosta spesso rallegrate dalle geometrie scelte a caso da chi le ha dovute abbandonare due sere prima perchè ormai inutilizzabili, è impagabile.
Al rientro a casa sono euforico. Sono talmente appagato dalle esperienze appena vissute che non mi accorgo nemmeno del tipo del gippone che sguscia fuori dalla mia camera da letto e guadagna la porta d'ingresso con un ghigno sul volto e i pantaloni ancora in mano.
Ah, potenza dello sport.
Era tuo figlio?
RispondiEliminaProbabilmente il freddo ci ha surgelato i neuroni, ma le assicuro che non ho capito.
RispondiEliminaFingendo di non conoscerla, e quindi di ignorare il fatto che lei non ha figli maschi in età da gippone, traevo le conclusioni più ingenue nonché più probabili. (tipo quella storia di zoccoli e zebre).
RispondiEliminaMi scuso per l'ermetismo, ma volevo dare l'impressione che sul suo blog ci fossero lettori di passaggio.
Ale ti sbagli, non ho il jeeppone. Mi sono comprato un'auto a metano normalissima.
RispondiEliminae.