Una sindrome acuta dovuta all'ostruzione di una arteria coronaria a seguito della fissurazione del cappuccio fibroso di una placca ateromatosa con formazione di un trombo occludente e conseguente necrosi del tessuto miocardico. Un infarto. Al giorno d'oggi. Non è mica così comune, nell'ambiente. Le rockstar negli anni settanta se ne andavano per overdose, negli ottanta e novanta per aids, nei duemila almeno un suicidio, e poi c'è sempre stato il vecchio cancro.
E, trasversale a tutto, vite la cui sregolatezza è sempre sbattuta in prima pagina, incurante di dettami morali e buone regole. Lui no, lui d'infarto. Una morte d'altri tempi, un po' banale, di infarto oggi ci muoiono gli impiegati del catasto, mica le star. Una morte che però gli invidierebbero in molti, se si potesse davvero invidiare un modo di morire. Io perlomeno glielo invidio, in maniera preventiva, dico. Infarto, aneurisma: dove sono più al giorno d'oggi quelle belle morti improvvise e inaspettate, di solito ad età sufficientemente mature, in una giornata come le altre, senza preavvisi di scadenza, senza mesi in ospedale, senza morfine ad alleviare lancinanti dolori, senza bave da far asciugare a badanti ucraine, senza essere di peso a nessuno, nemmeno al servizio sanitario nazionale, con buona pace dei tagli di spesa. E' stato originale e indipendente, nella vita come nella dipartita, l'artista che cantava sempre del futuro.
Pensavo a questo stamattina, mentre pulivo le cozze, e in casa echeggiavano le note di "com'è profondo il mare".
Ho letto che viveva in una casa di 2400 metri quadri. A me probabilmente sarebbe venuto l'infarto nel cercare la cucina.
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